Politica
Legge elettorale, c'è la terza fiducia
ROMA, 12 OTTOBRE - Al via alla Camera il voto sulla terza fiducia posta dal governo sulla legge elettorale (ieri il sì alle prime due fiducie), in particolare sull'articolo 3. C'è la fiducia, nel pomeriggio l’esame dei restanti articoli 4 e 5 del provvedimento, quindi la discussione degli ordini del giorno e infine il voto finale a scrutinio segreto, sul quale pesa l’incognita franchi tiratori. [MORE]
Il capogruppo Pd Rosato, che ha dato il nome alla legge elettorale, intervistato ad Agorà, ha difeso il ricorso alla fiducia: «È prevalsa la volontà di andare fino in fondo, dopo aver raggiunto un accordo in commissione con un lavoro molto faticoso. L’equilibrio era fragile, come sempre accade sulle leggi elettorali, e questo equilibrio non poteva essere messo in discussione con 120 voti segreti, che sono un’aberrazione». Il candidato premier M5S Luigi Di Maio, invece, ha annunciato una «veglia» per la democrazia in piazza: «La battaglia non finisce qui. Giovedì sera - ha detto ieri dal palco di piazza Montecitorio - quando ci sarà il voto finale sulla legge elettorale, noi faremo una veglia».
Ieri, intanto, in Aula si è verificato quello che i gruppi avevano annunciato: le due fiducie sono passate con i voti di Pd, Ap, Civici e Minoranze linguistiche, mentre FI e Lega sono usciti dall’Aula per marcare il loro accordo sulla legge. Il «no» è giunto da M5s, Mdp e Fdi. Alla fine, nella prima fiducia si sono registrati 307 sì, 90 no e 9 astenuti, mentre nella seconda ci sono stati 308 sì, 81 no e 8 astenuti. Le astensioni sono arrivate da quanti nella maggioranza hanno definito «inopportuna» la fiducia, come alcuni deputati di Des-Cd o, nel Pd, Gianni Cuperlo. Dissenso anche da Rosi Bindi, che ha votato la fiducia ma dirà «no» alla legge nel voto finale.
Sul voto finale si concentra il lavoro diplomatico per evitare che i “malpancisti", sia dentro il Pd che dentro Fi, si sommino nel voto segreto. «Difficile che con un colpo solo si riesca ad affossare la legge», prevedono anche dall'opposizione. Poi l'idea sarebbe di portare la legge al Senato prima dell'approdo in Aula, verso il 25, della legge di bilancio. E di blindarla con la fiducia. E «non è vero che al Senato non ci possono essere voti segreti, basti pensare a emendamenti sulle minoranza linguistiche», spiegano fonti di maggioranza.
A Palazzo Madama, allora, si ragiona: la fiducia passerebbe con il non voto di Forza Italia, per bilanciare il voto contrario di Mdp. A quel punto si alzerebbe di fatto il sipario sulla campagna elettorale. E le piazze di oggi per Renzi sono solo l'anticipo della battaglia contro il Pd che si consumerà nei prossimi mesi. L’ex premier ha già scelto le parole d’ordine: il Pd, che sarà «un rassemblement di forze» proprio grazie al Rosatellum, è «l’unica sinistra» e chi - dice colpendo gli ex dem - «continua a sparare contro il Pd indebolisce l’argine ai populismi, a M5S e a Berlusconi-Salvini». Parole che non seguono il percorso di quelle di apertura usate nell’ultima direzione Dem verso Mdp e che chiamano al voto utile.
Claudio Canzone
Fonte foto: leggo.it