Cronaca

Meno chiacchiere e più fatti. Intervista ad Alessandro Bertolucci

ROMA, 5 DICEMBRE 2012 - Alessandro Bertolucci è un attore teatrale, cinematografico e televisivo, ma non solo. È una persona una persona sensibile a ciò che succede in Italia e completa. La sua è un’attiva partecipazione politica, non passiva. La classe politica deve rappresentare al meglio i cittadini e, per questo, i cittadini stessi devono sempre dire cosa pensano. Devono avere il coraggio di alzare la voce per essere ascoltati. Chi li rappresenta deve dimostrarsi forte con le proprie azioni da rappresentante. La grande affluenza alle urne per le primarie del centrosinistra è un chiaro messaggio degli elettori; gli italiani sono pronti ad assumersi la responsabilità di assegnare nuovamente la guida dell’Italia ai rappresentanti politici degni di essere chiamati tali.[MORE]

Siamo reduci dalle primarie del centrosinistra. Un grande afflusso alle urne che vedeva candidati P. Bersani, M. Renzi, L. Puppato e B. Tabacci. Perché questa grande affluenza per il PD? Un risveglio improvviso?

La grande affluenza alle primarie del PD sono, a mio parere, una risposta energica alla situazione politica italiana. Il governo tecnico, che tanto ha fatto e tanto sta facendo, ha ricevuto un messaggio forte dagli elettori del primo partito che questo governo sostiene, ovvero che gli italiani di centrosinistra sono pronti ad assumersi la responsabilità di assegnare di nuovo il timone del Paese a dei rappresentanti politici. Mi auguro che chi è andato a votare sia cosciente di ciò che dal voto si evince e con questo si afferma. La democrazia è partecipazione altamente responsabile.

In molti erano convinti che al ballottaggio finale sarebbero arrivati il segretario del PD e il leader del SEL N. Vendola. Perché, secondo te, Vendola non è riuscito ad arrivare alla fase finale?

Una mia amica, vendoliana storica, persona politicamente molto impegnata, qualche giorno fa mi ha confessato di aver votato Bersani alle primarie perché se avesse vinto Vendola alle primarie, a suo avviso, il centrosinistra sarebbe stato interpretato come sbilanciato troppo a sinistra e avrebbe messo a rischio non solo eventuali convergenza con il centro, ma anche il voto di tanti elettori di centrosinistra di area centrista. Non so se avesse ragione, ma è stata convincente nel suo timore di un nuovo governo di centrodestra. Ma a me sorge una domanda alla quale non so dare una risposta: è giusto mettere da parte la propria idea politica per sostenere un candidato “forte” quando si è convinti che un altro sia migliore? E questo quesito vale per ogni schieramento.

Una differente capacità comunicativa tra Bersani e Renzi?

Le differenze nelle strategie di comunicazione dei due candidati credo siano state fondamentali per l’esito di queste primarie. Bersani è partito avvantaggiato rispetto agli altri candidati, non solo in quanto segretario del partito, ma anche per l’esposizione mediatica di cui ha goduto negli ultimi anni. Dal canto suo anche Renzi non ha mancato un talk-show o una singola telecamera, con la sua “rottamazione”. Che lo scontro sarebbe stato, anche a livello mediatico, fra Renzi e Bersani si sapeva, ma il segretario di partito ha gestito meglio la sua esposizione. Renzi per l’occasione delle primarie ha voluto, o forse dovuto, cambiare un po’ atteggiamento, mitigando il rottamatore e presentandosi più come candidato “per tutti”, volendo conquistare il maggior numero possibile di elettori del PD; un cambiamento in corsa che forse lo ha penalizzato. Bersani invece, in questi anni si è presentato come un leader forte ma dai toni pacati e questa pacatezza mantenuta durante queste elezioni ha dato maggiormente la sensazione di sicurezza, di affidabilità. Non avere cambiato il proprio stile durante la fase delle primarie pur dimostrando energia e combattività nell’arena elettorale è stata una scelta vincente.

Matteo Renzi, sindaco di Firenze, è stato sconfitto alle primarie del centrosinistra dal segretario del PD Pier Luigi Bersani. Quasi il 40% contro il 60% dei consensi…

Il risultato non è così clamoroso e sia Bersani che Renzi ne sono consapevoli. Bersani ha già teso la mano al sindaco di Firenze e, intelligentemente, si augura di averlo nell’eventuale squadra di governo. Renzi esce da questa competizione rafforzato come politico in quanto ha dimostrato di avere un seguito notevolissimo nonostante la giovane età: giocando bene le proprie carte il suo futuro in politica può essere grandioso. Bersani è il vincitore non solo su Renzi ma su tutta la leadership del PD, l’occasione è propizia per cambiare certi equilibri interni al partito e, volendolo, per ricompattarlo eliminando una infinità di correnti ora più dannose che mai.

Ora Bersani è pronto a sfidare chiunque alle prossime elezioni. Ha dichiarato: «Dobbiamo alzare la nostra asticella: vincere le elezioni senza raccontare favole». Nel PdL regna la confusione. Bersani ce la farà?

Non raccontare favole dovrebbe essere la normalità e non un proclama. Credo che venti e più anni di favole siano stati più che sufficienti per ridurci nello stato in cui siamo adesso. Errori madornali sono stati fatti da entrambi gli schieramenti negli ultimi venti anni (degli errori compiuti precedentemente non mi sento responsabile, in quanto non avevo l’età per votare). È il momento di occuparsi del Paese e dei suoi abitanti. La finanza è un aspetto imprescindibile della vita di una nazione, ma c’è un tessuto sociale da ricucire, attraverso politiche attente all’occupazione , ai servizi al cittadino, alla lotta all’evasione fiscale e molto altro ancora. Questa cura per il Paese dovrà venire da ogni ala del Parlamento. Il Pdl può e deve svegliarsi per fare il proprio dovere. Non so dire se Bersani ce la farà. Posso dire, per certo, che senza un atteggiamento costruttivo da parte della classe politica che ci governerà dopo le prossime elezioni, sicuramente non ce la faremo, e per noi italiani tutti, saranno guai. Enormi.

Cos’è oggi la politica e come dovrebbe essere?

La politica oggi, per un cittadino comune come me, è partecipazione sentita, non passiva, scevra degli egoismi personali e di categoria ma pregna delle istanze e delle idee di tutti. Dobbiamo dire ciò che pensiamo alla nostra classe politica perché questa possa rappresentarci al meglio, e se non ci sente dobbiamo avere il coraggio di alzare la voce, mentre chi ci rappresenta, forte della propria posizione non dovrebbe mai alzare la voce, ma dimostrarsi forte con le proprie azioni da rappresentante. La politica non dovrebbe parlare attraverso la televisione, figuriamoci il governo; il cittadino dovrebbe principalmente potere leggere ciò che il governo e la classe politica tutta fanno, attraverso la vita quotidiana, il vivere nella società civile. L’uso del media dovrebbe essere molto più oculato e parsimonioso che in passato. Meno chiacchiere e più lavoro.
 

Giulia Farneti