Cultura e Spettacolo

Lulu, la progenie deforme di Metallica e Lou Reed

ROMA, 8 NOVEMBRE 2011 – È uscito da poco più di una settimana e già fa discutere le masse. Lulu, il nuovo album firmato da Lou Reed con la collaborazione dei Metallica e ispirato alle “Lulu Plays” di Frank Wedekind, è un disco veramente difficile da digerire. Come era evidente già dall’ascolto dell’anteprima, si percepisce chiaramente che non c’è neanche l’intenzione di tentare una commistione delle due influenze, Lou Reed canta e scrive come il Lou Reed del XXI secolo, i Metallica arrangiano e suonano come i Metallica dei primi anni ‘80. [MORE]

Sorge spontaneo il paragone con il supergruppo SuperHeavy (formato da Mick Jagger, Joss Stone, Dave Stewart, A. R. Rahman e Damian Marley), un progetto multistilistico ma coerente, capace anche di sfornare hit di successo come la radiofonica Miracle Worker. Niente di tutto ciò avviene in Lulu, i due mondi rimangono scissi fra loro fino al punto in cui viene da chiedersi il perchè di tutto ciò.

Gli stessi Metallica d’altronde hanno ammesso di sentirsi al di fuori della loro “comfort zone”. Catapultati in un tipo di musica che non appartiene a loro, si sono affrettati a chiarire che Lulu non può e non deve essere considerato “il nuovo disco dei Metallica”. Lou Reed l’ha definito invece “un matrimonio in paradiso” e sembra tranquillo riguardo la ricezione negativa del pubblico: «Non mi sono rimasti fan. Dopo Metal Machine Music (1975) sono scappati tutti. Chi se ne frega, faccio quel che faccio perchè mi diverte». L’artista newyorkese ha anche ricevuto minacce di morte da parte di alcuni fan dei Metallica durante le fasi finali del disco.


L’opera può anche divertire il suo autore ma di certo non riesce a divertire un orecchio educato all’ascolto dei classici, sia quelli di Lou Reed che dei Metallica. Tutti conosciamo Perfect Day, Walk on the Wild Side e Sweet Jane, chi ama i Metallica dei tempi d’oro non può che ricordare con affetto brani come Mater of Puppets, Fade to Black e One; In questo disco si fatica a rintracciare lo stesso talento che ha concepito queste grandi canzoni.


L’album si apre con Brandenburg Gate, forse il brano più appetibile di tutta l’opera. Dopo una lunga introduzione di chitarra acustica a 12 corde si presenta Lou Reed con il suo timbro caldo e le sue melodie a metà fra recitativo e cantato. I Metallica lo raggiungono subito dopo con le loro pesantissime chitarre distorte e con la voce virile di James Hetfield. Ascoltare la voce stanca e debole di Reed che sovrasta quella assai più potente di Hetfield è una delle peculiarità che infastidisce di più durante l’ascolto, il chitarrista simbolo di New York è un artista poliedrico, un innovatore e uno sperimentatore ma sicuramente non è un cantante con la grinta necessaria a cantare su un brano arrangiato dai Four Horsemen.


Con The View, seconda traccia dell’album e primo singolo estratto, è il gruppo di San Francisco a deludere le aspettative. Il riff pesante che apre il brano e l’incedere ossessivo della batteria di Lars Ulrich si ripetono ininterrottamente per quasi due minuti sotto il recitato tremante di Lou Reed. La noia regna sovrana fino a metà canzone dopodichè a salvare la situazione arriva (come al solito) James Hetfield, un cantante che ha gia dimostrato in passato di trovarsi a suo agio in qualsiasi contesto richieda una voce aggressiva. A tal proposito consiglio l’ascolto di Drivin’ Rain della band Gov’t Mule, un brano rock blues che vanta la partecipazione straordinaria di questa icona del metal.


Il brani che seguono hanno tutti una durata considerevole (una media di otto minuti l’uno) e sono veramente i più difficili da ascoltare. I Metallica cercano di interpretare le idee di Reed ma il risultato è assai povero, sembra di ascoltare una lunga jam session di un gruppo alla disperata ricerca di un’idea valida che non arriva mai. Hetfield cade in un silenzio desolante che dura per tutto il resto del disco, interrotto di tanto in tanto solo per vestire il ruolo di comprimario di Reed.


In conclusione Lulu è un disco difficile, sconsigliato ai fan del rocker Lou Reed ma soprattutto a quelli dei Metallica. Se tuttavia siete amanti dello sperimentatore Lou Reed, della musica concettuale e della fusione fra poesia e arte dei suoni vi consiglio di farvi un’idea vostra su questa curiosa opera prima. Anche perchè non credo ce ne sarà mai una seconda.


Andrea Portieri