L’Uniter di Lamezia Termerievoca la figura internazionale di Anita Garibaldi
Entra nel nostro Canale Telegram!
Ricevi tutte le notizie in tempo reale direttamente sul tuo smartphone!
LAMEZIA TERME 22 NOVEMBRE - Anita Garibaldi entra di diritto nel Pantheon nel Risorgimento Italiano come compagna, moglie madre ed eroina dei due mondi accanto a Giuseppe Garibaldi, uno degli uomini più importanti della storia moderna. La vicepresidente dell’Uniter di Lamezia Terme Costanza Falvo D’Urso nel corso di un incontro “Storia e mito di Anita Garibaldi” , organizzato nella sede operativa dell’associazione, ripercorre la vita di Anita cogliendone l’ardore, il coraggio, l’amore per la patria e la dedizione incondizionata verso Giuseppe che segue instancabilmente senza esitazione o titubanza. «Anita – ha esordito la vicepresidente – è una guerriera indomita, indipendente , moglie innamorata e devota, simbolo dell’ emancipazione femminile. Un giudizio che trova riscontro in un saggio della professoressa Silvia Cavicchioli dell’Università di Torino che ha ricostruito il personaggio di Anita nella sua storicità e realtà tracciando un quadro esauriente della figura femminile più drammatica e più poetica del nostro Risorgimento». Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva nasce il 30 agosto 1821 a Morrinhos, frazione di Laguna nel Sud del Brasile, da un mandriano e una sarta di origini portoghesi. Terza di dieci figli conduce una misera esistenza dedita ai fratelli più piccoli. Morto il padre, per alleviare il peso della famiglia, viene data in sposa a soli 14 anni al bravo calzolaio Manuel Duarte, più anziano di lei. Ma ciò che dà una svolta decisiva alla sua vita è
l’incontro fatale, travolgente e quasi predestinato con Giuseppe Garibaldi che segna l’inizio di dieci anni di amore e di guerre: era il 22 luglio 1839, lei aveva 18 anni, lui 32.
«Da quel momento – precisa la vicepresidente – la brasiliana Anita, dopo aver abbandonato il marito, forse già morto combattendo con l’esercito imperialista di don Pedro II, segue Garibaldi ovunque in posizione paritaria». Donna coraggiosa, infaticabile e generosa, Anita combatte nelle lotte sudamericane e in Europa nelle campagne per l’indipendenza italiana: è sui campi di battaglia durante la rivolta degli straccioni, così chiamata dall’imperatore del Brasile, in segno di disprezzo verso il popolo, la piccola borghesia e gli intellettuali che avevano organizzato la rivoluzione contro il governo per dar vita alla Repubblica Riograndense. Sconfitti gli straccioni, Giuseppe e Anita, per sfuggire alla vendetta delle truppe imperiali, raggiungono Mostards dove il 16 settembre nasce il loro primo figlio Domenico, chiamato Menotti in onore del patriota italiano Ciro Menotti. Successivamente nascono Rosita, che muore alla tenera età di due anni, Teresita e Ricciotti. Nel 1942 Anita e Giuseppe si sposano a Montevideo e cinque anni dopo, insieme ai piccoli, segue il compagno in Italia per continuare a combattere accanto a lui, ma mentre tentano di raggiungere la Repubblica di Venezia attraversando l’area appenninica, colpita dalla malaria, Anita spira a Mandriole il 4 agosto 1849, a soli 28 anni. Il corpo viene sepolto nella chiesa delle Mandriole dove rimarrà fino al 1859 per essere traslato prima a Nizza per volontà del marito e poi a Genova. Nel 1931, per volontà del governo italiano, le spoglie di Anita vengono trasferite nel Gianicolo, a Roma, dove è stato eretto in suo nome anche un monumento che la rappresenta a cavallo con il figlio in braccio. Storici, scrittori e poeti si sono sempre interessati alla vita di Anita che ha appassionato un vasto pubblico, soprattutto le popolazioni del centro nord d’Italia. «Le sono state intitolate strade, - conclude la vicepresidente - le hanno dedicato canzoni, poesie, fumetti, opere teatrali e telenovele. E, grazie ad una legge federale firmata dal presidente della repubblica brasiliana Dilma Rousseff, il nome di Anita è stato inserito nel libro degli eroi mentre a Nizza , nel 2000, un gruppo di storici ha proposto la rivisitazione memoriale del personaggio di Anita a testimonianza dell’internazionalità di un mito perenne».
Foto: Costanza Falvo D’Urso
Foto: Anita Garibaldi
Lina Latelli Nucifero