Estero
Messico, "Metros" contro "Rojos". Linea di confine Golfo
CITTÀ DEL MESSICO (MESSICO), 23 APRILE 2012 – La scorsa settimana abbiamo visto come i cartelli della droga si stiano preparando al tramonto del sexenio governativo di Felipe Calderón Hinojosa, riequilibrandosi per dare il benvenuto a chi, a luglio, prenderà il posto dell'attuale presidente. Oggi andremo ad approfondire uno degli aspetti che caratterizzano la vita dei cartelli: le scissioni interne. Per farlo, ancora una volta supportati dagli articoli del settimanale “Proceso” ci addentreremo in quello che è il cartello più vecchio tra quelli attualmente operativi: il Cártel del Golfo, formatosi già negli anni Quaranta ed oggi comandato da José Eduardo Costilla Sánchez, detto “El Coss” o, per gli ex amici, “El Judas”.
Facciamo, innanzitutto, un po' di storia: nel 2003 viene arrestato Osiel Cárdenas Guillén, detto – tra i tanti alias con i quali è conosciuto – “el Mata-amigos” (l'”ammazza amici”) per aver ucciso Salvador Gómez, suo amico personale con il quale comandava il cartello dal 1996, anno dell'arresto del vecchio leader Juan García Abrego. A Cárdenas Guillén, che nel 2007 è stato estradato negli Stati Uniti, dove dovrà scontare una pena di venticinque anni di carcere, si deve la creazione del braccio armato formato da ex componenti dell'esercito che, staccatisi dal Cártel del Golfo, diventerà noto come “Los Zetas”.[MORE]
A quel punto il cartello passa nelle mani di Antonio Ezequiel Cárdenas Guillén, meglio noto come “Tony Tormenta” e Samuel Flores Borrego, detto “Metro 3”, al quale rimaneva il controllo sulla piazza di Reynosa.
Proprio questa piazza diventa il motivo dello scontro. Nel 2010, infatti, Costilla Sánchez – stando alla ricostruzione fatta da un testimone al giornalista Jorge Carrasco Araizaga - cerca un accordo con Nazario González, detto “El Chayo” o “El mas loco”, ucciso in uno scontro a fuoco con la polizia il 9 dicembre 2010 ad Apatzingán, nello Stato di Michoacán e fino a quel momento leader de La Familia Michoacana. Il patto prevedeva che “El Chayo” inviasse propri sicari a Reynosa, per combattere contro i Los Zetas, dando così origine al “blocco” oggi capeggiato dal Cártel de Sinaloa. In cambio, agli uomini di González veniva dato il via libera per lo sfruttamento della Ribereña (la “costiera”), strada fondamentale per il traffico di droga nella zona nord-est del Messico, mettendo in connessione il sud del paese con la frontiera texana. Accordo, questo, che non vede il favore né di Tony Tormenta né di Metro 3. Se a far saltare le alleanze interne sia stato l'accordo in sé o il fatto che i due si siano visti scavalcare non è dato sapere, sta di fatto che è a questo punto che avviene la scissione.
A prevalere, dunque, è Costilla Sánchez, forte di un migliaio di uomini tra sicari e halcones (“falchi” in italiano, figura che ricorda i capi-famiglia della mafia nostrana) e – sostiene la fonte interrogata da Carrasco Araizaga, rimasta anonima per motivi di sicurezza – del patto con le forze armate, in particolare la Marina, alla quale avrebbe gentilmente offerto trenta milioni di pesos per stare lontana dalle rotte della droga sul lato del Río Bravo controllate dal suo gruppo. Prova dell'avvenuto pagamento sarebbero state le lamentele dei sicari del cartello, rimasti quel mese senza stipendio.
Sarebbe stata proprio una soffiata di “El Coss” a mettere le forze armate sulle tracce di Tony Tormenta. Forze armate che si sarebbero poi imbattute quasi per caso – il 3 settembre 2011 – nel corpo di Samuel Flores Borrego, alias “el Metro 3”. Insieme al suo corpo, rinvenuto al chilometro ventuno della Reynosa-Monterrey, gli uomini della Marina trovarono anche il cadavere di Eloy Lerma García, agente della polizia ministeriale di Tamaulipas, capitale dello Stato omonimo.
Da questo momento ad uno ad uno cadono gli altri dirigenti che faceva riferimento ai Cárdenas Guillén – detto “Los Rojos” - tratti in arresto o uccisi, come César Dávila García, detto “El Gama”, contabile del gruppo. A dettar legge nel cartello, dunque, è il gruppo dei “Los Metros”, comandato da “El Coss” da un ranch solitario ed ancora sconosciuto, secondo l'informativa dell'agenzia americana Stratfor, che dal 2000 segue le vicende legate al narcotraffico messicano.
Se in Messico ad “El Coss” sembra essere stata data una vera e propria forma di immunità diplomatica (sarà lui il protetto del prossimo governo?), la stessa cosa non potrebbe dirsi per quanto riguarda gli Stati Uniti, dove è coinvolto in due processi per traffico di cocaina tra Stati Uniti, Messico, Colombia, Guatemala e Panama, traffico di marijuana e per lavaggio di denaro sporco, reati risalenti al 2006, quando faceva parte de “La Compañía”, nome con il quale era conosciuto il cartello prima della scissione dei Los Zetas. L'operazione “Fast and Furious” e lo scandalo - di cui parlavamo a dicembre - del lavaggio del denaro da parte di uomini della Drug Enforcement Administration, lasciano più di un dubbio sulle reali intenzioni degli statunitensi di voler chiudere i cartelli alla frontiera sud, peraltro non proprio un modello di impenetrabilità.
(foto: elnuevoheraldo.com)
Andrea Intonti