Criminologia
Maltrattamenti e abusi sui minori. Intervista alla Criminologa Antonella Cortese
ROMA, 12 FEBBRAIO 2019 – Vicende che non dovrebbero mai accadere. Eppure, ogni giorno, i riflettori della cronaca si accendono su storie drammatiche di violenza, maltrattamenti e abusi ai danni dei bambini e adolescenti. Alcune vicende vengono alla luce e fanno emergere l’orrore, i soprusi e i torti subiti. Altre, invece, restano sommerse. Ma hanno tutte un denominatore comune: il male, che può personificarsi in sconosciuti o in volti familiari.
Ne abbiamo parlato con la Dottoressa Antonella Cortese: Criminologa e vicepresidente dell’Aispis (Accademia italiana delle Scienze di Polizia Investigativa e Scientifica).
Dottoressa Cortese, potrebbe indicare quanti tipi di maltrattamento esistono?
“Abusi fisici, abusi sessuali, violenza psicologica e abuso emozionale, abbandono, negligenza. Sono queste le principali categorie di maltrattamento ai danni di minori e adolescenti”.
A seconda del tipo di abuso, quali potrebbero essere gli esiti psicologici sulle vittime?
“Il maltrattamento può originare conseguenze di varia entità, sia a breve sia a lungo termine: depressione, ansia, disturbi dissociativi, disturbi di personalità, disturbi post-traumatici, abuso di sostanze alcoliche o drogastiche. Negli ultimi anni, alcune ricerche hanno anche evidenziato una stretta relazione tra il maltrattamento, o l’abuso sessuale, e l’insorgere di disturbi psicotici. Inoltre, vorrei sottolineare che l’esperienza di maltrattamento può dare vita a sindromi dissociative, soprattutto se l’abuso si è verificato durante l’infanzia.
Le conseguenze sono gravi e profonde, coinvolgono diversi livelli e aspetti psicologici: il pensiero, le emozioni, le relazioni interpersonali, la scarsa tolleranza allo stress, e via dicendo. E il ricordo dell’evento traumatico, spesso, sopraggiunge in modo intrusivo, persistente, e nell’individuo la sofferenza potrebbe continuare a persistere se non adeguatamente affrontata con le figure professionali preposte”.
Alcuni bambini abusati sessualmente o maltrattati, una volta adulti, possono replicare su altri individui l’orrore che hanno vissuto in prima persona?
“Purtroppo accade frequentemente che il soggetto abusato, in età adulta, diventi egli stesso un abusatore. Siamo in un campo molto articolato e complesso: a volte, ad esempio, i reati dell’abusatore adulto possono essere in parte una ripetizione di un’aggressione (ad esempio sessuale) subita in tenera età. Esistono molte teorie al riguardo e secondo alcune di esse, l’abusato che diviene abusatore, a livello psicologico, metterebbe in atto un tentativo per sbloccare traumi irrisolti”.
Spesso, le vittime tendono a non parlare degli abusi. Quali sono, invece, i campanelli di allarme che un genitore o un insegnante non dovrebbero sottovalutare?
“Solitudine, scarsa attenzione, calo del rendimento scolastico, impulsività, e molto altro ancora. Quasi sempre, il bambino maltrattato o abusato non denuncia, è restio nel chiedere aiuto e si sente spaventato, nonché sopraffatto, dal senso di colpa e dalla vergogna. La più alta percentuale di abusi sessuali avviene all’interno della famiglia di origine, gli autori delle efferatezze sono perlopiù padri, patrigni, nonni, zii, cugini, amici di famiglia. Indicatori che possono far sospettare abusi di questo tipo sono irritabilità del minore, chiusura in se stesso, disturbi dell’alimentazione e, ovviamente, indicatori fisici”.
Se l’autore dell’abuso è un familiare della vittima, quanto inciderà questo aspetto sulle relazioni sociali future dell’abusato?
“Inciderà al cento per cento, perché il trauma di abuso sessuale non verrà rimosso dalla vittima anche se aiutata psicologicamente. E’ molto importante che il minore possa contare su un adeguato contesto familiare e che sia seguito da specialisti”.
Cosa si intende per incuria emozionale?
“La non risposta da parte delle figure di riferimento ai bisogni psico-emotivi del bambino, che agli occhi dei genitori appare invisibile”.
Quali sono i tratti di personalità di un individuo che arriva ad uccidere il proprio figlio? E perché l’altro coniuge, solitamente, non si accorge o copre il partner fino al verificarsi della tragedia?
“Sicuramente tratti aggressivi e sadici. Spesso, gli offender sono soggetti con un grave discontrollo degli impulsi e frequentemente fanno ricorso a sostanze alcoliche e stupefacenti. Quanto al ruolo della madre del minore, questa spesso percepisce la situazione ma per non far saltare l’equilibrio familiare finge di non accorgersi delle violenze perpetrate ai danni del figlio. Pensiamo al caso della piccola Fortuna Loffredo di Caivano o a quello di Giuseppe di Cardito, massacrato di botte e ucciso dal compagno della madre”.
La Dottoressa Antonella Cortese parteciperà in qualità di relatore al convegno “Maltrattamenti e abusi sui minori. Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza”, che si terrà a Roma il 14 febbraio alle ore 11 presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati.
Si ringrazia la Dottoressa Antonella Cortese
Luigi Cacciatori