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Lettera dell'Arcivescovo metropolita, Mons. Vincenzo Bertolone, per il mese di novembre

CATANZARO, 31 OTTOBRE 2013 - In occasione del mese di novembre, l’Arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace, Mons. Vincenzo Bertolone, scrive alla comunità ecclesiale per ricordare che la solennità di Tutti i Santi e la Commemorazione di tutti i Fedeli Defunti “ci sollecitano, a guardare al cielo, dove i santi godono della visione beatifica di Dio, che è Padre, Figlio, Spirito Santo e dove i defunti anelano di approdare a seguito di una vita riconciliata con Dio, sostenuti dalle nostre preghiere di suffragio, per intercessione della Santa Vergine, Madre della Chiesa, sia militante che trionfante, ma anche della Chiesa che è in situazione di purificazione”.

Il titolo della lettera di Mons. Bertolone “Il tuo corpo è seme di chi risorgerà”, riprende il pensiero del grande Padre della Chiesa San’Ambrogio, vescovo di Milano.
«Le solennità del primo e del due novembre - scrive Mons. Bertolone - sono come le due facce dell'unica medaglia della nostra professione di fede, quella per cui, ogni domenica o giorno del Signore, proclamiamo: “Credo la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà”.

La luce della fede - da professare e approfondire nella catechesi di questo meseAggiungi un appuntamento per questo mese - illumina anche il desiderio umano di rimanere, di sopravvivere, di durare, di non morire del tutto. Così si esprimeva ancora Sant'Ambrogio: “Anche se non credi alla nostra risurrezione per fede, se non vi credi per gli esempi, dovrai credervi per l'esperienza. Anche per far maturare gli altri prodotti, come, per esempio, quelli della vite, dell'olivo e di vari alberi, è adatto l'ultimo periodo dell'anno; così, anche per noi, la fine del mondo, quasi estremo termine dell'anno, fissa l'età adatta per risorgere”».

Mons. Bertolone evidenzia come nel nostro tempo il mistero della morte (nella quale anche la corporeità è immessa nei ritmi della sopravvivenza) spesso viene se non proprio deturpata almeno contaminata da altre tradizioni di tipo spettrale, sulle quali si addensano anche certi interessi commerciali e massmediali.

«Certo - scrive Mons. Bertolone -, tante modalità culturali di ieri e di oggiAggiungi un appuntamento per oggi, cercano in qualche modo di esorcizzare la paura della morte, peraltro perpetuando un'arcaica concezione presente già nel cosiddetto “uomo primitivo”, per il quale, essendo la morte non il dato originario bensì qualcosa che è subentrato nella condizione umana, essa va aborrita, anzi evitata.

Nella medesima ottica perfino certe tendenze moderne e contemporanee provano addirittura a segregare il morente in zone “fuori dagli occhi”, in ospedale, in obitorio, o in luoghi di degenza per terminali, quasi a riprova del persistere di un atavico e primigenio timore della morte. Un timore che, invece, il cristianesimo non può condividere, pur non evitando la lacerazione che la questione del dover morire comporta. Anche se la condizione originaria dell'essere umano viene raccontata, dai primi libri biblici, come non soggetta al morire, la morte viene proposta, dal medesimo testo sacro, come conseguenza della trasgressione originaria ma, insieme, anche come il possibile “rimedio” di salvezza, trovando pieno compimento nella morte-resurrezione del Cristo, che ha trasfigurato il significato della morte».

L’arcivescovo Bertolone, dando una lettura teologica sulla risurrezione pone alla comunità ecclesiale questo interrogativo: «Se il crocifisso-risorto ci libera definitivamente dall’opaca negatività del male, se davvero ci sottrae all’assurdo di un dolore senza senso, se redime realmente le creature e lo stesso creato, se vince definitivamente la morte... tutti questi “fatti” non diventano, forse, caparra della nostra vera “sorte”?».

Per Mons. Arcivescovo «siamo tutti chiamati ad una nuova meditatio mortis, anzi a convincerci, a mo' di slogan, che se si vuole morire bene, cioè con la speranza della risurrezione, bisogna vivere bene, cioè cristianamente, meditando la morte di Cristo, confortati dal sacramento dell'Unzione degli infermi, accompagnati dalla liturgia funebre, certi di esser ricordati nelle preghiere di suffragio e d'intercessione, soprattutto nella pratica delle opere di misericordia corporale e spirituale» riproposte dal Mons. Bertolone nella lettera “L'amor che muove il sole e le altre stelle... cardine della vita cristiana” per l’anno pastorale 2013-2014.  [MORE]


Notizia segnalata dall’ufficio stampa curia di Catanzaro