Politica
Referendum: la vittoria del "si" e la reazione del governo
ROMA, 13 GIUGNO - Raggiunto il quorum e la certezza della vittoria dei "si", fioccano i commenti del governo e dell'opposizione. Facile immaginare la tensione che questo referendum crea all'interno del parlamento, sopratutto sommandolo ai risultati delle elezioni amministrative di poche settimane fa.[MORE] Pierluigi Bersan, leader del Pd non nasconde la soddisfazione: questo è un «referendum sul divorzio tra il governo e il Paese», dichiara gongolante, tanto che «stavolta non riesco a non ridere». Il segretario dei democratici invece parla di un risultato «enorme» e promette: il Pd darà «una risposta positiva. Siamo pronti alle nostre proposte in Parlamento». Quindi, la richiesta chiara: Berlusconi «si dimetta e apra una fase politica nuova. Vada al Quirinale».
Eppure queste parole spaccano l'opposizione a metà. Antonio Di Pietro prende le distanze dalla richiesta di Bersani che in poche parole vuole elezioni anticipate. «L'Idv in tempi non sospetti ha chiesto le dimissioni di Berlusconi. Farlo ora in nome dei risultati referendari è una strumentalizzazione», è la presa di posizione dell''ex pm. «Sono andati a votare sì - ha aggiunto Di Pietro - anche molti elettori del centrodestra. Per rispetto nei loro confronti non possiamo chiedere le dimissioni del governo solo in nome dei referendum». I democratici non sono disposti ad appoggiare l'esecutivo sulla manovra economica. «Bisogna creare un elemento di fiducia e ripartenza. E lo si può fare solo con le elezioni» è la convinzione di Bersani. Che a tal riguardo propone una road map, «un percorso ideale per il bene del Paese»: «Crisi, Quirinale, verifica rapida sulla possibilità di riformare la legge elettorale e sennò si va a votare», suggerisce il leader Pd.
Ma con Bersani si schiera il leader di Sel Nichi Vendola. «Oggi il Paese non ne può più e manda un messaggio chiaro: che liberino il campo e consentano all'Italia attraverso elezioni anticipate di tornare a respirare» ha detto il governatore pugliese commentando l'esito dei referendum. «Una maggioranza assai malconcia - ha aggiunto Vendola - prigioniera di una conflittualità continua, incapace di offrire prospettive di crescita e di sviluppo per il Paese credo sia una maggioranza condannata. Finora l'Italia ha pagato il prezzo di questo centrodestra occupato troppo dalle vicende nelle ville private del premier. Oggi il Paese non ne può più e manda davvero un messaggio chiaro».
In vista della verifica parlamentare del 22 giugno, il Pd non ha in mente di presentare una mozione di sfiducia. Piuttosto, Bersani si aspetta che un passo simile venga fatto dalla maggioranza stessa. «Vedremo le tattiche parlamentari - ha detto il leader Pd -. Ma toccherà ai protagonisti più responsabili del centrodestra provare a muoversi per una prospettiva di sfiducia a questo governo». «Spero - ha aggiunto Bersani - che il dibattito in casa loro esca dal fatto che ci sono problemi di comunicazione o che Berlusconi vada messo sul lettino dello psicanalista o che ci voglia qualche aggiustamento». Non è un caso dunque se dal segretario dei democratici arriva anche un appello alla Lega. «Vedremo a Pontida cosa diranno, ma tempo fa dissi che si può anche stare con uno che perde se tu vinci o con uno che vince se tu perdi, ma se entrambi perdono ci vuole una riflessione».