Cronaca

Mafia, 59 arresti nel messinese. Figli boss a vertici clan di Barcellona Pozzo di Gotto

Mafia, 59 arresti nel messinese. Figli boss a vertici clan dalle estorsioni allo spaccio, fino al pizzo sulle vincite
MESSINA, 28 FEB - Arrestate nel Messinese 59 persone accusate, fra l'altro, di associazione mafiosa, spaccio ed estorsione. Ai vertici dei clan di Barcellona Pozzo di Gotto c'erano i figli degli storici capimafia della zona. La struttura criminale operava con metodo mafioso soprattutto nel traffico e nella distribuzione di droga in provincia di Messina e nelle isole Eolie. Registrate estorsioni anche sulle vincite alle slot machine.

Le accuse sono di associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di droga, spaccio, estorsione, detenzione e porto illegale di armi, violenza e minaccia, aggravati dal metodo mafioso.

In provincia di Messina e in altre località italiane, i carabinieri del Comando Provinciale della città dello Stretto e del R.O.S. hanno arrestato 59 persone accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di droga, spaccio, estorsione, detenzione e porto illegale di armi, violenza e minaccia, reati aggravati dal metodo mafioso. L'operazione, denominata "Dinastia", nasce da un'inchiesta della Dda di Messina, guidata dal procuratore Maurizio de Lucia, sulla "famiglia" mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), clan storicamente legato a Cosa nostra palermitana. L'indagine ha portato all'arresto di affiliati e gregari della cosca barcellonese.

Il business della droga

Ai vertici del clan c’erano i figli di alcuni storici capimafia della zona. I rampolli mafiosi, figli di boss detenuti, erano a capo di una struttura criminale che operava con metodo mafioso, nel traffico e nella distribuzione di fiumi di cocaina, hashish e marijuana, nell'area tirrenica della provincia di Messina e nelle isole Eolie, anche rifornendo ulteriori gruppi criminali satelliti, attivi nello spaccio minore.

Le estorsioni

L'operazione ha fatto luce anche su numerose estorsioni messe a segno da anni sul territorio barcellonese a commercianti, imprenditori, agenzie di pompe funebri, ma anche chi vinceva alle le slot machine. A raccontare i particolari delle attività illegali delle cosche sono diversi pentiti come C. D'A., A. M. e N. S. I collaboratori di giustizia hanno riferito che due ragazzi, avevano vinto 500mila euro giocando ad una slot-machine installata nel centro scommesse SNAI di Barcellona Pozzo di Gotto. La vincita aveva suscitato l'interesse dell'organizzazione mafiosa barcellonese che si è subito attivata per chiedere il pizzo sull'incasso, riuscendo a ottenere con le minacce 5mila euro.

Il racconto di un pentito

A quanto emerge dall’indagine, tuttavia, gli incassi del racket non erano più sufficienti e le vittime delle estorsioni, in difficoltà per la crisi economica, denunciano. Per questo la mafia di Barcellona Pozzo di Gotto è tornata a puntare al vecchio business della droga. A rivelare agli inquirenti il rinnovato interesse della mafia per il traffico di stupefacenti sono diversi pentiti come l'ex mafioso A. A. "Con le estorsioni non si guadagnava più - ha raccontato agli investigatori - le persone denunciavano e volevano fare con la droga. C'era la crisi e le persone soldi non ne avevano e si è parlato di prendere la droga. La prendeva uno e valeva per tutti, il ricavato andava a tutti". Dalle intercettazioni - nei dialoghi gli affiliati usavano un linguaggio in codice per indicare lo stupefacente - emerge che la cosca si riforniva di droga in Calabria dalla 'ndrangheta.

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