Fantasticherie del cuore
L’invidia della grazia altrui
Spesso troviamo dinnanzi ad una vera manipolazione del concetto di fede, dove il pensiero umano, ben confezionato, utilizza formalmente i concetti cristiani. Ne segue una vera macelleria spirituale che imbratta di sangue i muri della storia e ci consegna una idea del mondo sbilanciata sulla materialità più viva. In un quadro del gene fiorisce in modo crescente l’invidia della grazia altrui, distorcendo pericolosamente la dimensione personale di cielo. È quest’ultima che discende in ognuno, innescando per natura attiva dentro l’animo di chiunque il riconoscimento e il compiacimento per ogni forma di grazia rivolta al prossimo. Dove esistono e si sviluppano nel quotidiano gelosie e invidie non può esserci una fede che indichi la retta via, ma una fede morta pronta ad esaltare mille forme di solidarietà apparente.
Il rischio è l’idolatria di sé stessi abilitata da sempre a chiudere la porta del cielo e ad avventurarsi per percorsi privi di valori universali, aprendosi all’immoralità. L’adorazione verso Dio è oggi considerata quasi una debolezza, un segno di vergogna. La si lascia solo alle tante vecchiette che tengono in mano il rosario, per le quali si teorizza una nostalgica icona antropologica adatta a rappresentare un semplice pezzo di tradizione cristiana terrena. Lungi dal pensiero del mondo vedere in essa una testimonianza di fede in piena sintonia con il piano trascendentale che tutto comprende in sé. Più cresce la distanza dal bisogno interiore di adorare il Signore, non certo dalla sua spettacolarizzazione, maggiormente si allestisce nel cuore un posto per l’astio e il livore che per legge naturale sono incompatibili con la grazia che accoglie l’altro.
Leggiamo ancora e in proposito le parole del teologo: “Prima di ogni cosa l’invidia della grazia altrui è peccato contro lo Spirito Santo. Come si manifesta l’invidia? Con il combattimento contro la verità, dono dello Spirito nell’altro, che si vuole ad ogni costo distruggere, abbattere, sconfiggere, ridurre al silenzio”. L’invidia a volte mira in alto come la storia ci insegna con la crocifissione di Cristo Gesù. Non è forse per invidia che i farisei consegnarono il Messia a Pilato invocando la sua morte? Un atto di invidia può portare l’inferno in una famiglia e nella comunità, ma può anche cambiare in bene o in male la storia degli uomini. Che cosa ci si può aspettare da un uomo che si alza la mattina per poter combattere la grazia altrui? Come si può andare a letto con un pensiero malefico del genere?
Eppure questo scenario contro ogni forma di grazia altrui è spesso presente e costringe all’involuzione sociale e spirituale. Quando il male si annida nel cuore diventa un elemento centrale che cambia gli indirizzi di fondo di una persona e di ogni contesto sociale. Un vero terremoto che materializza l’invidia e normalizza l’atto di male, giustificando la propria chiusura dinnanzi al bene che tocca l’altro. Solo riconoscendo, mi auguro senza vergogna, il Regno del Cielo si può pian piano rimodulare questa orrenda disposizione spirituale e strutturale della storia umana e guardare così ad un domani migliore.
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