Cultura e Spettacolo
Leggo Palmerini da tempo e mai una sua opera mi ha deluso - Note di lettura del volume "Il mondo che va"
E’ stato presentato ieri sera a L’Aquila, città natale del giornalista e scrittore abruzzese Goffredo Palmerini, il suo dodicesimo libro “Il mondo che va”, pubblicato qualche giorno fa per le Edizioni One Group e già disponibile presso i principali Store di vendita online di libri. L’evento, aperto con alcuni canti popolari e natalizi di un prestigioso gruppo vocale aquilano, il Coro della Portella, ha visto una bella cornice di pubblico seguire gli interventi d’un ricco panel di relatori, quali la giornalista e scrittrice Giovanna Chiarilli (già autrice per la Rai di programmi di servizio per agli Italiani nel mondo), il giornalista e scrittore Angelo De Nicola (che ha sostituito Mario Narducci assente per un’influenza), la presidente della casa editrice Francesca Pompa e l’Autore stesso del volume, moderati dalla giornalista Michela Santoro. Queste che seguono le annotazioni di lettura del libro di Palmerini, scritte a caldo dopo una completa immersione nelle storie raccontate in quest’ultimo lavoro del fecondo scrittore aquilano.
Una sorgente che con la sua acqua limpida e fresca irrora diversi campi attraverso più canali. Mi viene in mente la metafora di Francesco Lenoci raccontata in una conferenza all’Università di Bari, tanti anni fa: Una vecchietta percorreva un sentiero con un secchio in spalla. Un contadino l‘avvertì che da un buco il secchiello perdeva acqua, e lei rispose: “Non è acqua che si perde: disseta i fiori che sbocciano sul bordo della strada”.
Penso spesso a Goffredo Palmerini, narratore appassionato, lucido. Uomo instancabile, dinamico, tenace come tutti gli abruzzesi. Non indugia a salire su un aereo e partire per un Paese lontano per scoprire storie da cucire con la pazienza e l’arte del sarto: storie di connazionali che a suo tempo lasciarono la propria terra per andare a cercare lavoro e pane. In ogni città, in ogni borgo oltre confine vivono italiani espatriati e lui li avvicina.
Un proverbio di secoli fa asserisce che “passeri e fiorentini sono per tutto il mondo”. Chi va via pianta nel luogo di arrivo le proprie radici, da cui crescono alberi modesti o imponenti, pini o querce ulivi o mandorli. Dal sacrificio, dall’emarginazione, dalle randellate, dalle derisioni si sono costruiti uomini come una roccia che dirigono aziende, fattorie, giornali e fanno onore al Paese. Palmerini ha bussato a mille porte, e continua a farlo, alla ricerca di vite da sgranare nei suoi libri.
“Solo recentemente ho potuto riprendere con qualche tranquillità le visite alle nostre comunità all’estero…”, ed è nato “Il mondo che va”, il dodicesimo volume pubblicato da One Group, presentazione di Mario Narducci; prefazione di Patrizia Tocci. La pandemia ha fatto disastri, cambiando un po’ le nostre abitudini, spazzando progetti, facendo chiudere cantieri, mercati, costringendoci alla clausura o come dice qualcuno agli arresti domiciliari. Con qualche eccezione fra i giovani, che scalpitano. E ha fermato un po’ anche lo scrittore. Adesso, l’ansia, il timore, i lutti si sono attenuati e covid lascia il posto alle polemiche, alle proteste e lo scrittore è tornato a sedersi alla scrivania a confezionare un’opera ricca di avvenimenti, affreschi, personaggi, descrizione di luoghi, paesaggi, con il suo stile sciolto, amabile, agile, efficace.
Ed ecco la personalità che apre le pagine: “Ci eravamo abituati alla tua vitalità, caro don Attilio. La tua età di 95 anni era bugiarda rispetto alla giovinezza elegante della tua persona, alla sapienza del tuo pensiero giuridico, alla ricchezza della tua cultura, alla freschezza della tua ironia, all’amore della tua (nostra) terra, al calore del tuo impegno civile. E all’eclettismo della tua vita intensa come emigrante in Venezuela, fondatore di un giornale baluardo nella difesa degli italiani e giornalista dalle stupefacenti risorse”. Attilio Maria Cecchini, “una vita da romanzo”. Nato all’Aquila da una famiglia abbiente, studiò giurisprudenza, poi prese il volo per il Venezuela e dette vita a un giornale. Faceva il corrispondente di “Paese Sera”, conobbe Gabriel Garcia Marquez, intervistò Juan Domingo Peròn; nel 1959 doveva intervistare Fidel Castro, quando risalì a bordo di un aereo e fece ritorno in l’Italia, dove indossò nuovamente la toga. Si torna spesso al nido. Come le aquile.
Sono tutte interessanti le figure che Palmerini delinea nel suo libro. Molte di livello internazionale. Come Franco Marini, che fu un grande sindacalista e politico. “Presidente emerito del Senato, già ministro del Lavoro e segretario generale della Cisl”. Palmerini gli fu vicino per parecchi anni. Tra l’altro li univa la comune appartenenza al corpo degli Alpini, entrambi sempre presenti alle manifestazioni delle Penne Nere, ovunque si svolgessero. “Mi piace richiamare la semplicità del suo tratto, la bonomia e l’austera sobrietà che ha contrassegnato la sua vita pubblica. E l’attaccamento alla sua terra, a San Pio delle Camere, dove era nato 87 anni fa e dove aveva sistemato la sua casa modesta, dove volentieri tornava, quindi all’Aquila e all’Abruzzo…”.
Goffredo Palmerini apprezzava Marini, il suo legame con le antiche amicizie, con la gente della sua terra natale. Per molti anni ha avuto anche la possibilità di condividere con lui giornate costruttive, di sostenerlo nella sua attività pubblica e istituzionale, “da quando nel 1992 entrò in Parlamento, ma soprattutto nella vita di partito, dapprima nella Democrazia Cristiana, poi nel Partito Popolare e nel Partito Democratico”. E da alpino “non posso non rilevare il valore dell’alpinità”.
Leggendo le pagine di Goffredo Palmerini si scoprono sempre cose che il lettore ignorava o che aveva dimenticato. L’autore le racconta nel dettaglio. Gli piace scavare dentro i personaggi, scrutarli, esplorarli, per presentarli a tutto tondo. Da un costruttore a un altro. “La pandemia confina, ma non ferma l’effervescenza della ‘chef’ vastese Rosanna Di Michele. Ne ha privato, per il momento, le possibilità del suo dinamismo, confinandola in Abruzzo. Le ha privato di coltivare quella sua consuetudine nella diffusione dei sapori abruzzesi in ristoranti locali tipici, di New York in particolare, ma anche di altre città degli Stati Uniti, laddove ormai è considerata un’ambasciatrice del gusto culinario e dell’enogastronomia della nostra regione. Chi scrive è stato più volte testimone diretto delle sue apprezzatissime ‘performance’, nel corso di alcune delle annuali missioni che ho svolto nella Grande Mela, di solito in ottobre, per partecipare alle manifestazioni del Columbus Day e dell’Italian American Heritage & Culture Month, il mese della cultura italiana nella metropoli nordamericana, che presenta ogni anno un ricchissimo programma di eventi teatrali, musicali, letterari, artistici e di ogni altro genere”.
Palmerini l’ha vista dunque all’opera, Rosanna, presso il Consolato generale d’Italia, a Eataly, al ristorante Donna Margherita, al Westchester Italian Cultural Center… E quindi sa molto bene quello che dice. Palmerini è un pozzo di San Patrizio: conosce fatti, uomini, situazioni, storie, avvenimenti. Tra l’altro, ha una memoria inossidabile. Deve essere orgoglioso del mondo che narra quasi pacatamente, senza enfatizzazioni.
Nella presentazione Mario Narducci dice “i volumi di Palmerini sono un appuntamento irrinunciabile. Sono la sintesi di un’attività frenetica che la sua vivacità culturale e il suo amore per una storia di amarezze e di glorie, quale quella dell’emigrazione, hanno saputo tessere con capacità organizzative e risultati positivi acclarati. Goffredo Palmerini, già membro del CRAM, l’organo istituito dalla Regione Abruzzo per mantenere saldi i rapporti tra gli emigranti e la loro Patria è riuscito negli anni con destrezza e puntigliosità dove le istituzioni si erano sempre arrestate”.
Giornalista e scrittore famoso e apprezzato, uomo dall’intelligenza raffinata, dalla cultura profonda, trascorre chissà quante ore al giorno tra viaggi, partecipazione ad eventi, incontri con persone umili e altre importanti che hanno conquistato la poltrona con sacrifici e sofferenze e la stesura del volume. Questa volta è stato dopo tre anni a New York, dove il suo nome è noto e apprezzato da direttori di giornali, sindaci, docenti, imprenditori… E non solo nella Grande Mela, ma anche in Canada, in Brasile, in Argentina… Insomma Palmerini nel mondo.
Non c’è bisogno che il sottoscritto raccomandi di leggere “Il mondo che va”, dedicato a Papa Francesco (“Dopo Celestino V ha fatto all’Aquila il dono più grande”). I “fans” di Goffredo sanno già che devono leggere questo libro, anzi lo aspettano. Perché come dice Narducci l’aereo atterra e Goffredo Palmerini si mette al computer per rendere conto dei fatti che ha visto e delle storie che ha ascoltato. Chi può dire di conoscere il mondo dell’emigrazione come lui? Chi lo ama come lui, che lo segue da anni, ascoltando le mille voci come un sacerdote ogni giorno nel confessionale e alla Messa della domenica?
Leggo Palmerini da tempo, fin dal giorno che presentò un suo libro nella sede di una banca a Milano, al tavolo dei relatori il Professor Francesco Lenoci. E mai una sua opera mi ha deluso. Patrizia Tocci scrive: “Goffredo Palmerini fa sempre un passo indietro quando scrive. Un po’ come quando lo incontri, che prima ti guarda sorridendo e poi ti abbraccia e in quel sorriso c’è già tutto il “personaggio”. Perché Goffredo è “personaggio antipersonaggio” e tutta la sua opera lo dimostra. E’ capace di far parlare gli altri nei suoi testi, mettendosi da un lato e raccomandando, come una voce fuori campo, in un bel servizio giornalistico che resta a lungo nella memoria. Palmerini fa questo e non solo questo”. Palmerini è un cronista vero che coinvolge il lettore e tiene sempre desta la sua attenzione.
Franco Presicci - giornalista e scrittore