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ANKARA, 16 APRILE – Jens Stoltenberg, segretario generale della NATO, è oggi atterrato ad Ankara, dove incontrerà il presidente turco Recep Tayyip Erdogan per un vertice sulla situazione siriana, in vista del prossimo summit dell'Alleanza Atlantica che si terrà a luglio a Bruxelles.
Sul tavolo non ci sarà soltanto l’attacco sferrato da Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia ai presunti siti di produzione di armi chimiche appartenenti al presidente siriano Assad, da Ankara ritenuto un “passo positivo”, ma anche le strategie turche nell’area di Afrin, nord ovest della Siria, invasa e conquistata dalla Turchia lo scorso 18 marzo, al termine di una offensiva durata meno di due mesi.[MORE]
Stoltenberg ha spiegato le ragioni della sua visita ad Erdogan sottolineando l’importanza della Turchia come alleato, non solo per motivi di collocazione geografica. “Abbiamo schierato batterie di missili provenienti da Italia e Spagna che hanno aumentato il potenziale difensivo di Ankara” ha dichiarato il segretario generale “e a questi vanno aggiunte infrastrutture, esercitazioni congiunte ed il centro di comando di Smirne”.
Il leader della NATO si è poi detto convinto che la tensione tra Turchia e Grecia nel mar Egeo si risolverà "con il dialogo" ed ha ringraziato Ankara per l’appoggio logistico fornito nella guerra all’Isis, con basi aeree ed altre strutture, auspicando una continuità nella collaborazione con l’Alleanza Atlantica, in un momento in cui i rapporti tra il Paese di Erdogan e gli altri membri della NATO sono particolarmente delicati.
E intanto non accennano a scemare di intensità le reazioni all’attacco congiunto di Usa, Gran Bretagna e Francia alla Siria: il raid è stato infatti definito dalla stampa di partito cinese “senza vergogna”, accusando esplicitamente gli Stati Uniti di aver agito “come malviventi” in aperta violazione del diritto internazionale e delle regole sancite dall’ONU. Per il Global Times, pur potendosi trattare di una semplice “esibizione di forza”, Washington ha sottovalutato le conseguenze di una tale spericolata azione militare.
Anche l’Iran, principale alleato della Russia in Medio Oriente, ha reagito duramente all’attacco. In una telefonata con Putin, il presidente iraniano Hasan Rouhani ha infatti sottolineato come i raid abbiano “seriamente danneggiato” le prospettive di una soluzione politica alla crisi in corso nell’area”, convenendo inoltre con Putin sul fatto che simili azioni, ove reiterate, porteranno ad un inevitabile caos nelle relazioni internazionali.
Ad ogni modo, il presidente americano Donald Trump non sembrerebbe intenzionato a prolungare eccessivamente le ostilità, quantomeno sul territorio siriano: dalla Casa Bianca hanno infatti fatto sapere che “la missione delle forze USA non è cambiata” e che il tycoon voglia richiamare le truppe “il prima possibile”, smentendo in sostanza le parole di ieri di Macron, il quale aveva affermato di aver “convinto gli Stati Uniti a restare (in Siria ndr)”.
Paolo Fernandes
Foto: lindro.it