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CAPODARCO DI FERMO, 6 NOVEMBRE 2011 - «Nella carta d'identità voglio che mi ci scrivi pastore. Non sono un imprenditore agricolo. Io sono un pastore. Non per disprezzare l'imprenditore agricolo, ma perché in questa parola è racchiusa la qualità economica dell'individuo, la qualità sociale». A parlare è Fortunato Ladu, pastore sardo intervistato dalle telecamere di Annozero nel servizio Io sono un pastore, in concorso per il Premio L'Anello Debole, manifestazione che si concluderà questa sera con la premiazione delle cinque migliori opere che affrontano tematiche legate al disagio sociale, alcune delle quali sono state analizzate sulle pagine di questo giornale dal nostro Andrea Intonti.[MORE]
Più di trecento aziende finite all'asta, chiusura di decine di minicaseifici, debiti, impossibilità di “stare sul mercato” non per demeriti propri, bensì per le condizioni stesse del mercato. Un mercato che impone prezzi del latte troppo bassi (65 centesimi al litro) contro prezzi dei mangimi troppo alti, che sta distruggendo il lavoro di centinaia di pastori ma che, fortunatamente, non è ancora riuscito a schiacciare la dignità umana, lavorativa e sociale di quegli stessi pastori, la consapevolezza che il lavoro non è solo uno strumento per la sopravvivenza loro e della propria famiglia. Un riconoscimento sancito, tra l'altro, anche dall'articolo 4 della Costituzione della Repubblica Italiana, la quale, per quanto attaccata e vilipesa un giorno sì e l'altro pure, a quanto ci è dato sapere, sembrerebbe essere ancora in vigore. «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società». È proprio con questo articolo costituzionale che si conclude un'altra delle opere in concorso inerenti la tematica del lavoro, La Valigetta, nella quale l'occhio di un bambino riconosce l'”importanza” del lavoro di un uomo, identificando questa stessa importanza con la valigetta di pelle del padre, che si scoprirà essere vuota. L'assenza del lavoro è mancanza di quel diritto nonché del suo rendere “importante” chi lo svolge, o – costituzionalmente parlando – del suo essere funzionale al «progresso materiale o spirituale» della società tutta. Un'assenza che talvolta spinge i più giovani, privati della possibilità di avere un lavoro nel proprio Paese, a partire per la guerra. «Siamo sardi, siamo nati per emigrare. La Sardegna non ci offre un cazzo», sostiene il protagonista del cortometraggo Io sono qui prima di partire per il Kosovo, dove oltre alla guerra, incontrerà anche la malattia che in breve tempo lo ucciderà. L'assenza del lavoro è tema dominante anche in un'altra opera in concorso, Non siamo scarti, la quale affronta il dramma degli over 40 esclusi, proprio a causa della loro età, dal sistema lavorativo. Un'esclusione che spinge e costringe un uomo a pronunciare frasi come la seguente: «per fortuna non ho né moglie né figli».
Il tema del lavoro, intrecciato con quello della disabilità, è presente anche in un'altra opera arrivata in finale, Il lavoro piace. Una lezione di civiltà e dignità rappresentata dall'inserimento nel sistema lavorativo di un gruppo di persone down. «Per me il lavoro è vita», sostiene una delle lavoratrici intervistate. Un diritto che deve essere garantito a tutti, e che a tutti deve consentire di vivere dignitosamente la propria vita, nessuno escluso. Le tematiche legate alla disabilità sono, come ha sostenuto Stefano Trasatti di Redattore Sociale, un evergreen tra le opere in concorso per il premio L'Anello Debole. Anche l'edizione di quest'anno non fa eccezione. Oltre a Il lavoro piace, sono presenti opere come Il mondo capovolto, che tratta il tema della dislessia infantile e del suo essere nient'altro che un «diverso modo di apprendere». Ancora sul tema della disabilità, La Tinaia illustra le attività artistiche svolte da alcuni disabili all'interno di un centro di attività espressive fiorentino. La novità di quest'anno è legata alla presenza di un'opera eseguita tramite la tecnica dell'animazione, Gamba trista, che affronta con ironia e delicatezza la percezione e l'auto-percezione della “diversità” di un ragazzino nato con le gambe molli, senza ossa, ma dalle braccia fortissime, che si riveleranno essere il suo punto di forza.
Diverse altre le tematiche delle opere in concorso. Dalla malattia, l'Hiv in questo caso, affrontata da uno dei Cortissimi (opere dalla durata inferiore ai 3 minuti, realizzate con le fotocamere dei telefoni cellulari), Oscar, fino al tema della maternità adolescenziale, presente in Battiti, o alle drammatiche condizioni delle donne irachene rifugiate in Giordania dopo la guerra, le cui testimonianze sono state raccolte da Simona Ghizzoni nel cortometraggio Lie in wait. Una menzione particolare va, infine, a Zyklon B, reportage radiofonico realizzato da Luca Galassi che affronta, con racconti e interviste ai diretti interessati, un tema poco presente nel dibattito quotidiano ma non per questo meno importante: il neonazismo in Russia, la sua diffusione, i circa cinquanta delitti a sfondo razziale compiuti ogni anno nel Paese e gli appoggi di cui tali gruppi para-militari godono sia da settori della politica ufficiale che da ambienti religiosi.
Serena Casu