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"L'uomo con i pugni di ferro" di RZA, battle raps in Cina

L'uomo con i pugni di ferro di RZA - la recensione. Uno schiavo nero con i pugni di ferro lotta in Cina: un'espressione che riassume la trama de L'uomo con i pugni di ferro di RZA e, ad un tempo, ne squaderna le cripto-citazioni, che vanno dalla Marvel, a I tre dell'operazione drago con Bruce Lee; dai wuxia e dai kung fu movies, a Django Unchained. Ma attenzione: Tarantino cita, RZA cita citazioni. Saper fare delle proprie passioni adolescenziali e delle proprie ossessioni cinefile un film sorretto da idee e talento è l'operazione fallita del produttore rapper improvvisatosi regista, forse con gli occhi troppo pieni dei videoclip e la testa che frulla di battaglie rap. Tarantino è solo una benedizione pubblicitaria, la sceneggiatura di Eli Roth procede per vignette da fumetto, intonate agli split screen con cui il campo si scinde in due immagini. E tutto il film è scisso, indeciso tra Old West, Old East ed Old Style. [MORE]

L’uomo con i pugni di ferro è un fabbro di colore, Thaddeus Blacksmith (RZA), ex schiavo affrancato, ingiustamente accusato d'omicidio e rocambolescamente finito in Cina. Qui si reinventa fabbro, con volontà di ferro buddhista. Le contrapposte fazioni locali di un contesto feudal-imperiale non meglio definito, si approvvigionano volentieri degli efficaci arnesi d'offesa del fabbro, mentre questi cerca di metter da parte qualche soldo per liberare l’amata Lady Silk (Jamie Chung) dalla schiavitù dell’ambiguo e velenoso bordello The Pink Blossom. Quando si scatena la guerra tra i clan, la capo-meretrice Madam Blossom (Lucy Liu) ed una sorta di capo-mercenario inglese, Jack Knife (lett: "coltello a serramanico; Russell Crowe), entrambe dediti tanto alle libagioni quanto alle guarnigioni para-militari, diventano gli aghi della bilancia.

Si potrebbe cominciare da “C’era una volta lo studio degli Shaw Brothers”, e raccontare l’epopea di quella casa di produzione che originò talenti ed apporti seminali ai wuxia ed ai kung fu movies. Oppure si potrebbe trarre partito da "C'era una volta in America", terra di americanate così come del cinema di Quentin Tarantino, scaraventato a bella posta nel trailer con un "Tarantino presenta" che - ipotesi verificata empiricamente da parte di chi scrive - ha indotto molti a credere che il regista americano c'entrasse in qualche modo, in qualche importante modo, nel film di RZA. Così non è, di là del generico placet; della collaborazione di RZA con Tarantino iniziata sul set cinese di Kill Bill, da cui l'idea del film; della similitudine, nemmeno forgiata a dovere, tra il liberto Django e quel Blacksmith che sembra piuttosto venire da un'Harlem con furore, in versione black Wolverine.

Plastico come lo sport entertainment del wrestling e violento come un saggio di kung fu organizzato dalla Marvel, L’uomo con i pugni di ferro stride come il ferro sulla seta: le spezie del wuxia recente si appesantiscono con la senape di un “metti Wolverine in Cina”, o Iron man, se si preferisce; il soundtrack rap farebbe rizzare i mustacchi a Pai Mei; l’incenso dei templi Shaolin si mescola all'alito esplosivo delle colt, non meno che al puzzo di whisky dei bordelli formato saloon. Sushi servito da McDonald's, in altre parole: con RZA\Thaddeus blaxploited inesploso, che resta un semplice para-Django; Russell Crowe, pingue paladino puttaniere, che sembra preso da uno spaghetti western, nel classico ruolo di terzo alla "per un pugno di dollari cinesi", per restare in tema di pugni; Lucy Liu, stagionata maitresse degli intrighi, mena le danze di quelle che la menano, ma è solo una delle tante confuse essenze; Dave Batista, noto per lo più per la militanza nel mondo del wrestling nella federazione WWE, è messo opportunamente a tacere, ibridando Hulk con la Cosa dei Fantastici Quattro.

Tutto fantastico, appunto: ma tutto disomogeneo. Al punto che i duelli finali, sgangheratamente somiglianti a battle raps coreografate con costumi vintage, sono montati in alternanza dispersiva: immagini scisse (in)coerenti alla sceneggiatura di Eli Roth, sorta di storyboard  piena di spin-off, di vicende collaterali con troppi effetti collaterali. La lotta nella sala degli specchi, così come gli stessi pugni di ferro, citano I tre dell’operazione drago di Robert Clouse, trasmesso proprio qualche settimana fa da Rai 4: tanto per rinfrescare la memoria di cosa volesse dire mettere nello stesso film, senza colpo ferire, un americano avvezzo ai polizieschi all’italiana, come John Saxon, e l’icona del kung fu movie, Bruce Lee. Nel film di RZA l’immagine emblematica della distanza degli emisferi fintamente accorciata è nell’aggeggio spara-coltelli: che il fumo lo fa (negli occhi), ma che non è tagliente. Qualcosa del genere compare in un'altra americanata recente, Hansel e Gretel - Cacciatori di streghe, co-produzione tra Germania e USA: tutto il mondo è Paese (dei balocchi), quindi buon divertimento. Se vi diverte.

Titolo originale: The Man with the Iron Fists
Interpreti: RZA, Russel Crowe, Jamie Chung, Lucy Liu, Pam Grier, Rick Yune, Cung Le, David Bautista, Gordon Liu, Zhu Zhu
Origine: USA, 2012
Distribuzione: Universal Pictures
Durata: 96'

Antonio Maiorino
Critico d'arte e di cinema
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