Chiesa e Società
L'Arcivescovo Mons. Bertolone nella Casa Circondariale di Catanzaro "Ugo Caridi"
L'Arcivescovo Mons. Bertolone nella Casa Circondariale di Catanzaro "Ugo Caridi" per la celebrazione della Via Crucis
CATANZARO, 10 APR - Questa mattina, alla ore 11, l'Arcivescovo Metropolita di Catanzaro-Squillace, Mons. Vincenzo Bertolone, presidente della CEC, ha voluto pregare con la Via Crucis assieme agli ospiti della Casa Circondariale di Catanzaro "Ugo Caridi".
Un momento spirituale del Venerdì Santo, per poter far sentire a tutti la vicinanza e l'affetto del Vescovo.
La preghiera si è svolta all'interno del campo sportivo dell'istituto penitenziario, dando la possibilità a tutti di partecipare dalle proprie stanze.
A partecipare assieme all'Arcivescovo il Direttore dell’Istituto, Dott.ssa Angela Paravati, il cappellano don Giorgio Pilò, il segretario arcivescovile don Francesco Candia, il Comandante, Simona Poli, Suor Nicoletta Vessoni, e un detenuto, che ha letto durante le stazioni della Via Crucis.
A tutti l’Arcivescovo ha rivolto un messaggio di speranza, evidenziando i giorni duri e di prova che l’intero paese sta vivendo per la pandemia ancora in corso.
La riflessione dell’Arcivescovo Mons. Bertolone “Vita dei detenuti, vita da detenuti”
In questi giorni in cui un po’ tutti siamo tenuti a stare al chiuso, perché ciascuno può essere una minaccia all’incolumità degli altri, siamo po' tutti agli “arresti domiciliari”. “Voi” siete costretti – senza deroghe – a stare in un edificio che si chiama casa (circondariale), noi che viviamo fuori da queste mura facciamo i conti, in maniera e misura ovviamente diversa dalla vostra, con una condizione di limitazione della libertà, insomma da reclusi “sanitari” sperimentiamo la solitudine e l’isolamento. Ma per voi il dramma del dramma che questa pandemia porta con sé è il fatto che vi separa dai vostri cari proprio quando si avrebbe più bisogno della loro vicinanza affettuosa.
Sono giorni duri e terribili, e per capire l’infinita intensità del dolore che ci circonda basta pensare a chi si ritrova in un ospedale a consumare gli ultimi minuti dell’esistenza senza neppure poter godere del calore della mano della persona amata.
In questi giorni l’incontro è precluso anche al cappellano e a quanti – ministri, volontari, semplicemente amici – cercano ogni giorno di tessere la tela di rapporti umani che possano ospitare il desiderio di Dio. Oggi venerdì santo, grazie alla direttrice, sono venuto qui per rivivere assieme a voi la via crucis di Cristo per chiedere a Lui per voi, per l’umanità, la grazia di insegnarci ad affrontare le difficoltà della vita, la pandemia con dignità e senso di responsabilità e ad imparare a costruire rapporti umani veri, fraterni, rispettosi.
Che cosa sarà di noi? Quando tornerà il giorno della normalità? E davvero il dopo sarà uguale al prima?
Tante domande, come sempre accade in tempo di crisi, per le quali non sempre si trovano agevolmente le possibili risposte. È vero: il virus ci isola e ci divide, trasforma gli incontri in contagi, gli abbracci in epidemia, eppure è proprio in questi momenti - per voi ancor più in queste settimane di ulteriori privazioni e di pericoli ancora maggiori per chi vive in comunità affollate - che abbiamo tutti riscoperto l’essenza della relazione interpersonale, la bellezza degli sguardi, la dolcezza dei ricordi, l’importanza dell’incontro, la forza della comunione.
Allora, fratelli e sorelle miei, guardando al Cristo morto in croce per i peccati dell’uomo e da quella croce risorto per tornare ad abbracciare e guidare l’uomo suo carnefice, non lasciamo che questo tempo passi invano. Non consentiamo al coronavirus di farci zittire e di gettarci nella disperazione; non consentiamogli di seminare tra noi solo il male corporeo di cui è capace. L’anima, l’anima di ognuno di noi, nessun agente patogeno materiale può attaccarla, se restano in noi le ali dell’amore. adoperiamoci perché i muri della sofferenza alzati dal male possano essere superati da ponti eretti dall’amore per il prossimo, un mondo che ci pare a volte avverso se non nemico ma è l’unico che abbiamo e che dobbiamo cercare di cambiarlo in meglio. Per voi, reclusi in questo carcere, ma anche per noi, in quarantena nelle case, e per l’umanità, reclusa nella terra, che anela ad un presente di fiducia e ad un futuro di speranza.
Coraggio! Buona Pasqua!
+ P. Vincenzo Bertolone, S.d.P.