Cronaca
Libertà di manifestazione del pensiero, diritto minato
Lettera aperta a Giorgio Napolitano
Preg.mo Signor Presidente della Repubblica,
ci rivolgiamo principalmente a Lei in quanto Garante della Nostra Costituzione per segnalare episodi e fatti che minano fortemente alcuni tra i diritti primari del nostro ordinamento giuridico.
La Costituzione Repubblicana dedica infatti una parte rilevante delle sue disposizioni alle libertà e, tra queste, regola anche il diritto di riunirsi e la libertà di manifestazione del pensiero. Essi tra le libertà fondamentali sono certamente quelli che caratterizzano maggiormente i rapporti tra Stato e cittadini, concorrendo in maniera fondamentale a delineare una determinata forma di Stato.[MORE]
Il rilievo politico e sociale che, in particolare, la libertà di manifestazione del pensiero possiede è innegabile, tanto da poter essere considerata la “pietra angolare della democrazia” e il “pilastro della società democratica” (così la Corte Costituzionale con sentenza 17 aprile 1969, n. 84). Il buon funzionamento di un ordinamento democratico si fonda infatti sulla libertà di pensiero essendo quest’ultima ad alimentare la forza sociale di base che è la pubblica opinione.
Il riconoscimento di tale libertà è prerogativa di tutti gli stati democratici, tant’è che la stessa Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo la consacra all’art. 10 come uno tra i più importanti diritti dell’individuo: “Ogni persona ha il diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o comunicare informazioni o idee senza ingerenza alcuna da parte delle autorità pubbliche e senza considerazione di frontiera”.
Alla libertà di pensiero è sottinteso il diritto di portare a conoscenza del pubblico fatti di interesse generale, di esprimere la propria opinione su questioni di rilevanza sociale, nonché di criticare l'attività del Governo e della Pubblica Autorità. L'art. 21 della Costituzione dunque, include non solo la libertà di esprimere le proprie opinioni e di divulgarle con ogni mezzo, ma anche il diritto di informazione comprensivo sia della libertà di informare che di quella di essere informati e di informarsi.
Strettamente collegato a tale diritto vi è la libertà di riunirsi pacificamente e senz’armi, che la Carta Costituzionale riconosce a tutti i cittadini all’art 17.
L’articolo 17 rappresenta la modalità di svolgimento delle riunioni come fenomeno del mondo reale, ovvero anche per esercitare il diritto di pensiero. La riunione è un diritto autonomo e non strumentale, anche perché la stessa Costituzione all’articolo 2 afferma che “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali, ove si svolge la sua personalità…”; poiché l’art. 2 fa riferimento alle formazioni sociali una di queste è proprio rappresentata dal diritto di riunione.
Ultimamente però, sempre più spesso, questa Organizzazione Sindacale vede gravemente compromesso l’esercizio di dette libertà, attraverso le prescrizioni di alcuni Questori della Repubblica i quali, interpretando – a parer nostro in maniera esasperata – una direttiva del Ministro dell’Interno, negano l’esercizio di tali diritti ogniqualvolta venga fatta richiesta di manifestare pacificamente il dissenso delle Forze dell’Ordine contro l’azione del Governo.
Ci riferiamo alla “direttiva per le manifestazioni nei centri urbani e nelle aree sensibili” che il citato Ministro in data 26 gennaio 2009 ha indirizzato ai Prefetti delle Provincie, e che a nostro modestissimo parere è già essa stessa di dubbia legittimità Costituzionale.
Nulla quaestio sul fatto che possano essere individuate, anche e soprattutto alla luce della protezione Costituzionale, luoghi ed aree particolarmente sensibili meritevoli di tutela sotto il profilo culturale storico ed artistico, ma in primis risulta di davvero difficile comprensione, alla luce del dettato disposto dall’art 13 della legge n. 121 del 1981 (a cui fa riferimento la direttiva), l’indicazione data dal Ministro ai rappresentanti del Governo nelle Provincie, di poter vietare aprioristicamente la libertà di riunione in determinati siti pubblici.
Il legislatore del 1981 infatti, pur riconoscendo ai Prefetti una responsabilità generale in materia di coordinamento dell’ordine e la sicurezza pubblici, non pare riconoscere a costoro un potere generale ed astratto in ordine alla compressione e limitazione dell’esercizio delle libertà dei cittadini, come per l’appunto vietare a priori l’esercizio della libertà di riunione in determinate aree pubbliche.
La direttiva del Ministro, a nostro parere, pregiudica in modo importante il diritto di riunione e di conseguenza di manifestazione del pensiero, atteso che il diniego astratto di manifestare in determinate aree, si traduce inevitabilmente in una mancata visibilità ed impatto nella pubblica opinione, che normalmente si cerca di vedere soddisfatta, proprio grazie al valore simbolico del luogo indicato all’autorità di Pubblica Sicurezza per l’esercizio dei diritti di cui agli artt. 17 e 21 della Costituzione. D’altra parte dissentire l’attività di Governo in Piazza del Popolo a Roma, non assume lo stesso rilievo pubblico di una disapprovazione manifestata in prossimità di Palazzo Chigi.
L’interesse all’impatto sulla pubblica opinione è il tessuto connettivo della libertà di riunione, e come tale a nostro avviso, deve essere parimenti tutelato alla stregua delle inviolabili libertà riconosciute al cittadino dall’Assemblea Costituente all’art 17.
Di non minore rilievo è la genericità della direttiva in ordine all’individuazione delle aree sensibili che “saranno individuate in zone a forte caratterizzazione simbolica per motivi sociali, culturali o religiosi (ad esempio cattedrali, basiliche o altri importanti luoghi di culto) o che siano caratterizzate – anche in condizioni normali – da un notevole afflusso di persone o nelle aree nelle quali siano collocati obiettivi critici”.
Una simile previsione infatti, lascia spazio ad un eccessivo potere discrezionale, permettendo ai Prefetti di riconoscere ad un determinato luogo un particolare valore simbolico, che non è detto sia altrettanto avvertito come tale, dalle varie comunità locali del Territorio Nazionale, con il conseguente rischio di dover uniformare, obtorto collo, il sentire della collettività a quello del Prefetto della Provincia, creando evidenti disparità di trattamento e scarsa o addirittura nessuna democraticità.
Orbene Ecc.mo Signor Presidente della Repubblica, i dubbi che questa Organizzazione Sindacale intende evidenziare, alla luce della direttiva del Ministro dell’Interno, si riferiscono alla legittimità Costituzionale in ordine alla possibilità di negare in forma generale ed astratta la libertà di riunirsi pacificamente in determinati luoghi pubblici, al fine di tutelare la loro forte caratterizzazione simbolica e non anche di tutelarli per reali e comprovate esigenze di ordine e sicurezza pubblici, dal rischio derivante proprio da quel valore simbolico, disarcionando di fatto con tale direttiva, il dettato Costituzionale dell’art 17 e dell’art 18 del TULPS.
Proprio sulla base di tale indicazione Ministeriale, questa Organizzazione Sindacale ha ricevuto il diniego da parte del Questore di Roma ad effettuare una pacifica manifestazione prevista per il 28 luglio u.s. nei pressi del Ministero dell’Interno, simbolo appunto per noi poliziotti della legalità e della Pubblica Amministrazione a cui apparteniamo. Che senso avrebbe avuto infatti manifestare il nostro dissenso al Ministro dell’Interno, in uno dei sei (6) percorsi autorizzati ai cortei per la città di Roma, e che francamente poco hanno a che vedere dal punto di vista simbolico con le problematiche delle Forze di Polizia?
In data 16 luglio 2010, la Segreteria Provinciale del COISP di Catanzaro, inviava al Questore di quella Provincia, un preavviso di pubblica manifestazione da effettuarsi a Lamezia Terme in data 19 luglio 2010, dalle ore 15.30 alle ore 20.00, in via A.Perugini nei pressi del Palazzo Comunale.
Orbene il Questore di Catanzaro, capo dei poliziotti della Provincia, con ordinanza del 17 luglio 2010 autorizzava sì la manifestazione di questa Organizzazione Sindacale, ma prescriveva che la stessa si tenesse in un luogo completamente diverso (Piazza della Repubblica) da quello indicato nel preavviso, peraltro distante parecchi chilometri dalla via A.Perugini, di fatto ordinando di nasconderci agli occhi del Ministro.
Quanto sopra al fine di tutelare, evidentemente dagli stessi poliziotti, la persona del Ministro dell’Interno e le altre Autorità presenti in città proprio in data 19 luglio 2010 presso il Palazzo Comunale, tant’è che lo stesso Questore dichiara “che qualunque manifestazione pubblica si svolgesse in prossimità del luogo indicato, potrebbe incidere sulla sicurezza delle numerose Autorità che interverranno, tutte sottoposte a misure di protezione”.
In data 20 luglio 2010 invece, la Segreteria Provinciale del COISP di Treviso, inviava al Questore di quella Provincia, un preavviso di pubblica manifestazione “consistente in una attività di volantinaggio, esposizione e distribuzione di materiale informativo relativo all’attuale manovra finanziaria da effettuarsi nella giornata di venerdì 23 luglio 2010 a partire dalle ore 10,00 alle ore 22,00”… in 14 vie cittadine e zone limitrofe.
Anche in questo caso il Questore di Treviso, con ordinanza del 22 luglio 2010, autorizzava la manifestazione di questa Organizzazione Sindacale limitatamente a soli quattro siti cittadini, a fronte dei quattordici indicati nella richiesta, ponendo alla base di tale scelta una motivazione a dir poco imbarazzante, se si pensa che l’avviso di manifestazione non era stato inoltrato da gruppi di disobbedienti, ma da poliziotti, che peraltro lavorano anche alle dipendenze di quel Questore.
Quest’ultimo ha infatti dichiarato che la scelta è risultata essere determinata dalla necessità di tutelare la persona del Ministro dell’Interno (presente in città proprio in data 23 luglio 2010), atteso “che qualunque manifestazione pubblica si svolgesse in prossimità della sede della Provincia di Treviso nonché lungo le arterie stradali interessate dal transito del Sig. Ministro dell’Interno, potrebbe incidere sulla sicurezza della personalità di Governo e delle altre numerosissime autorità partecipanti alla cerimonia in questione”.
Ill.mo Signor Presidente, il nostro sentore è che tali determinazioni non siano dettate dal primario interesse alla tutela della sicurezza pubblica, quanto semmai per mettere in sordina le pacifiche e legittime manifestazioni di dissenso dei poliziotti, utilizzando metodi che poco hanno a che vedere con il nostro Stato di Diritto.
La Costituzione della Repubblica Italiana, all’art. 17 ultimo comma recita testualmente: “Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica”. Tale rilievo è stato ripreso anche dalla Corte di Cassazione a parere della quale “il potere di veto riconosciuto al Questore nonché quello di disporre modalità diverse di tempo e di luogo della riunione deve essere giustificato da motivazioni logiche e coerenti, potendosi anch'essa tradurre in una arbitraria restrizione del diritto di riunirsi”.
C’è da chiedersi allora: quali sono le comprovate esigenze di sicurezza ed incolumità pubblica in una manifestazione organizzata da una Organizzazione Sindacale della Polizia di Stato, i cui iscritti possono essere solo poliziotti, tali da ingenerare nell’Autorità di P.S. i timori di un rischio per la sicurezza del Ministro dell’Interno.
Ma l’Italia non è una Repubblica democratica? O lo era solo nel pensiero dell’Assemblea Costituente visto che ultimamente noi poliziotti ci troviamo a combattere, metaforicamente s’intende, contro uno Stato di Polizia, ove vengono negati diritti e libertà inviolabili sulla scorta di motivazioni “pretestuose”, che mal si conciliano con i limiti individuati dalla stessa Corte Costituzionale e pocanzi citati.
Crede anche Lei Preg.mo Signor Presidente, che i poliziotti manifestanti in Piazza del Viminale, possano pregiudicare il diritto alla mobilità e circolazione costituzionalmente garantiti, o bloccare l’intera viabilità romana, anche se si riuniscono in forma statica senza uscire dal perimetro della citata Piazza? O che la presenza di poche unità di poliziotti iscritti ad una Organizzazione Sindacale, armati di bandiere e vuvuzelas, possano attentare alla sicurezza ed incolumità fisica del Signor Ministro dell’Interno o rappresentare una minaccia per la stabilità dell’ordine costituito?
Poiché tale eventualità, non è nemmeno ipoteticamente immaginabile, maliziosamente non ci resta che pensare all’esistenza di un’ulteriore direttiva, magari segreta, per mettere il silenziatore al dissenso dei Poliziotti che si sono visti pugnalare alle spalle, dopo aver ceduto alle lusinghe elettorali di questo Governo, che adesso non solo non parla, ma nemmeno vuole sentire, e che ordina ai suoi cortigiani di far scendere la notte e di spegnere il volume per riposare in pace.
Preg.mo Signor Presidente, un Governo che si muove al di fuori dei dettami costituzionali, e che limita arbitrariamente le libertà inviolabili dell’individuo e delle formazioni sociali in cui lo stesso si realizza, mette in discussione l’intero impianto democratico nonché l'immagine stessa del nostro Paese.
Riteniamo pertanto che sia necessaria una più concreta e sempre maggiore progressiva attuazione di tutto ciò che gravita nell’orbita dei principi fondamentali relativi ai diritti dei cittadini, compresa la possibilità di riunirsi pacificamente e manifestare liberamente il proprio pensiero, anche per dissentire l’operato del Ministro dell’Interno, senza che qualche Pubblica Autorità ordini l’osservanza di bizzarre ed illogiche prescrizioni, o peggio ancora neghi in forma preventiva ed astratta (senza averne titolo), la possibilità di esercitare i diritti Costituzionalmente garantiti, nei luoghi che il cittadino ha la libertà di individuare come simbolo in cui riconoscersi in forma singola od associata.
Solo in questo modo, a nostro parere, si evita che la democrazia risenta di quelle situazioni negative che non permettono la formazione di coscienze critiche: la democrazia senza libertà è un non senso e la nostra libertà, a quanto pare, è sempre più spesso limitata, soprattutto, quando si vuole dissentire sull’operato del Governo.
Ecc.mo Signor Presidente, proprio per i sentimenti di affetto che ci legano al nostro Paese, siamo determinati a batterci per la nostra dignità di cittadini italiani tutori dell’ordine, e per l’integrità della nostra Repubblica nata dalla Resistenza, affinché l'Italia confermi di essere nel novero delle democrazie più avanzate del pianeta.
Noi non abbiamo alcuna intenzione di tollerare che nel nostro Paese si realizzi una tirannia mascherata da libertà! Quali poliziotti, ma innanzitutto quali cittadini di questo Paese, non possiamo accettare che, nella NOSTRA Italia, taluni alla prima alzata di voce del potente di turno si genuflettano al punto da negare i diritti consacrati nella NOSTRA Carta Costituzionale!!
“Democrazia” è anche poter esprimere le proprie opinioni liberamente e poter pacificamente dissentire da quelle degli altri.
Abbiamo provato, in questi giorni in cui ci è stato ingiustamente negato il diritto a riunirci e a manifestare il nostro pensiero, a ragionare come taluni vorrebbero che ragionassimo. Abbiamo provato ad immaginare un mondo fatto di un colore unico ed abbiamo dovuto riconoscere a noi stessi che non è nel nostro essere uniformarci alle opinioni di chi comanda per il solo fatto che è questo a deciderlo.
I Padri della Costituzione sapevano che il popolo aveva una coscienza critica e quindi riconobbero loro una serie di diritti, tra i quali vi sono proprio quelli esplicitati negli artt. 17 e 21 e che consentirono tra l’altro, di scrivere all’articolo 1 della stessa Carta Costituzionale che “l'Italia è (e deve essere) una Repubblica democratica”.
Ebbene, oggi forse c’è chi non vuole comprendere la realizzazione di tali “diritti”, o chi fa finta di dimenticarsi che quella cosa che si chiama DEMOCRAZIA non è una velleità, non è un “diversifichiamoci perché non abbiamo che altro fare”, ma è il diritto sacrosanto ad esprimere liberamente opinioni anche diverse, a dissentire dalle assurdità, dalle ingiustizie, e da coloro che ci vorrebbero tutti allineati ed obbedienti.
Quale è la spiegazione “democratica” alla volontà di zittirci? … alla volontà di impedire a noi e a tutti i cittadini di rendere pubblico e nei luoghi desiderati il dissenso, e l’amarezza, per le continue offese ed umiliazioni, per le promesse non mantenute?
Oppure è forse nell’antidemocraticità che dobbiamo cercare le risposte? Forse dobbiamo pensare che è questo che si vuole oggi realizzare?
Siamo assolutamente convinti che Lei, Ecc.mo Signor Presidente della Repubblica, dal Suo Alto Magistero troverà il modo, nell’ambito del dettato costituzionale, di intervenire e promuovere azioni dirette agli Organi Istituzionali, che permettano la completa attuazione della Costituzione Repubblicana e di conseguenza la realizzazione della piena ed autonoma espressione di tutte le libertà.
Ci restituisca, Signor Presidente, il nostro diritto a riunirci pacificamente e a manifestare il nostro pensiero nei luoghi da noi ritenuti più opportuni: ne abbiamo pieno diritto!
RingraziandoLa sin d’ora per la sicura attenzione che dedicherà alla presente, siamo a manifestarLe i più alti sensi della nostra stima e riconoscenza per il Suo operato.
Il Segretario Generale del COISP
Franco Maccari