Societa'
Mediterraneo:il cimitero più grande d'Europa.Idea "Gruppo della Farnesina" per identificare dispersi
ROMA, 21 GIUGNO – L’emigrazione non sempre è una volontà. Spesso è conseguenza di fame, povertà, odio, guerra. Le persone sacrificano tutto quello possiedono, anche la loro stessa vita, per intraprendere un viaggio che le possa portare in un luogo migliore, un luogo che possa dar loro rispetto, dignità e speranza. Migliaia di persone perdono la vita nella ricerca di questo luogo: sono circa 16 mila i morti o dispersi nel Mediterraneo solo negli ultimi 4 anni lungo le rotte di migrazione. Nel 2017 3 mila hanno perso la vita in mare, più del doppio sono morte prima che raggiungessero la costa dal loro paese per la traversata. Un anno fa il bilancio era di una vittima del mare su 29 migranti, ora è scesa a 1 su 14 da quanto si apprende dall’ANSA.
Il viaggio è tortuoso e pieno di insidie. I migranti si ritrovano a spendere tutti i soldi a vantaggio di trafficanti, scafisti e criminali che lucrano sulla sofferenza di persone povere. Numerose sono le testimonianze di migranti che raccontano il loro viaggio, come Bakari Jamada, vent’enne originario del Gambia, che ha impiegato due anni per attraversare Senegal, Mali, Burkina Faso e Niger, per poi esser imprigionato, venduto come schiavo e torturato a Tripoli. “La barca si è capovolta, la mia famiglia mi è sparita davanti agli occhi senza che potessi fare niente. Li sento ancora chiamarmi, chiedere aiuto”, è invece il racconto di Walid Khalil Murad, che dopo la traversata nel 2015 è ancora in cerca della sua famiglia, dispersa da tre anni. “Le onde li hanno allontanati da me, non li ho più visti. Ma qualcuno potrebbe essere sopravvissuto”. [MORE]
Il 12 giugno a Roma si sono riuniti rappresentati di Italia, Grecia, Cipro e Malta per risolvere il problema dell’identificazione dei dispersi in mare. Un diritto umano, prima che un obbligo imposto per legge. A sensibilizzare i quattro paesi confinanti con il mare è stata l’ICMP, l’International Commission on Missing Persons, organizzazione con sede all’Aia in Olanda, che dal ’96 supporta i governi nel difficile compito di ritrovare e identificare le persone scomparse in seguito a conflitti, calamità naturali e crisi umanitarie. Secondo fonti internazionali i migranti provengono da 65 paesi diversi e compito della nuova organizzazione, denominata “Gruppo della Farnesina”, consiste in primo nell’identificare il paese d’origine del migrante per raccogliere informazioni e campioni del DNA dai loro congiunti e poi confrontarli con i resti recuperati lungo le coste europee. “E’ un territorio completamente inesplorato - spiega Kathryne Bomberger, direttrice generale della Commissione internazionale per le persone scomparse – perché per la prima volta l’Europa si trova a fronteggiare il tema di sparizioni su così vasta scala. Un lavoro immane, che nessuno Stato è in grado di affrontare da solo”. “E’ un primo passo ma è storico, perché per la prima volta i governi si uniscono per dare una risposta a questo problema”, conclude Bomberger.
La ricerca dei dispersi è il primo obiettivo dei migranti che riescono a raggiungere le coste europee. Oltre il 13% degli arrivi in mare in Italia sono minori non accompagnati e sono la prima fonte di guadagno per le reti criminali e trasporto di esseri umani. Tra quei bambini sono presenti anche i figli dei migranti che per anni sono alla ricerca della loro famiglia e che, per disperazione, si affidano a truffatori che raccontano di aver individuato dispersi per poi fuggire con i soldi. L’identificazione delle persone aiuterebbe nel ricongiungimento delle famiglie e, nel caso in cui i disperi avessero perso la vita, a prender coscienza del destino di questi. “Finché vivrò, continuerò a cercare mio figlio. Voglio essere sicuro di aver fatto tutto il possibile”, dice Kazem. “Fornire un’identificazione può alleviare il fardello di una famiglia - dice Kathryne Bomberger - ma alle persone serve di più di questo: serve giustizia, servono risarcimenti. Serve per aiutare le agenzie internazionali come l’Europol o l’Interpol ad assicurare alla legge coloro che si sono resi responsabili di queste sparizioni, fornendo i barconi o trafficando in minori”. I Paesi confinanti con il Mediterraneo e l’Europa intera hanno il dovere di riconoscere ai migranti i diritti umani, e tra questi la possibilità di dare un nome a un volto di una persona morta nella ricerca di un posto migliore.
Federico De Simone
Fonte immagine: Internazionale