Parola e Fede

 Manuel e Daniel due figli autistici e una storia di speranza e fede

La storia che vi racconto questa settimana è quella di una famiglia speciale ricca di fede, con grande speranza e gioia nel cuore, gioia e speranza che trasmettono a chiunque entri in contatto con loro. Il Papa Franco, la mamma Oceania e i loro due figli autistici, Manuel e Daniel, catanzaresi di origine. Oggi è più facile diagnosticare questa patologia ma sedici anni fa non si sapeva molto e, allora un bimbo che non rispondeva ai richiami della mamma, facilmente veniva fatto passare per sordo e dicevano alla mamma: “forse tuo figlio non sente”.[MORE]


L’autismo, invece, è un nemico che arriva di nascosto nelle famiglie, nelle loro case, senza che esse se ne accorgano. Questa presenza oscura inizia ad apportare modifiche nel comportamento dei bambini che il più delle volte subiscono una repentina scomparsa del linguaggio. Così inizialmente ci si trova confusi, non si ha una chiara percezione di cosa stia accadendo ma, ben presto, il comportamento generale del bambino affetto da autismo muta, diventa di difficile gestione, spesso accompagnato da vere e proprie crisi comportamentali, altre volte da iperattività, comunque vi è un’alterazione che coinvolge diverse sfere, quella relazionale anzitutto, ancora quella sensoriale, affettiva per cui per una famiglia diventa difficile affrontare anche la semplice vita quotidiana, quella sociale diventa in alcuni casi addirittura impensabile. A volte ci si trincera in casa senza uscire più. Ma anche dalle più gravi difficoltà o crisi possono venire fuori storie e messaggi di speranza ed è questo ciò che è avvenuto nella famiglia Sirianni grazie ad una spiccata dote del figlio maggiore Manuel.


Manuel oggi ha 16 anni. Ma i suoi primi 9 anni di vita non sono stati facili perché Manuel non parlava e non parla tutt’ora. Oceania come sono stati per voi quegli anni? Con che cosa avete dovuto lottare?


I primi anni di vita dei miei figli sono stati molto difficili, e di conseguenza anche la mia vita e quella di mio marito è stata letteralmente sconvolta. Manuel intorno ai diciotto mesi di età perde le prime parole pronunciate e, da allora, non riprenderà mai più a parlare al punto che per anni mi sono sforzata di mantenere vivo il ricordo di quella vocina che mi chiamava e che non ho più avuto il piacere di ascoltare. Il suo comportamento muta sensibilmente per cui già intorno ai due anni di età io e mio marito Franco siamo già alla ricerca di risposte, per cercare di comprendere cosa sia accaduto a nostro figlio, divenuto improvvisamente di una fragilità emotiva eccessiva, manifestata con pianti inconsolabili, urla e crisi diurne e notturne. Nel frattempo, visto che i primi tempi di vita vissuti con Manuel erano stati splendidi, noi avevamo desiderato di avere un altro figlio per cui, ignari di cosa stesse accadendo a Manuel, abbiamo accolto con gioia l’attesa di un altro bambino, Daniel, che nascerà a poco più di due anni di distanza dal primo. Anche Daniel ben presto inizierà a manifestare segni di difficoltà nella comunicazione per cui in poco tempo ho compreso che anche l’altro bambino era entrato in questo tunnel buio che si chiama autismo.


Oceania cosa rende speciale la vostra famiglia?


Credo che la cosa che possa far pensare a noi come a una famiglia speciale sia il fatto che pur fra mille difficoltà abbiamo tentato di mantenere accesa una piccola fiamma di speranza, di luce, che ci desse la possibilità di alzarci ogni mattina e pensare che qualcosa nella nostra vita sarebbe potuto cambiare, lottando anche contro noi stessi e le nostre paure per continuare a credere nelle capacità dei nostri figli, nonostante il fatto che spesso tutto il mondo sembrasse remarci contro.


Nove anni sono lunghi da passare. Una grande forza di volontà ed una grande fede. A scuola, un’educatrice riaccende la speranza e vi presenta un metodo: “comunicazione facilitata”. Cosa succede Oceania?


Nove anni di totale assenza di comunicazione da parte di Manuel sono stati tantissimi. Manuel scriverà anni dopo ”una vera e propria condanna da scontare senza aver commesso reato alcuno”, ma noi pur avvertendo un profondo dolore morale che sembrava consumarci, ogni giorno abbiamo tentato disperatamente di far condurre un’esistenza per quanto possibile “normale” ai nostri figli, cercando di far compiere tutte quelle attività che in genere i genitori propongono ai loro figli. La vita di Manuel cambia radicalmente quando a nove anni di età un’educatrice propone a scuola un metodo di comunicazione di cui lei era esperta, la comunicazione facilitata. Così Manuel riesce a iniziare a digitare sulla tastiera di un computer prima singole parole, poi piccole frasi fino ad arrivare all’espressione del suo pensiero personale. Quello che noi avevamo intuito dei nostri figli, ossia la loro piena capacità di formulare un pensiero articolato e complesso emerge finalmente e diventa evidente a tutti, in famiglia, a scuola, in parrocchia, nei rapporti con gli altri. Ma la cosa sconvolgente è il livello cognitivo che viene reso noto a noi da Manuel che scrive attraverso un linguaggio complesso, di livello superiore rispetto ai suoi coetanei, appreso da lui da autodidatta attraverso processi di lettura globale intrapresi fin dalla scuola materna.


Arriviamo al libro “il bambino irragiungibile”. Come nasce questo libro e cosa raccoglie all’interno delle sue pagine?


Gli scritti prodotti da Manuel nel tempo, vengono da lui organizzati ed emerge dai suoi pensieri il suo vivo desiderio di volerli pubblicare. La possibilità gli viene offerta nel momento in cui partecipa insieme alla sua classe al progetto di lettura “Gutenberg” proponendo recensioni su testi scelti a scuola. All’interno di questo ambito di lavoro nasce l’incontro con Beatrice Masini, editor della Bompiani-Giunti che porterà alla pubblicazione de “Il bambino irraggiungibile“, un libro che descrive l’autismo visto dagli occhi di chi è costretto a conviverci ogni giorno. Sono contenuti in esso pensieri di Manuel, riflessioni, esortazioni, poesie, tristezze … e gioie


Cosa vorresti dire ai nostri tanti lettori e, magari, a chi si trova a vivere la tua stessa battaglia?


A chi vive la mia stessa battaglia di vita mi sento di dire di non perdere mai la speranza, di credere nelle potenzialità dei propri figli e di cercare di osservarli quotidianamente con occhi diversi, non con la rassegnazione di chi si sente sconfitto dalla vita ma con la forza di chi vuole sfidare la vita. La forza che occorre in questo percorso non è qualcosa che l’uomo può produrre da sé, ognuno di noi deve mettere a disposizione la volontà, le energie fisiche e psicologiche ma Qualcuno più in alto di noi deve infonderci la forza giusta per poter fare tutto ciò che ci è richiesto. La forza, come spesso scrive Manuel, dobbiamo chiederla ogni giorno attraverso la preghiera, bene supremo, dialogo continuo con Dio. A tutti coloro che leggeranno la mia storia mi sento ancora di dire di immaginare quanto disperata fosse la mia situazione di partenza, eppure qualcosa sta cambiando per cui sento il dovere con questa mia testimonianza di dare speranza a chi si sente finito, perché so bene cosa si provi in momenti di profonda solitudine interiore.


Cosa porterete nella grotta a Gesù bambino?


La mia famiglia nella grotta di Gesù Bambino porterà un cesto colmo di ringraziamenti per tutto ciò che riceviamo in dono ogni giorno, per la forza che ci viene data e per le meraviglie che ci è stato donato di conoscere dei nostri figli. Nel libro, infatti, Manuel descrive i doni straordinari che abbiamo scoperto nei nostri ragazzi attraverso una costante e attenta osservazione del loro modo di agire. Mi sento pertanto di dire che Dio dà ad ognuno di noi dei talenti, dobbiamo sforzarci di portarli alla luce ed il primo passo per fare ciò è riporre fiducia in Dio e nel prossimo.


Don Francesco Cristofaro