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Lavori eseguiti dal condomino sulle parti comuni: diritto al rimborso o arricchimento senza causa?
COSENZA, 30 LUGLIO - Qualora un condomino esegua lavori sulle parti comuni senza l’approvazione dell’assemblea o la richiesta dell’amministratore in assenza del requisito dell’urgenza previsto dall’art. 1134 c.c. non avrà comunque diritto al rimborso delle spese anticipate. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza n. 17027/2018, depositata il 28 giugno. [MORE]
Il caso. Un condomino, sostenendo che ve ne fosse l’urgenza e la necessità, eseguiva dei lavori su parti comuni (sottotetto) del Condomino; successivamente conveniva davanti al Tribunale competente gli altri condomini rimasti inerti affinché quest’ultimi fossero condannati a rimborsargli le spese di propria spettanza, pari ad Euro 13.558,48, che lui aveva anticipato per l'esecuzione dei lavori stessi. Si costituivano i convenuti, i quali in via preliminare, chiedevano la sospensione del giudizio di primo grado ai sensi dell'art. 295 c.p.c, risultando pendente, avanti il medesimo Tribunale adito, la causa promossa dallo stesso attore, ed avente ad oggetto l'accertamento della proprietà esclusiva del sottotetto dell'edificio in suo favore; nel merito, contestavano le pretese attoree ed, in particolare, lamentavano che lo stesso si era attivato autonomamente per svolgere i lavori di rifacimento della copertura. Assumevano, inoltre, che non si trattava di riparazioni urgenti (bensì di innovazioni gravose e voluttuarie) e che, pertanto, la proposta doveva essere deliberata dall'assemblea di Condominio ai sensi dell'art. 1334 c.c.. Peraltro, la mancata deliberazione di progetto e appalto da parte dell'assemblea condominiale e le concrete modalità con cui l’attore aveva preteso di condurre i lavori avevano precluso la possibilità di godere delle detrazioni d'imposta previste dalla legge per simili opere. La causa veniva istruita mediante c.t.u. sull'immobile per accertare la natura, l'entità ed i costi delle opere eseguite presso la copertura dell'edificio, nonché i costi da porsi a carico dei singoli proprietari in base ai rispettivi millesimi (tenuto anche conto delle diverse ipotesi prospettate dalle parti circa la proprietà del sottotetto). Il giudizio de quo veniva, pertanto, sospeso e poi, depositata sentenza dell’altra causa che aveva respinto la domanda di proprietà esclusiva, riassunto con decisione finale respinto le domande dell’attore in quanto “il CTU non aveva riconosciuto l’urgenza degli eseguiti lavori per la conservazione ed il godimento delle parti comuni ed in quanto detti lavori avrebbero potuto essere autorizzati soltanto dall’amministratore e dall’assemblea”.
Avverso la sentenza del giudice di primo grado l’attore proponeva appello innanzi alla Corte di Appello territoriale la quale modificava in parte la decisione del giudice di prime cure condannando, in via solidale fra loro, i condomini che non avevano partecipato alla esecuzione dei lavori a rimborsare l’attore a titolo di arricchimento senza causa l'importo di Euro 12.204,64 in favore dello stesso (cioè pari alla somma richiesta dall’attore, detratto però il 10% a titolo di iva agevolata), oltre ad interessi legali dalla domanda di secondo grado al saldo.
Avverso la sentenza del giudice di secondo grado i soccombenti proponevano ricorso per cassazione con due motivi di doglianza. La Cassazione, quale giudice della legittimità, a sua volta riformava la decisione della Corte di merito ritenendo non ricorrere nel caso di specie i presupposti per l’applicazione dell’arricchimento senza causa. Secondo il Supremo Collegio “per principio generale, l'azione di arricchimento senza causa non può rappresentare uno strumento per aggirare divieti di rimborsi o di indennizzi posti dalla legge; mentre, nel caso di specie (nel quale le opere sono state ritenute non urgenti), opinando diversamente, si finirebbe con l'ammettere l'iniziativa non autorizzata del singolo condomino nell'amministrazione del Condominio”. In definitiva, gli Ermellini, sulla scorta delle precedenti decisioni (Cassazione, Sez. II, sentenza n. 20528 del 30/08/2017) ribadivano “al condomino - al quale non sia riconosciuto il diritto al rimborso delle spese sostenute per la gestione delle parti comuni, per essere carente il presupposto dell'urgenza (richiesto dall'art. 1134 c.c.) - non spetta neppure il rimedio sussidiario dell'azione di arricchimento senza causa: sia perché detta azione non può essere esperita in presenza di un divieto legale di esercitare azioni tipiche in assenza dei relativi presupposti sia perché - nel caso in cui la spesa, per quanto non urgente, sia necessaria - il condomino interessato ha facoltà di agire perché sia sostenuta, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1133 c.c. (con ricorso all'assemblea) e 1137 e 1105 (con ricorso all'autorità giudiziaria), con conseguente inesperibilità dell'azione ex art. 2041 c.c. per difetto del carattere della sussidiarietà”. Pertanto, all’azione di arricchimento senza causa si potrà legittimamente ricorrere solo qualora esista il presupposto della sussidiarietà: cioè quando non siano utilizzabili differenti azioni previste dal nostro ordinamento, e non quando, come nel caso di specie, un’azione sia stata correttamente esperita seppure in assenza (rilevata dal Tribunale) dei suoi necessari elementi di merito.
Per tali motivi la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso dei ricorrenti, cassava senza rinvio la sentenza impugnata e compensava le spese processuali.
Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express