Cronaca

Lettera di cordoglio di Mons. Bertolone per la scomparsa dell'Arcivescovo Mons. Giuseppe Agostino

CATANZARO, 26 MARZO 2014 - RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
Eccellenza Reverendissima,
con commozione mi stringo a Lei, ai familiari ed all’intera Chiesa che è in Cosenza-Bisignano, per manifestare con la forza di un abbraccio il sentimento di cordoglio che la morte di monsignor Giuseppe Agostino ha provocato anche in seno alla comunità cattolica catanzarese. L’aver perduto un confratello che non ha mai smesso di essere un punto di riferimento, chiamato da Dio a fianco a sé perché possa continuare ad esserlo in eterno, apre un vuoto nella Chiesa calabrese. Soprattutto, porta ad interrogarsi su cosa monsignor Agostino sia stato, nella storia dell’ecclesia calabra, e cosa ancora possa e debba essere.
In queste ore, nella sequela dei ricordi ogni aspetto della sua vita spirituale e del suo ministero pastorale è riemerso prepotente, a delineare la figura di un sacerdote e vescovo che ha inciso, e non poco, nel processo di nuova evangelizzazione del Meridione. Tanto è stato detto, e molto ancora verrà detto, in considerazione della poliedricità e dello spessore, culturale e spirituale, di un uomo che ha guidato le diocesi nel tempo affidate alle sue cure, ma col suo carisma l’intera Chiesa calabrese.

Tuttavia, perché un tale patrimonio di idee e di valori, di indicazioni e di insegnamenti, venga custodito e mai perduto è forse opportuno, specie in questo momento, fermarsi a riflettere e raccogliere, per quanto possibile, l’eredità spirituale che monsignor Agostino lascia alla sua terra ed a tutti noi.
In particolare, egli passa nelle nostre mani il testimone della comprensione e del contrasto del fenomeno mafioso, mediante l’utilizzo delle categorie teologiche e pastorali, prima ancora (e comunque non solo) di quelle sociali ed economiche. Un’intuizione frutto di una riflessione e di un cammino radicato nel tempo e che l’aveva portato già nel 1992, nella terribile stagione delle stragi di mafia, prima dell’anatema lanciato da papa Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi e dell’omicidio di padre Pino Puglisi, a tracciare un solco netto con la lettera pastorale I sacramenti negati ai mafiosi. A schierare senza incertezze la Chiesa sulla linea della chiarezza.[MORE]

In quel suo documento condannava con decisione e coraggio i mafiosi e insieme li invogliava a pentirsi sinceramente, a trasformare le coscienze e i cuori: in poche parole, a convertirsi. Riguardo ai soggetti notoriamente coinvolti in fatti di mafia, determinava una sentenza chiara e definitiva animata dal suo impegno di evangelizzazione e testimonianza. Non avrebbe più ammesso ai sacramenti dell’Eucaristia e del Matrimonio peccatori che non si fossero interiormente pentiti, né li avrebbe ammessi a far da padrini, ad essere organizzatori di feste patronali o di azioni impegnative e pubbliche nella vita della Chiesa. Le loro esequie, da quel momento in poi, sarebbero state celebrate con la sola liturgia della Parola senza celebrazione eucaristica.

La chiave di volta: la risposta non è più mutuata attraverso le sole categorie dell’impegno civile e sociale, ma ad esse vengono affiancate, con convinzione e determinazione, anche quelle ecclesiali. È la verità che squarcia il velo dell’ipocrisia: non esistono mafiosi buoni e mafiosi cattivi, ma una mafia che per dio il potere, da combattere con la Parola, l’esempio, la testimonianza, la coerenza. Proprio come padre Puglisi.
Sembra oggi, era invece ieri: 22 anni fa monsignor Agostino, e con lui la Chiesa calabrese, spazzava via le ambiguità che nel passato pure in qualche occasione non erano mancate, e schiudeva le porte ad una nuova esperienza di fede e di impegno civile e pastorale, di cui sarebbe stata ulteriore tappa, nel 2007, il documento Cec Se non vi convertirete perirete tutti allo stesso modo.

Mai più muti, mai più ciechi. Eppure, molto resta ancora da fare, tante le questioni aperte o irrisolte: i frutti maturati all’albero della nuova alba non sempre sono stati quelli attesi e sperati. Tocca a noi proseguire lungo la strada imboccata: fermarsi, o peggio ancora scartare di lato, sarebbe dare uno schiaffo alla Calabria, disconoscendo il lascito di monsignor Agostino.

Pur nella sofferenza della scomparsa di un confratello al quale molto dobbiamo, in suo nome e nella scia del suo esempio siamo tenuti a seguirne le orme, senza incertezza alcuna. E andiamo avanti, per continuare la sua opera. È l’unico modo per essergli veramente riconoscenti, oltre le parole e la commozione del momento: monsignor Agostino ci mancherà se non saremo in grado di farlo rivivere ogni giorno nella nostra azione pastorale, nella vita della Calabria trafitta da mille problemi, nell’orizzonte della speranza e della fede.

+ Vincenzo Bertolone

(notizia segnalata da Curia di Catanzaro