Interviste
Le Voci dell'Eco, intervista all'autrice Daniela Rabia
Catanzaro, 27 Marzo - Daniela Rabia ama la vita, la Calabria, la calabresità e la letteratura. Animata da questo amore, nel suo terzo libro, Le Voci dell'Eco, ha voluto raccontarci quella scelta determinante che, almeno una volta nella vita, ogni calabrese ha dovuto fare, andare o restare. A dover scegliere è Goy, giovane studente all'ultimo anno dell'Istituto Agrario che vive in un borgo della Calabria, nome di fantasia Speriolo. Se ne sta tutto il giorno su un monte che domina dall'alto il paese. Soltanto lì trova il senso delle cose, soltanto lì si sente veramente libero. Per tutti gli altri lui è 'U stranu' , 'U solitariu'. Per lui, che non sopporta il pettegolezzo e l'ipocrisia, strani sono gli altri, coloro che non sanno stare soli e si ammucchiano per fare qualsiasi cosa. E' un monte speciale, lo ha scelto per allontanarsi da tutti e invece si è ritrovato tutto il paese e il suo vociare proprio lì, soltanto con un po' di ritardo. Sogna da sempre di prendere la maturità e andare via ma, ascoltando l'eco delle voci dei bambini, delle donne e degli uomini, ma anche dei silenzi di alcune case, riesce a guardare il paese da un'altra prospettiva e intuisce che deve, prima, capire cosa vuole dalla vita, e poi, dove lo vuole. Giorno dopo giorno scopre l'importanza della famiglia, il valore dell'amicizia e la bellezza dell'amore. Quel paese che prima provocava rabbia e dolore, gradualmente diventa un tesoro. Quella scelta maturata in tanti anni di vita non è più così certa. Daniela, di fronte alle difficoltà, ci invita a cambiare la direzione del nostro sguardo ma, soprattutto, a cercare in noi la voce da ascoltare. Saverio Fontana l'ha intervistata per il lettori di Infooggi.it
Daniela, quali sentimenti hanno ispirato "Le voci dell'eco"?
Una prima ispirazione è nata ascoltando spesso la canzone “Case popolari” inserita nel c.d. Bene del cantautore di Sersale Carmine Torchia. Ad ispirare il romanzo sono stati poi i giri fatti in Calabria in molti paesi dell’entroterra con “Matilde. Non aspettare la vita non ti aspetta” e il constatare di persona una tendenza notevole allo spopolamento. Il mio protagonista è un giovane che resta e s’inventa la vita e un lavoro in un paese di circa 1500 anime, Speriolo.
"Da qui tramonta ogni giorno la mia voglia di esistere e risorge ogni mattina quella di resistere" (Goy). Quanto è difficile oggi per un giovane calabrese resistere e non andare via?
Intanto non credo che andare via sia semplicissimo sia per ragioni emotive sia per ragioni pratiche. Sia allontanandosi che rimanendo in questa terra la cosa difficile è riuscire a realizzare i propri sogni. Questo richiede una capacità di guardarsi dentro e riconoscere la propria vocazione e il proprio talento per poi tirarlo fuori, portandolo alla luce. A diciassette - diciotto anni, l’età di Goy, il protagonista de’ “Le voci dell’eco”, quest’operazione non è agevole perché richiede una maturità e un vissuto alle spalle non da poco. Qualcuno si coglie subito, altri richiedono più tempo per conoscersi e vivere secondo le proprie passioni.
"Smetti di guardare nella stessa direzione e cambia angolazione di tanto in tanto" (Berto). Verso cosa dovrebbero volgere il loro sguardo questi giovani per trovare il motivo per restare?
Dentro se stessi e intorno in tutta la bellezza che li circonda. Io però- attenzione- non dico che a tutti i costi si debba restare. Lo fa il mio protagonista, lo fanno alcuni giovani. Io penso che si deve riuscire ad essere liberi di scegliere se andare o restare. E ad oggi questa libertà in Calabria non è piena.
"La vita seleziona col tempo chi vale" (Goy). In una terra dove la meritocrazia stenta a decollare, quali consigli ti senti di dare a quei giovani che non si sentono valorizzati?
Di credere in se stessi contro tutto e contro tutti. Appena inizi a credere in te, infatti, orienti verso questo tutte le tue azioni e prima o poi anche gli altri vedranno una luce che all’inizio brilla solo nei tuoi occhi. E se ciò non dovesse accadere si può vivere all’ombra degli altri e nella luce di se stessi. La cosa tragica è riuscire a vivere alla luce degli altri ma all’ombra di se stessi.
"Le grido il mio dolore e la rabbia che mi ha fatto prima, quando credevo di non appartenerle, e quella che mi fa adesso che mi avvinghia a sé con la forza dell'amore" (Goy). Daniela Rabia e la Calabria, soltanto amore o anche rabbia?
La Calabria per me è un grande amore da sempre. È la mia terra, è la mia vita. In amore ci si arrabbia anche, altrimenti il sentimento non sarebbe vero. Di questa terra mi fa rabbia per esempio una certa incapacità di fare rete realmente e non a parole ma come scrive Ernest Hemingway “a dirle, le cose belle non succedono”, mi fa rabbia il fatto che la Calabria non riesca ancora a tirare fuori tutte le sue potenzialità ed esprimerle. Tante altre cose ma certamente l’amore supera tutto e credo che la rabbia determinata e lucida e non l’ira cieca siano un buon motore per partire e sbloccare alcune situazioni per viaggiare. Ma poi- è bene dirlo- si deve viaggiare trasformando la rabbia in amore e non in rancore. [MORE]
"Sono stati i libri a farmi compagnia nella mia solitudine" (Goy). Sei una grande lettrice, quanto è importante leggere per te?
Importantissimo. La lettura è una forma di compagnia e una forma d’arte. Come ho sentito affermare a Chiara Valerio a Tropea qualche anno fa, anche “Io scrivo leggendo”.
Chiudiamo anche questa volta con il bellissimo disegno in copertina di Antonella Rabia. E' l'immagine perfetta di Berto. E' nato prima Berto o prima il disegno?
Anche questa volta, nel mio terzo libro, è nato prima il disegno ripescato da un cassetto che contiene tanti disegni di mia sorella Antonella. Dopo aver scritto il romanzo ho frugato in quel cassetto per cercare la copertina. Questa volta sulla base del disegno si è innestato un lavoro di grafica di Salvatore Chiarella che ringrazio perché ha reso nell’immagine quel che ho voluto esprimere con le parole.
Saverio Fontana