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Mafia Capitale, la sentenza: oltre 250 anni di carcere ma cade associazione mafiosa

ROMA, 20 LUGLIO - A Roma c’è mafia ma non chiamiamola mafia. E’ questo il responso della sentenza di primo grado con decisione della decima sezione penale del tribunale di Roma. Il presidente della corte, Rosanna Ianniello, pur riconoscendo gran parte dei reati contestati dalla pubblica accusa, ha escluso l’ipotesi di associazione a delinquere di stampo mafioso.[MORE]

L’associazione di stampo mafioso è dunque esclusa, pur essendo riconosciuta l’ipotesi ‘semplice’. Nonostante ciò, il procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo ha così commentato in merito alla sentenza: «Sono state riconosciute quasi tutte le ipotesi corruttive contestate, ma devo leggere con attenzione il dispositivo. E’ stato un fenomeno di criminalità organizzata non mafioso». Il procuratore ha così proseguito: «Le sentenze non devono essere deluse, devono essere rispettate».

Nonostante le condanne, gli imputati di grido non possono che ritenersi soddisfatti, stando anche alle dichiarazioni del legale di Salvatore Buzzi, Alessandro Diddi: «La Procura ha perso e non ci sono attenuati sulla chiarezza della sentenza. Abbiamo liberato Roma dalla mafia, una mafia che è stata costruita – ha concluso.

Sul piede di guerra anche l’ex estremista nero, Massimo Carminati: «Solo chiacchiere da bar» - ha attaccato Carminati – in relazione all’esistenza del cosiddetto ‘mondo di mezzo’. E preannuncia lo scontro: «Non è una novità che ero in guerra: sono l’unico al 41bis in attesa di giudizio». Parole forti, di sfida, direttamente dal carcere di Parma, presso il quale è detenuto in regime di isolamento dal dicembre 2014. Carminati ha poi chiarito il proprio ‘personale’ concetto del mondo di mezzo: «Era una sciocchezza, ne dico centinaia al giorno. Faccio un esempio: un personaggio noto della politica o del mondo dello spettacolo, che volesse acquistare cocaina, non può farlo in maniera trasparente, preferisce servirsi piuttosto di un intermediario che va a comprarla droga per suo conto e che viene pagato per il suo servizio. Ecco, quello è il Mondo di mezzo di cui parlavo».

Gli accusati (al netto delle fresche condanne) smentiscono dunque la ricostruzione della Procura, quasi totalmente confermata dal giudizio di primo grado. Si tratta tuttavia solo del primo atto, al termine di una inchiesta durata 30 mesi e che ha portato a 41 condanne, pari ad oltre 250 anni di carcere, e 5 assolti. Una inchiesta estenuante, giunta oggi ad un primo punto d’arrivo.

Tutte le condanne: Claudio Bolla (6 anni), Stefano Bravo (4 anni e 6 mesi), Riccardo Brugia (11 anni), Emanuela Bugitti (6 anni), Salvatore Buzzi (19 anni), Claudio Caldarelli (10 anni), Matteo Calvio (9 anni), Massimo Carminati (20 anni), Nadia Cerrito (5 anni), Pierina Chiaravalle (2 anni e 8 mesi), Mario Cola (5 anni), Sandro Coltellacci (7 anni), Mirko Coratti (6 anni), Giovanni De Carlo (2 anni e mezzo), Paolo Di Ninno (12 anni), Antonio Esposito (5 anni), Franco Figurelli (5 anni), Agostino Gaglianone (6 anni e mezzo), Alessandra Garrone (13 anni e mezzo), Luca Gramazio (11 anni), Carlo Maria Guarany (5 anni), Cristiano Guarnera (4 anni), Giuseppe Ietto (4 anni), Giovanni Lacopo (6 anni), Roberto Lacopo (8 anni), Guido Magrini (5 anni), Sergio Menichelli (5 anni), Michele Nacamulli (5 anni), Luca Odevaine (6 anni e 6 mesi, che diventano 8 in continuazione con due precedenti patteggiamenti), Franco Panzironi (10 anni), Pier Paolo Pedetti (7 anni), Marco Placidi (5 anni), Carlo Pucci (6 anni), Daniele Pulcini (1 anno), Mario Schina (5 anni e mezzo), Angelo Scozzafava (5 anni), Andrea Tassone (5 anni), Fabrizio Franco Testa (12 anni), Giordano Tredicine (3 anni), Claudio Turella (9 anni), Tiziano Zuccolo (3 anni e mezzo). Assolti Giovanni Fiscon, Giuseppe Mogliani, Fabio Stefoni, Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero.

foto da: infooggi.it

Cosimo Cataleta