"Machete" di Rodriguez, il cinema impegnato (a divertire)
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"Machete" di Rodriguez, il cinema impegnato (a divertire)

mercoledì 6 aprile, 2011

NAPOLI, 6 APRILE - Arriva il trailer italiano di "Machete" e con esso la data ufficiale di uscita nelle sale nostrane: non più il 21 aprile, come previsto inizialmente, bensì il 6 maggio. Molto, troppo tempo dopo l'unica comparsata italiana del film, alla Mostra Cinematografica di Venezia, edizione 2010. Presidente: Quentin Tarantino. Fuori concorso: il compagno di merende, Robert Rodriguez, col film in questione. [MORE]

La prima idea per "Machete" risale addirittura al 1994, ai tempi di “Desperado”, quando il regista incontra Danny Trejo, poi attore protagonista. Segue una gestazione a fasi alterne con un’accelerata improvvisa dopo il fake trailer inserito in “Grindhouse – Planet Terror”, che ha avuto persino più successo del film stesso, accattivando il pubblico ed incentivando Rodriguez a dare forma compiuta ad un personaggio e ad una storia a cui andava pensando da tempo.

Machete, butterata pellaccia da duro e baffone affilato, è un ex agente federale messicano che si pensa morto in uno scontro col pericoloso boss Torrez (iconico e laconico Steven Seagal), ma che invece si è rifugiato in Texas, dove impazza una difesa parossistica del confine, con il Senatore McLaughlin (un divertito Robert De Niro) a cavalcare il patriottismo “guns and stripes” contro i messicani, fiancheggiato da vigilantes macellai. Il baffuto messicano viene coinvolto in un attentato contro il senatore iper-razzista, studiato effetto boomerang per promuoverne la campagna elettorale: così negli intenti del perfido affarista portaborse Booth (James “Lost” Fahey). Che non sa di aver svegliato il can che dorme. Affiancato da Luz (Michelle Rodriguez), venditrice di tacos con ambizioni rivoluzionarie, e da Sartana (Jessica Alba), ufficiale tacco dodici della squadra anti-immigrazione, Machete rincorrerà la vendetta personale a la giustizia del suo popolo. Le avrà entrambe, da buona leggenda.

La meticolosità del ripasso filologico del B-movie stordisce per la puntualità sfrenatamente liberatoria dell’immaginario machista, sub-pulp e super-trash: poliziotte sexy, suore assassine e porno soft in piscina sul versante “gnocche a gogò”; teste che volano, tessuti che si squarciano, preti crocifissi e donne incinta uccise a sangue freddo nel catalogo della violenza fumettistica; politici corrotti, ufficiali assassini, boss della droga che si destreggiano nelle arti marziali nel campionario dei cattivi. Il tutto condito da inseguimenti, duelli con armi improvvisate o con super arsenali, complotti complessi ed amplessi coi botti, mottetti e sentenze (“Machete don’t text” è stata una delle frasi più ripetute a Venezia nei giorni del festival) in atmosfera seventies con fotografia ritoccata senza pietà. Crepano quasi tutti, qualcuno anche dalle risate.

Non è mancato chi si è perfino ostinato a reperire ragioni sociali disparate ingaggiando il bla bla sulla politica che cavalca le tensioni interculturali, sul problema dell’immigrazione e sulla miseria al confine tra Messico e Usa. Andrebbe invece ammesso che ogni spunto non è più illuminante della lama di un machete e che ogni possibilità di riflessione si arresta alla cartapesta delle scenografie. Machete difende i derelitti messicani non più di quanto Batman si batta per la “lega protezione pipistrelli”. “Perché dovrei essere una persona reale quando sono già una leggenda?” – esclama Machete nel film. Già, perché? “Inglorious bastards” poteva avere tutte le scaltrezze citazionistiche che fanno levare gli scudi in difesa dell’intellettualità di Tarantino, a dispetto del divertentissimo ma un po’ straccione Rodriguez, mentre andrebbe riconosciuta serenamente la matrice comune di un cinema per il piacere del cinema, senza inibizioni snobistiche eppure con la qualificante consapevolezza del distacco sadico. La differenza nell’uso dello stereotipo tra cinepanettoni e fumettoni di buona fattura è che nel comico la farsa riciclata alla lunga stanca, nell’action movie la ricombinazione dei clichè è spesso necessaria per scolpire nel granito icone che del solo gigantismo dell’immagine vivono.

Non sorprende che il pubblico abbia amato Machete fin dal trailer di “Planet terror”. Il film non aggiunge molto, l’immagine era già confezionata. Al regista non resta che mitizzare, iconizzare e ironizzare. Con divertimento suo e del pubblico e con buona pace dei sociologi travestiti da critici.
 

ANTONIO MAIORINO


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