Fantasticherie del cuore

Le parole vuote che passano il turno!

È bene oggi guardarsi intorno, osservare e raccontare il vocio ordinario dell’uomo. Nei bar trionfa il calcio, specie se di lunedì. Qualcuno dopo il caffè evoca la politica del passato, mentre qualche altro plaude al sistema che domina le istituzioni del presente. Questione di gusto, spesso alterato! Seduti ad un tavolino in fondo alla sala, cappuccino caldo, cornetto alla marmellata ed una bottiglia di acqua minerale sul piano lucido blu, alcuni signori in giacca e cravatta commentano ad alta voce l’ultima chiacchera paesana.

Nell’aria brulla del mattino il suono delle campane del duomo vicino invita con sicura compostezza la gente a seguire la messa delle sette e trenta. Qualcuno ci fa caso! È la prima volta che consuma la colazione in quello stesso bar. Alla fermata dell’autobus decine di persone si nascondono dentro il cappotto e il cappuccio di lana. Non parla nessuno. Fuma la bocca, mentre il primo mezzo che passa, pieno all’inverosimile, non permette a nessuno di salirci sopra. Dentro e fuori si borbotta senza motivo persino contro il Colle e il Vaticano.

Una coppia giovane entra in chiesa, prega per qualche minuto, poi con il cuore sereno sale sul prossimo autobus ora mezzo pieno. I ritmi della giornata sono ormai a pieno regime, mentre un mare di parole dette e non dette svaniscono nel nulla, cadono nel vuoto. Un canto leggero al Signore sostituisce i rintocchi ammainati delle campane. Le letture della santa messa lasceranno nel cuore dei presenti un significato eterno che guiderà la giornata nel lavoro, per strada, nelle relazioni, nell’ascolto, nei dialoghi a macchia di leopardo fino a sera.

La parola santa è una compagna di vita e riempie, se intesa, i vuoti lasciati nelle pause quotidiane, a tavola con amici e familiari, nei posti attivi e lavorativi, nel bar, nel tram. Nessuno però si accorge delle scorciatoie esistenziali mattutine ormai scadute. “Così fan tutti” farebbe eseguire sul palcoscenico Amadeus Mozart, mutando al plurale maschile per una serata la (e) finale del virgolettato. Scrive il teologo: “Nessuna Parola di Dio è mai caduta a vuoto. Essa resiste ad ogni fuoco. Il fuoco tutto consuma o trasforma. Nulla può contro la Parola del Signore.

Neanche il fuoco eterno la può consumare”. Le Sacre Scritture richiamano l’uomo su questa tema centrale in ogni istante della vita. Lo fanno sebbene il sipario che lo stesso cristiano fa calare su di esse. Il teologo evidenzia in proposito i Proverbi (30, 6): “Ogni parola di Dio è purificata nel fuoco; egli è scudo per chi in lui si rifugia. Non aggiungere nulla alle sue parole, perché non ti riprenda e tu sia trovato bugiardo”. Chi vive la parola di Dio non ha bisogno di modificarla, truccarla, incipriarla, nasconderla.

Va per il suo sentiero tranquillo con il cuore sereno, pur se l’altro non sente, non capisce, non corrisponde. Le persone in genere hanno invece bisogno di cambiare, affinare, rivoltare, colorare, occultare le parole proferite loro dal Dio “fai da te” e dalle tante teorie filosofiche e religiose cucite su misura. Quando manca il Signore tutto è poggiato solo sull’uomo. Si taglia fuori l’eternità e l’oggettività divina. Tutto è personale e la parola gira e rigira su sé stessa per conquistare un qualcosa che alla fine, qualunque sia il campo d’azione, non porterà i risultati e la felicità inseguiti.

La nota teologica di riferimento sottolinea che la parola di Dio non scherza mai nell’avvisare i tempi del bene e del male. Quella dell’uomo amplifica in negativo gli inviti verso l’altro a secondo il proprio interesse, falsando la verità. Non a caso la società barcolla e aspetta invano un rinnovamento sociale che non arriva. Quello che manca non lo si può sostituire in modo serio senza l’assunzione della parola di Dio, quale stile di vita nel ruolo che si occupa e nel rapporto che si tiene con gli altri.

Il teologo con saggia determinazione aggiunge che “Gli uomini spesso sono come i generi di Lot. Lot li avvisa perché escano dalla città e a loro sembrava che il suocero volesse folleggiare”. Il teologo suggerisce a questo punto di aprire il libro della Genesi al capitolo 19,14 dove si legge: “Lot uscì a parlare ai suoi generi, che dovevano sposare le sue figlie, e disse: «Alzatevi, uscite da questo luogo, perché il Signore sta per distruggere la città!». Ai suoi generi sembrò che egli volesse scherzare”. Il bugiardo pensa sempre che tutto attorno e bugia e senza pensare infila le parole di Dio in questo raffronto terreno.

La sua vita è così tagliata fuori da una esistenza migliore che in genere sembra permettere ad ognuno di compiere qualsiasi azione. Ciò che piace diventa stabilmente ciò che si può fare. Chiarisce il teologo rivivendo il Qoelet: “Poiché non si pronuncia una sentenza immediata contro una cattiva azione, per questo il cuore degli uomini è pieno di voglia di fare il male; infatti il peccatore, anche se commette il male cento volte, ha lunga vita. Tuttavia so che saranno felici coloro che temono Dio, appunto perché provano timore davanti a lui, e non sarà felice l’empio e non allungherà come un’ombra i suoi giorni, perché egli non teme di fronte a Dio” (Qo 8,13).

Di seguito lo stesso libro del Qoelet entra ancora una volta con grande verità nel cuore di tale incognita. Lo fa sollecitando la presenza del timore di Dio nel cuore dell’uomo e tracciando infine la strada per non scadere come persona e come comunità: “Conclusione del discorso, dopo aver ascoltato tutto: temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché qui sta tutto l’uomo. Infatti, Dio citerà in giudizio ogni azione, anche tutto ciò che è occulto, bene o male.” (Qo 12, 13-14).

In poche parole viene regalata dal cielo agli esseri umani la fonte per dissetarsi in eterno. Perché non si va quindi in questa direzione? Perché nessuno vuole rinunciare a qualcosa che desidera, pur se fuori la legge del Signore. Le regole alte, come quelle dei comandamenti e del vangelo, se rispettate elevano l’uomo oltre la schermaglia terrena, facendolo entrare nel mistero dei misteri. Il teologo del Signore infine invitando ogni cristiano a rileggere Matteo 24,15-31, eleva il suo pensiero al sevizio del prossimo.

“Noi, suoi discepoli, possiamo deridere la sua Parola e dichiararla non vera, ma essa infallibilmente si compie nel tempo e alla fine del tempo per l’eternità che è senza fine. Il compimento non dipende dalla nostra fede o non fede. I frutti del compimento sono però dalla nostra fede e dalla nostra non fede. Chi crede e obbedisce nel giorno del giudizio si salverà. Chi non crede e non obbedisce finirà nella morte eterna. Il giudizio di Cristo Gesù che è essenza della rivelazione sia dell’Antico che del Nuovo Testamento oggi dalla penna menzognera dei moderni scribi è stato dichiarato inesistente”.

Come si fa a sospendere Cristo nella propria vita e confidare negli Scriba di un Dio soggetto a variazioni umane e nei nuovi Farisei con o senza auto blu? Al mondo converrebbe credere in Cristo e la sua Parola e bloccare le parole vuote che tendono instancabili a passare il turno.


Egidio Chiarella

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