Cultura e Spettacolo
Lo straniamento e la fantasia di Paolo Nori
09 FEBBRAIO 2014 - I campi di concentramento visti con occhi diversi La Dante Alighieri polacca pubblica una lettera del fantasiologo Massimo Gerardo Carrese inviata allo scrittore Paolo Nori
Paolo Nori, noto scrittore e traduttore russo, ha pubblicato da qualche giorno il suo ultimo libro Si sente?, edito da Marcos y Marcos. Un testo che già dalla copertina lascia intuire l’argomento di cui tratta: i campi di concentramento. Ma non è un libro storico né di critica. Paolo Nori racconta la propria esperienza da visitatore, ormai da anni, dei campi di concentramento di Birkenau e Auschwitz.
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È in questa dimensione esperienziale che s’inserisce la riflessione del fantasiologo Massimo Gerardo Carrese, studioso di Storie e caratteristiche della fantasia, che scrive una lettera a Nori in cui evidenzia la capacità di raccontare i campi di concentramento attraverso la tecnica dello straniamento. Una tecnica letteraria non facile da mettere in pratica, specie se se il tema è il terribile olocausto. Un libro straordinario, secondo Carrese, nel senso etimologico del termine, fuori dell’ordinario.
I campi di concentramento, infatti, sono descritti con un effetto di sconvolgimento, un modo altro di percepire la realtà e di raccontarla, al fine di rivelarne nuovi aspetti. È proprio così che Paolo Nori, sottolinea Carrese, senza descrivere direttamente i campi di concentramenti li imprime nell’immaginazione del lettore. È così che il lettore non ne prende atto come una informazione che già conosce ma vede con occhi nuovi.
La lettera, pubblicata dalla Società Dante Alighieri di Katowice, in Polonia, è disponibile nei “Quaderni della Dante” all’indirizzo
https://docs.google.com/viewera=v&pid=sites&srcid=ZGFudGUta2F0b3dpY2Uub3JnfG5vd2F8Z3g6ZjYwZDE1YjUxNTQ1NWRm
Ecco uno stralcio della lettera di Carrese:
«I tre discorsi che formano Si sente? hanno uno sguardo distolto dai campi di concentramento. Ed è questo che permette di vedere quei campi e quei luoghi circostanti più di ogni altra descrizione.Un tema tragico, quello dell’olocausto, visto con uno sguardo da deficiente, come tu stesso scrivi, intendendo uno sguardo che permette di ritrovare il senso delle cose che guardiamo, perché siamo assuefatti dall’informazione, dalle abitudini, da adattamenti che ci fanno perdere il senso dei luoghi, il senso delle cose più piccole e comuni, come i bottoni. È questo sguardo da deficiente - dal latino deficere, mancare - che permette di vedere. Ecco, per me, questo tuo scrivere così vuol dire straordinario.»
Info www.fantasiologo.com oppure https://twitter.com/CMGfantasiologo
(notizia segnalata da Sandro Del Vecchio)