Estero
Messico, insabbiare il narcotraffico nonostante i morti
HERMOSILLO (STATO DI SONORA, MESSICO), 18 OTTOBRE 2011 – «10 mil por policía municipal muerto». «10 mila (pesos, ndr) per un poliziotto morto». Tanto vale la vita di un poliziotto a Hermosillo, dove qualcuno – nella Colonia del Razo, nel pieno centro della città – ha scritto questo messaggio ritrovato all'alba di martedì scorso. E mentre ad Hermosillo si fa il conto di quanti pesos si possono guadagnare uccidendo poliziotti, a Veracruz, nella baia di Campeche (Golfo del Messico) si continua a fare il conto dei morti ritrovati per strada. Dieci corpi con evidenti segni di tortura, sono stati ritrovati martedì scorso nei pressi della colonia Sentimientos de la Nación.[MORE]
Cento morti in cento giorni. È quello a cui stanno assistendo i cittadini di Veracruz, diventata uno dei principali centri della guerra per il controllo del territorio dei cartelli messicani, in particolare da quando – lo scorso settembre, con un comunicato visibile anche su YouTube si è presentato un nuovo gruppo criminale, denominato “Mata-Zetas” (“Uccidi-Zeta”), il cui compito, stando alle parole del portavoce anonimo, è esclusivamente quello di sterminare il cartello dei “Los Zetas”, attualmente il gruppo più potente tra i narcos. «L'intenzione è far sapere ai cittadini veracruzani che questo flagello della società (Los Zetas) non è invincibile», continua il portavoce del gruppo, in realtà nient'altro che l'ennesimo “sottogruppo” del Cartello di Sinaloa, il più importante tra i cartelli in lotta contro gli uomini della zeta.
«L'abbandono di 35 corpi nel cuore della zona alberghiera (zona hotelera) di Boca del Rio, a Veracruz, il 19 settembre scorso rappresenta un “prima e un dopo”, un episodio chiave per il controllo di gran parte del movimento della droga in Messico», dice Arturo Matiello, presidente del Consiglio di partecipazione cittadina della Procura generale della Repubblica (Consejo de Participacion Ciudadana de la Procuradoria General de la Republica, PGR) dello stato. Questo perché le strade di Veracruz, situata a sud-est, mettono in contatto praticamente tutto il paese e, continua Matiello, «chi controlla Veracruz controlla il 50% del traffico di tutto il Messico». Non c'è dunque da stupirsi se, nella regione, operano addirittura 16 gruppi criminali, compresi i principali cartelli del narcotraffico, tanto da aver trasformato lo Stato di Veracruz nel quinto stato più pericoloso del paese (il territorio messicano è infatti diviso in 31 stati) e la città omonima in una “nuova Chihuahua”, una tra le città più pericolose dell'intera nazione.
Insabbiare, la politica vincente. A Veracruz, come se non bastasse, oltre alla guerra tra i cartelli bisogna fare i conti anche con la classe politica. Il governatore Javier Duarte de Ochoa è stato in tal senso categorico. Intervistato da Oscar Mario Beteta per Radio Fórmula, ha sostenuto come «le autorità hanno la responsabilità di informare la società di quello che sta accadendo, ma sarebbe irresponsabile da parte delle autorità non informare correttamente». E proprio su quel “non informare correttamente” che si sono scatenate le critiche, in quanto al governatore viene contestato di aver occultato più di una notizia.
Ed a proposito di governatori, è diretto l'attacco di Miguel Ángel Yunes Linares (del Pan, Partido de Acción Nacional, il partito di centro-destra attualmente al governo) nei confronti dell'ex governatore veracruzano Fidel Herrera Beltrán, accusato di essere il lider di un gruppo di sequestratori che opererebbe nella città.
Intervistato da Carmen Aristegui all'interno del suo programma per MVS Radio, lo stesso dal quale qualche giorno prima aveva parlato Yunes Linares, l'ex governatore ha prontamente smentito, sostenendo come questa affermazione sia in totale antitesi con il suo operato, in particolare con la creazione di quel “Fondo per il sostegno alle vittime del crimine” con il quale ha pagato il riscatto di più di venti persone, pur ammettendo che quel fondo, 8 milioni di pesos, è stato costituito con fondi pubblici. La strategia dietro al pagamento era quella dell'uso del denaro segnato, e dunque facilmente rintracciabile dalle autorità.
La rana nel sacco. È considerato il mandante dell'assalto al Casinò Royale di Monterrey (nello stato di Nuevo León) dello scorso agosto nel quale morirono 52 persone. Da mercoledì mattina Carlos Alberto Oliva Castillo, meglio noto come “La Rana”, è detenuto nelle patrie galere. Considerato il numero tre nella gerarchia del comando dei “Los Zetas”, a lui era affidato il controllo delle piazze di San Luis Potosí, Coahuila, Nuevo León, Tamaulipas e Zacatecas. Il riconoscimento – avvenuto già pochi giorni dopo dall'attentato – è stato possibile solo attraverso un narcomanta anonimo (uno dei caratteristici striscioni utilizzati come mezzo di comunicazione dai cartelli), nel quale - come è possibile vedere nell'immagine pubblicata dal blog “historiasdelnarco.com” - è stata ricostruita la struttura del “gruppo di fuoco”.
Un presidente alla sbarra. Sono più di ventimila, intanto, le firme raccolte in forma cartacea o elettronica con le quali i cittadini messicani vogliono spedire il loro presidente Felipe Calderón Hinojosa di fronte alla Corte penale internazionale de L'Aja. L'accusa? Crimini di guerra e contro l'umanità, accuse derivanti dall'elevato numero di cittadini messicani uccisi (cinquantamila) o fatti sparire (diecimila) dall'inizio della guerra al narcotraffico portata avanti dal governo.
La petizione sarà formalmente presentata il prossimo 25 novembre a Luis Moreno Ocampo, procuratore capo della corte penale olandese. «La nostra sarà la denuncia civile più grande che la Corte Penale Internazionale abbia mai ricevuto», assicura Netzaí Sandoval Ballesteros, avvocato ed esperto di diritto penale internazionale che ha redatto il documento.
Andrea Intonti