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Manovra: MEF vicino a compromesso con UE, ma Palazzo Chigi frena

ROMA, 19 DICEMBRE – Dopo una maratona negoziale fatta di trattative, vertici e riscritture durata più di due mesi, il Ministero dell’Economia e delle Finanze potrebbe aver raggiunto un accordo di carattere tecnico con gli esperti della Commissione Europea per quanto riguarda investimenti e piano economico complessivo che faranno da sfondo alla legge di bilancio italiana per il 2019. Il Dicastero di via XX Settembre si sta da settimane prodigando per mediare tra le parti ed evitare l’apertura di una procedura di infrazione europea nei confronti di Roma, ipotesi comunque ancora sul tavolo dell’organo di controllo ed esecutivo dell’Unione.

Con tutta probabilità, si tratterà naturalmente di un compromesso al ribasso rispetto alle originarie proposte ed intenzioni del governo Conte, la cui introduzione definitiva avrebbe rischiato di comportare una violazione del Patto di Stabilità e Crescita. Del resto, prima di essere varata, ogni legge di bilancio nazionale deve essere sottoposta dal governo dello Stato membro che l’abbia elaborata alla valutazione delle istituzioni europee ed in particolare della Commissione – che persegue l’obiettivo di rappresentare e tutelare gli interessi dell’Unione nella sua interezza. Ciò avviene seguendo i passaggi scanditi dall’apposito ciclo di bilancio, comune a tutti i Paesi membri, che si sviluppa nel corso del cd. semestre europeo, in modo tale che le politiche economiche vengano elaborate nei singoli Stati nella seconda metà dell’anno, seguendo però le raccomandazioni approvate dalle istituzioni dell’UE nei precedenti sei mesi. Tale procedura è così volta a garantire ex ante la coerenza delle politiche economiche e di bilancio elaborate nei vari Paesi e favorirne un più intenso coordinamento.

In quest’ottica, la prima retromarcia già compiuta dall’esecutivo giallo-verde, passando dal proporre un rapporto deficit/Pil nominale al 2,4% ad uno al 2,04%, non era bastata a risolvere definitivamente ogni nodo con l’Unione. Una prima difficoltà da affrontare era già quella relativa all’individuazione delle coperture (circa tre miliardi) per scendere al 2,04% e si erano ipotizzati nuovi risparmi di spesa pubblica, dismissioni e rinvii di agevolazioni alle grandi aziende. I tecnici della Commissione Europea hanno però continuato a chiedere insistentemente al MEF di prevedere una diminuzione del deficit anche in termini strutturali ed effettivi e non soltanto nominali – ovvero riducendo il disavanzo pubblico di un altro 0,2% tagliando altri 3,5 miliardi dalle proposte contenute nella manovra e di qui si era ipotizzata una compressione degli investimenti per quota 100 e reddito di cittadinanza, cavalli di battaglia dei due partiti al governo. Il principale fattore che starebbe nelle ultime ore contribuendo ad un decisivo avvicinamento delle posizioni potrebbe essere, in ogni caso, la revisione al ribasso delle stime di crescita del PIL italiano nel 2019, con il governo Conte che avrebbe accettato una più realistica previsione dell’1% dopo essere stato accusato dai Commissari di aver gonfiato le stime di uno 0,5%.

Proprio il premier Giuseppe Conte, tuttavia, continua ad invocare prudenza, al fine di evitare iniziative avventate del Ministero di via XX Settembre. Da Palazzo Chigi, pur con ottimismo, fanno sapere soltanto che, allo stato dei fatti, vi è la ragionevole previsione che la proposta che sarà portata domani all’attenzione del Collegio della Commissione sarà positiva ed utile a evitare l’infrazione. Occorrerà comunque attendere che si completi la procedura per poter considerare definitivamente conclusa la negoziazione. Di sicuro, Pierre Moscovici, Commissario Europeo per gli Affari Economici e Monetari, sta cercando di evitare che si concretizzi l’ipotesi dell’apertura di una procedura per debito eccessivo nei confronti dell’Italia, poiché ciò getterebbe un’ombra sulle prospettive economiche dell’intera zona euro, proprio mentre aumentano i Paesi membri che registrano il pareggio di bilancio. Tra gli stessi Commissari, dunque, vi sarebbero posizioni diverse: è per questo che, nell’ambito della trattativa con il governo di Roma, lo stesso Moscovici viene considerato una “colomba” – in quanto maggiormente propenso ad evitare la rottura – a fronte dei membri più radicali, soprattutto i rappresentanti dei Paesi dell’Europa centrale e settentrionale, come Valdis Dombrovskis (Commissario per la stabilità, i servizi finanziari ed il mercato unico dei capitali), che è invece considerato uno dei principali “falchi” – ovvero coloro che non avrebbero alcuna intenzione di scendere a compromessi con uno Stato membro che aveva accettato gli stessi vincoli economici di tutti gli altri.

Pertanto, mentre in Commissione Bilancio del Senato italiano già si preparano i numerosi emendamenti che il governo a questo punto dovrà presentare alla propria proposta di bilancio, sarà necessario attendere la decisione ufficiale ed il via libera dalla riunione del Collegio dei Commissari Europei di mercoledì mattina, l’ultima prima della pausa natalizia, per poter considerare definitivamente risolta la querelle economica con l’Unione.


Francesco Gagliardi


Fonte immagine: gds.it