Cronaca

Legambiente denuncia: il 94% degli edifici scolastici a rischio crollo in Sicilia

PALERMO, 2 GIUGNO 2012 – Mentre in Emilia-Romagna nel chiacchiericcio politico post-terremoto da più parti si evidenzia come «la politica industriale a livello nazionale sulla costruzione di questi fabbricati [le aziende crollate, ndr] è una politica suicida», come ha sottolineato in questi giorni il procuratore capo di Modena Vito Zincani, nonostante tale modus operandi fosse noto già prima e a Roma ci si preoccupa della sobrietà di un'anacronistica sfilata militare voluta da chi quella politica “suicida” avrebbe tutto il potere di cambiarla in una manciata di minuti, Legambiente lancia l'allarme: in Sicilia su 642 edifici scolastici su 697 in caso di terremoto potrebbero crollare. Circa il 94% delle scuole siciliane – dato che non tiene però conto della situazione di Agrigento e Siracusa, non entrate nell'”XII Rapporto di Legambiente sulla qualità dell'edilizia scolastica, delle strutture e dei servizi nel 2011”, elaborato sulla base dei dati forniti dalle amministrazioni comunali – rientrano oggi in quei fabbricati costruiti sotto regime di «politica suicida» alla quale va aggiunta una serie di scelte politiche nel comparto scolastico (prima fra tutte la costituzione delle “classi pollaio”) che qualora dovesse verificarsi un terremoto nell'isola – come alcuni sismologi hanno evidenziato nei giorni scorsi – porterebbe nuovamente alle lacrime politiche ed alla “strage” scritta sui giornali essendo coinvolti circa 167mila studenti tra scuole elementari e medie.[MORE]

Dal rapporto emerge come meno di un quarto degli edifici, il 18,82% – in alcuni casi neanche pensati per diventare plessi scolastici – sia costruito tenendo conto dei criteri sismici ed un altro 18,84% sia stato sottoposto a verifica di vulnerabilità sismica. Molto, come abbiamo imparato in questi ultimi giorni, dipende anche alle leggi in materia vigenti nel periodo in cui gli edifici sono stati costruiti e che, in Sicilia, corrisponde per lo più ad un periodo compreso tra il 1940 ed il 1990, nel quale è stato costruito circa il 70% degli edifici (il 46,41% tra il 1940 ed il 1974; il 22,55% tra il 1974 ed il 1990). Più della metà degli edifici, continua il rapporto, necessita di interventi urgenti. Ed è tenendo conto di quella «politica industriale suicida» che lo scorso anno sono stati dimezzati gli investimenti per la manutenzione straordinaria, coerentemente con la politica dei tagli degli ultimi anni, passata dai 51mila 265 euro del 2009 ai 15mila 611 euro del 2011. Cresce, invece, la spesa per la manutenzione ordinaria, passata dai 2mila 296 euro del 2009 ai 7mila 190 euro dello scorso anno.

I dati, che fanno seguito all'allarme lanciato da Alessandro Martinelli, presidente del centro ricerche Enea di Bologna, sono di facile fruizione per chiunque voglia conoscerli.
Nel suo insieme questo paese non può più aspettare l'ennesima tragedia per chiedere che la classe partitica intervenga a sanare situazioni ben note ma accantonate, basti considerare che mentre in Emilia-Romagna le scosse sismiche non si fermano, i partiti si concentrano sul finanziamento pubblico, la legge elettorale o le “aperture” a destra e a sinistra invece che su una politica edilizia che imponga di usare il cemento quando c'è da usarlo o di attenersi alle leggi sismiche. Non possiamo più permetterci, insomma, di tagliare il necessario sperperando il superfluo.
Anche perché la prossima volta non ci sarà alcun 2 giugno sul quale far sfogare i cittadini.


(foto: comitatoscuolapubblica.wordpress.com)
Andrea Intonti [http://senorbabylon.blogspot.it/