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"Lo sguardo di Satana - Carrie", il remake che sbanca col marketing diabolico
LO SGUARDO DI SATANA - CARRIE DI KIMBERLY PEIRCE, LA RECENSIONE. La febbre del remake colpisce ancora, insieme a quella d'un marketing forse più geniale della creazione filmica. Ma tant'è, ecco servito l'ennesimo horror riciclato a misura dei tempi: quelli del cattivo gusto. S'incassa l'intrattenimento, e l'intrattenimento... incassa.
Brian De Palma l'aveva adattato da un bestseller di Stephen King e Kimberly Peirce prova a rianimarlo con un remake che strizza l’occhio ai teenagers. In questo modo, affossandolo. L’ordine degli addendi è insomma cambiato, e non solo perché Lo sguardo di Satana – Carrie inverte curiosamente, in Italia, titolo e sottotitolo dell’originale. Identica la trama, sì, ma diversa la riedizione – com’è giusto che sia: certo, alcune scelte sono discutibili a prescindere dall’ombra del primo film. Carrie White (Chloë Moretz) è un’adolescente vittima d’una madre bacchettona e iper-religiosa (Julianne Moore), che cita la Bibbia a memoria quando ci sarebbe un disperato bisogno d’improvvisare dialoghi. Naturale che la ragazza si spaventi quando a scuola, sotto la doccia dopo l’ora di educazione fisica, le vengono le prime mestruazioni: queste sconosciute. Le amichette, anzi, amicacce ci vanno a nozze, con tanto di ripresa da smartphone che diventa video virale. Ad una vengono i rimorsi, al punto di fare qualcosa per risollevare Carrie, prestandole il cavaliere per la festa di fine anno. Che qualcuno prova a rovinare.[MORE]
….VISSERO INFELICI E CONTENT (EXPLICIT) - Non vogliamo iscriverci con superficialità al club di “quelli che… era meglio lo split screen di De Palma”. O meglio: ci vogliamo iscrivere, ma non con superficialità. Se il film della Peirce è un modesto spettacolo, non è solo per il confronto col predecessore. Ciò non toglie, però, che un paio di considerazioni “in tandem” gettino luce sul perché Lo sguardo di Satana – Carrie sia nient’altro che un remake in linea col tempo del cattivo gusto. Basterebbe il parto del prologo, con Julianne Moore che sembra uscita dal finale splatter di À l'intérieur (quello sì, un filmone: però, sapete com'è, non è americano), per capire dove si vada a parare: più sensazionalismo, e il poltergeist alla Harry Potter lo confermerà strada facendo.
Ma il problema è proprio questo: rendere espliciti i contenuti solo perché gli anni duemila sono espliciti, vuol dire vanificare l’attenta costruzione della suspense che sorreggeva l’originale, in cui lo scatenarsi degli eventi s’imponeva per forza di shock, anziché di sciocchi presagi. La scena nelle prime battute del ciclo mestruale, che De Palma aveva saputo gestire contrastando con tanta vellutata maestria la sensazione delle gocce d’acqua calda che carezzano la pelle con il panico insanguinato della ragazza, diventa uno spoiler\autogol, sparacchiando frettolosamente i primi fenomeni di telecinesi. Così l’horror diventa folklore effettistico, e la violenza psicologica, che nel film del ‘76 colmava la misura come una tortura invisibile, è già violenza visiva nella prima scena: è un già-detto, e non perché sia un remake, quanto per cattivo make-up. I mostri diventato mostrati, e di White, più che Carrie, spicca lo spray bianco sugli armadietti rosso sangue che sentenzia “Carrie White eats shit”.
TEMPACCI MODERNI - Il risultato è inquietante, non nel senso che voleva essere. I paragoni più calzanti per capire cosa sia l’horror secondo Kimberly Peirce sono con il virtuoso ma sterile Red Lights di Rodrigo Cortès e col bislacco Another me di Isabelle Coixet, passato pure al Festival di Roma con la velocità d’uno svolazzo sul red carpet: del primo (storia di poteri paranormali) prova ad emulare lo sfoggio stilistico, al secondo (l'adolescente in crisi) si associa per la dozzinale sceneggiatura. Ecco, dopo quanto s’è letto in questi mesi circa il tentativo di rendere attuale il film di De Palma, tutto appare deprimentemente chiaro: l’adattamento è coerente al contemporaneo nell’abito visivo, ma è mediocre per la sartoria dello script; ci si rammoderna nei contesti, ma non con la testa. Non basta, per vantarsi d’aver fatto cosa “attuale”, trasformare il bullismo in cyber-bullismo, o l’auto-indagine psicologica della protagonista in ricerca di tutorial sui poteri magici su Youtube: un incontro ideale tra Silvan e il peggior Dario Argento telematico de Il cartaio. Sarà mai che l’unica cosa davvero moderna, in ogni tempo, sarebbe una sceneggiatura veramente efficace?
Peccato, allora, vedere Julianne Moore prestarsi ad accenni gore di bassa lega, specie considerando l’esperto mestiere con cui incarna la bigotta mater terribilis, o Chloë Moretz – di certo promettente – a tratti avvicinare pericolosamente il fumettismo di Kick-Ass in versione horror, costretta, com’è, a gigioneggiare già prima del tempo con i propri poteri. Privato d’ogni fascino, ed incline a far scorrere qualche gallone in più di sangue, Lo sguardo di Satana – Carrie di Kimberly Peirce conserva almeno una certa scorrevolezza, nonché un finale non privo d’un colpo di coda efferato, ma la sua final destination resta quella d’un conservativo horror commerciale. Così commerciale, che è il marketing, ancora una volta, a fare la voce grossa: già, Youtube è virale.
USCITA CINEMA: 16/01/2014
GENERE: Drammatico, Horror
REGIA: Kimberly Peirce
SCENEGGIATURA: Roberto Aguirre-Sacasa
ATTORI: Chloë Grace Moretz, Julianne Moore, Alex Russell, Gabriella Wilde, Ansel Elgort, Judy Greer, Portia Doubleday, Michelle Nolden
FOTOGRAFIA: Steve Yedlin
MONTAGGIO: Lee Percy, Nancy Richardson
MUSICHE: Marco Beltrami
DISTRIBUZIONE: Warner Bros. Italia
PAESE: USA 2013
DURATA: 100 Min
FORMATO: Colore
Antonio Maiorino
Critico cinematografico - on Twitter