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MGFF, la storia del Cinema italiano nell’ammaliante racconto di Marco Risi

Catanzaro, 6 Agosto - È stata la luce propria di Marco Risi a far risplendere, ieri pomeriggio,  il chiostro del San Giovanni, incantevole scenario delle masterclass del Magna Graecia Film Festival. Il regista, sceneggiatore e produttore ha irradiato luce svelando particolari inediti della grande storia del Cinema italiano, donando una vera e propria lezione grazie anche alla profondità delle domande del giornalista Fabrizio Corallo, grande amico del padre, Dino Risi.

Vi proponiamo una sintesi con i particolari più salienti :

 


Marco Risi e gli esordi

Ho iniziato come assistente di mio zio Nelo, ho fatto poi l’assistente di Sordi in “Polvere di Stelle” e “Finché c’è guerra c’è speranza”, con Duccio Tessari sono stato aiuto regista per “Zorro” con Alain Delon.


Marco Risi e Alberto Sordi

Sordi mi conquistò quando avevo cinque anni. Venne al nostro Tukul di Tor San Lorenzo e rivolgendosi a me imitò Ollio. Io capii subito che era un grande. Da lui ho imparato molto quando ho fatto l’assistente in “Polvere di stelle”. Mi piaceva come interagiva con gli attori, gli faceva vedere praticamente come doveva fare la scena. Un grande direttore di attori come Vittorio De Sica.


Marco Risi e Vittorio Gassman

Per Gassman ero il figlio del suo grande amico Dino Risi. Io lo avevo visto sempre come un eroe forte. Una volta venne, invece, al Circeo e vidi in lui uno sguardo insicuro. Cosa che si portò dietro nei tre periodi di depressione che subì. Dopo molti anni, durante la sua seconda depressione lo incontrai in un ristorante e vidi un uomo perso nella sua solitudine, nel suo dolore. Lì mi venne l’idea di fare un film con lui proprio su questa sua condizione. L’eroe de “Il sorpasso” che in realtà era un uomo fragile.  Lui accettò ma mi disse:”io voglio il regista vicino alla macchina da presa, perché quando ho finito di recitare e lui dice stop, io lo voglio guardare e capire se sono andato bene o no”. Ci andammo molto vicino a farlo ma quando, dopo aver girato già una scena, andai a trovarlo in albergo capii che era iniziata la terza depressione.


Marco Risi tra commedia e cinema di impegno civile

L’importante e fare bei film, che siano commedia o di impegno civile conta poco. Le commedie all’italiana non erano di impegno civile ma raccontavano la società più di tante altre cose. Anche se la critica contemporanea non ne ha quasi mai parlato bene. Oggi si fa un po’ più fatica.


Marco Risi, Mary per sempre, Ragazzi fuori e Il muro di gomma.

Non è stato facilissimo arrivare a quei film. La mia fortuna è stata l’aver lavorato precedentemente col produttore Claudio Bonivento per tre commedie e “Soldati, 365 all’alba”. Quelle esperienze di cinema in parte drammatico e in parte commedia mi ha permesso di arrivare a “Mary per sempre” che ha avuto grande successo anche se non immediato. Anche Zeffirelli ne parlò bene.

Con lo scrittore Aurelio Grimaldi, autore di Mary per sempre, abbiamo deciso poi di fare un film diverso ed è nato “Ragazzi fuori”. Dopo “Il muro di gomma” con Andrea Purgatori ho deciso di cambiare genere perché mi stavano etichettando di neo neorealismo. Troppi neo secondo me.


Marco Risi e “L’ultimo Capodanno”

Ho fatto, quindi, qualche commedia fino ad arrivare nel ’97 a “L’ultimo Capodanno” tratto da un libro di Niccolò Ammaniti. Film sfortunato perché fu distribuito male dall’Istituto Luce. Un po’ di colpa ce l’ho anche io perché il  manifesto era molto cupo, troppo dark. (A questo punto racconta una serie di aneddoti con Ammaniti che fanno morire dalle risate il pubblico).

La soddisfazione più grande che mi ha dato questo film riguarda il giudizio di mio padre.

 

Marco Risi e Dino Risi

Lui non ha mai avuto grande considerazione per il fatto che i figli facessero lo stesso mestiere, fino  a quando non ho fatto “Mary per sempre”. Da quel momento è iniziato un rapporto basato sulla stima. Quando gli feci leggere “L’ultimo Capodanno” lui mi disse:”se fossi al posto tuo farei di tutto per non farlo”.

Io gli risposi:”ma guarda che fa ridere”. E lui:”se riesci a far ridere con questo film vuol dire che sei bravo”.

Quando venne a vedere la prima il mio unico pensiero era guardare lui, ogni sua singola reazione. Alla fine della proiezione tutti si alzarono e applaudirono. Io mi avvicinai ansioso di sapere e vidi che i suoi occhi brillavano, mi abbracciò, cosa che non faceva mai, e mi disse: “avevi ragione tu”. (sospende la narrazione perché si commuove).

L’ultima volta che ci siamo visti è stato in un albergo di Castel Volturno. Per combinazione io ero lì per girare “Fortapàsc” e lui per un incontro. L’ultima immagine che ho è papà davanti all’ascensore con accanto lui (e indica il giornalista Fabrizio Corallo). Tre giorni dopo è morto.


Marco Risi e il suo libro “Forte respiro rapido”

Ho iniziato a scrivere cinque anni dopo la morte di papà e ho continuato per cinque anni. Aggiungevo sempre qualcosa quando avevo del tempo libero. Era un esercizio che mi serviva per capire meglio il mio rapporto con lui. Una lunga seduta psicoanalitica, con tanti momenti belli, emotivi, divertenti. Nell’occasione ho trovato tre album suoi con ritagli di giornale, soprattutto degli anni ’70. Ho collegato poi che gli erano serviti come spunti per farne il soggetto di un film o comunque di una parte. Era stata la sua materia di ispirazione.


Marco Risi e Libero Di Rienzo

Mi ha dato tante emozioni nel film”Fortapàsc” nonostante all’inizio io pensavo non fosse in grado di farlo. Quando l’ho visto al primo incontro era Dark, trasandato. Come per miracolo, invece, durante le riprese era Giancarlo Siani. Quando venne il fratello di Siani sul set e lo vide si emozionò. Aveva capito perfettamente l’anima del personaggio. Nacque una grande amicizia tra Carlo Siani e lui. Addirittura Carlo poi è diventato il pediatra dei figli di Libero.

Il nostro rapporto non si è mai interrotto anche se era completamente inaffidabile, ti diceva che sarebbe venuto e non veniva. Mi chiamava “papino”, mi voleva tanto bene.


Marco Risi e Fortapàsc

All’inizio non volevo neanche farlo, perché il libro da cui prende spunto, L’abusivo di Antonio Franchini, non aveva una storia ma tanti frammenti. Capii, però, che c’era la possibilità di metterci le mani e mi piacque molto scrivere quella sceneggiatura. Fui molto contento del risultato. Non fu facile per tanti motivi fare il film subito che fu, invece, girato quattro anni dopo. Per sicurezza non abbiamo potuto girare la scena dell’omicidio di Siani nel luogo dove è accaduto ma in un paese vicino.


Marco Risi, Maradona e La mano de Dios

Ho incontrato Diego a casa di Salvatore Bagni ed ero contento perché per me era un mito. Ha organizzato tutto il fantastico Gianni Minà.

Ricordo che si divertì moltissimo ad una mia battuta che mi aveva raccontato Rosario Fiorello. Il giorno dopo, invece, mentre eravamo in un campetto di calcio mi ha chiamato Aurelio De Laurentis, già presidente del Napoli, ma Diego non gli ha voluto parlare.

Il film non è mai uscito in Argentina perché la figlia gli ha detto che se il film sarebbe uscito in Argentina avrebbe lasciato il paese.


Saverio Fontana