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"Lo sciacallo - The Nightcrawler" di Dan Gilroy, vivere col morire a Los Angeles

LO SCIACALLO – THE NIGHTCRAWLER di Dan Gilroy, la recensione. Teso ad inquietare, lambendo continuamente il confine del dialogo surreale, è un film che stupisce, almeno per tre quarti, per lucidità e per l'adrenalina pura di certe sequenze da thriller d'azione.

Il colpo di fulmine è lì, tra le lamiere contorte – meglio, tra i flash sull’incidentato che si dissangua: Lou (Jake Gyllenhaal), ladruncolo di materiali edili con la faccia d’angelo, s’imbatte in un incidente nella notte nerissima di Los Angeles e s’innamora dell’idea di far grana vendendo materiale video per la cronaca nera dei telegiornali. Il primo mattoncino: vendersi la bicicletta e comprarsi una telecamera ed uno scanner radio per sintonizzarsi sulle frequenze della polizia. Il secondo: raccattare un nullafacente perché gli faccia da assistente nelle corse ai set della tragedia. Il terzo: entrare nelle grazie della direttrice di una piccola tv locale. Il risiko continuerà, qualcuno rosicherà, eccome. E la guerra – anche d’affari – fa sempre vittime.[MORE]

TV DRIVER - S’apre con i titoli di testa sulle strade della città americana, Lo sciacallo – The Nightcrawler di Dan Gilroy, tra neon luminescenti e segnali stradali. Senza direzione, ma presto saldo timoniere d’una rotta perversa, è un Jake Gyllenhaal pazzo e pazzesco, lo sguardo vacuo e la cantilena pronta come il bravo venditore porta a porta; lo scrupolo a zero nemmeno fosse la versione dell’imprenditore degenerata in avvoltoio: l’american dream del successo è diventato un nightmare degli schermi, la prospettiva è quella di vivere col morire a Los Angeles. Il sonno della ragione genera i mostri su internet ed il giovanotto senza educazione, self-made ed assolutamente selfish, è tutto orecchie ai tutorial del web e tutto zanne quando si tratta di rivaleggiare con i colleghi del nuovo business. Questi sono i nuovi nottambuli alla Travis Bickle (Taxi Driver), ma non c’è nessun Vietnam alle spalle, quanto la giungla della tv e dei media: l’ambizioso cameraman visita gli studi dell’emittente con l’occhio cùpido del bambino nel negozio di dolciumi.

È qui la festa – di sangue, sugli schermi: nel primo colloquio con la direttrice (“che servizi preferite?”), ripete all’ossessione la parola, ha già capito il mestiere; è qui la fetta, di torta, di guadagni – e chissenefrega della deontologia. Che panorama, quella Los Angeles di cartone, colori pop come rosso mirtillo e viola lividi.

L’OCCHIO CHE UCCIDE - Se è chiaro dove vada a parare il personaggio, e di conseguenza su cosa vada a sparare il film, certo è che l’esordiente Dan Gilroy (sceneggiatore di The Bourne Legacy e fratello di Tony) aveva pur sempre diverse strade per arrivare a bersaglio, un po’ come Lou col fedele navigatore satellitare. La via, molto personale, è quella di un surreale inesploso, di un grottesco beatificato ma mai cavalcato oltre i limiti di velocità: i dialoghi, bozze corrette e ricorrette, sfiorano l’assurdo controllato, soprattutto per la glaciale nonchalance di Gyllenhaal, col sorriso a trentadue denti che stridono come nel contrasto tra la logica cristallina di quello che dice e la percezione, pure inevitabile, che qualche rotella, al ragazzo, sia fuori posto.

L’OCCHIO CHE RACCONTA – Lucido, dunque, negli intenti, il film è condito da quel tocco ironico, quel cinismo disinibito che lo previene dal grave difetto di non pochi film contemporanei: l’eccesso di serietà, la saccenza sociologica. Il risultato è funzionale a turbare, piuttosto che a spiegare didascalicamente; non solo, è conseguito raccontando, un’arte sottovalutata da “quelli che… il cinema contemplativo ad ogni costo”. Tutta la parte centrale si snoda tra pedinamenti, corse contro il tempo, sabotaggi, inseguimenti, spesso in presa diretta, col macchinone rosso del reporter del video-operatore che ruggisce e la telecamera a fare più danni d’un revolver. La domanda chiave diventa: “e poi?”. Segno che la sceneggiatura funziona, nel segno del thriller così come in quello dell'azione.

Non altrettanto, probabilmente, il finale – salvo pensare ad un estremo, estremistico corto-circuito ironico di Dan Gilroy. Ma la sensazione, con tutta l’adrenalina in corpo dopo quasi due ore ben lubrificate, è che qualcosa si sia inceppato, che il regista arrivi col fiato corto e che qualcosa potesse essere risparmiato o altrimenti congegnato. Lo sciacallo resta un film implacabile: anche se affonda frettolosamente il colpo nel finale, gli resta una coerenza feroce e splendente come il ghigno nevrotico del maniacale protagonista.


 

DATA USCITA: 13 novembre 2014
GENERE: Drammatico
ANNO: 2014
REGIA: Dan Gilroy
SCENEGGIATURA: Dan Gilroy
ATTORI: Jake Gyllenhaal, Bill Paxton, Rene Russo, Riz Ahmed, Eric Lange, Anne McDaniels, Jamie McShane, Kathleen York, Jonny Coyne, Michael Hyatt
FOTOGRAFIA: Robert Elswit
MONTAGGIO: John Gilroy
PRODUZIONE: Bold Films
DISTRIBUZIONE: Notorious Pictures
PAESE: USA
DURATA: 117 Min
Vietato ai minori di 14 anni


Antonio Maiorino