Estero

La svolta liberale della Cina

 PECHINO, 23 NOVEMBRE 2013 – La stagione delle riforme annunciata in Cina potrebbe cambiare il volto di un paese fra i più refrattari sul piano della tutela dei diritti umani, avvicinandolo ai modelli occidentali.
È quanto emerge dal documento conclusivo (60 direttive suddivise in 16 capitoli) del Terzo Plenum del Partito Comunista Cinese – ovvero, la terza riunione dall’ultimo congresso del PCC datato 1978 - reso pubblico in questi giorni a conclusione dei lavori sulle linee programmatiche per il prossimo decennio.

L’ondata riformista del presidente della Repubblica popolare e segretario generale del PCC, Xi Jinping, colpendo i capisaldi del sistema, getterebbe le basi di un “manifesto sociale” – come lo ha già definito qualcuno.

Si parte dalle riforme economiche, fiscali e rurali, con una inedita apertura verso le privatizzazioni: è prevista la possibilità per gli investitori privati di acquisire quote rilevanti – dal 10 al 15 % - nei grandi gruppi statali. Nel settore agricolo invece, i contadini potranno disporre a loro piacimento della proprietà delle terre ad oggi “collettivizzate”.

L’altro fronte maggiormente interessato è quello sociale. In particolare, la leadership cinese ha annunciato l’allentamento della legge sul figlio unico: introdotta alla fine degli anni Settanta per il controllo demografico (1979), questa drastica politica per 33 anni ha imposto alle famiglie cinesi di concepire un solo figlio, causando un numero elevatissimo di aborti – secondo il rapporto ufficiale di quest’anno del ministero della Salute di Pechino, dal 1971 sono stati 336 milioni gli aborti praticati dai medici cinesi e 196 milioni i casi di sterilizzazione d’ambo i sessi. D’ora in poi le coppie di città in cui almeno uno dei genitori sia figlio unico potranno permettersi un secondo bambino, a differenza di prima quando, solo se entrambi i genitori erano figli unici, la coppia poteva avere due figli. L’inosservanza è punita con una sanzione pecuniaria non adeguatamente definita; una lacuna del dato normativo che finora ha favorito non pochi segmenti della macchina burocratica, piuttosto abile a convertire la situazione in una forma di autofinanziamento.
A tal proposito, un caso paradossale segnalato di recente dall’agenzia di stampa governativa Xinhua, ha per protagonista il regista cinese di “Sorgo rosso” e “Lanterne rosse”, Zhang Yimou, nei cui confronti la Commissione per la pianificazione delle nascite di Pechino ha aperto un’inchiesta. Il noto regista rischia una serie di multe, per un totale di 20 milioni di euro, per aver avuto 7 figli, nati a quanto pare da 4 donne diverse, un vero e proprio tabù nel Paese del Dragone.

Countdown per i campi di rieducazione: la Cina abolirà i sistemi di «rieducazione attraverso il lavoro», forzato, i cosiddetti «laojiao» (originariamente laogai), una sorta di campi di concentramento istituiti nel 1957 da Mao Tse-tung per punire i «contro-rivoluzionari», i cristiani e i credenti di ogni religione, oltre ai reati minori come furto, frode o vandalismo. Secondo le stime divulgate nel 2009 dal Consiglio per i Diritti umani delle Nazioni Unite, nei suddetti campi erano allora detenute circa 190 mila persone.

Un’altra misura epocale concerne il sistema giudiziario. Al bando «l’uso disinvolto della pena di morte»: saranno più rigide le regole per la condanna capitale, prevista per 55 reati dalla legislazione vigente.
Inoltre, la Corte Suprema cinese, nel solco delle sollecitazioni della comunità internazionale, ha statuito che «Gli interrogatori basati sulla tortura per ottenere confessioni – l’uso del freddo, della fame, delle bruciature, dell’affaticamento e di altri mezzi illegali – devono essere eliminati».

Nelle linee guida che il governo cinese si appresta ad adottare, decisamente vaghe in alcuni passaggi, non si accenna minimamente a una scalfittura del sistema di controllo del Partito comunista sulla vita politica del Paese, di contro sempre più restrittivo sul versante dei media e della comunicazione sociale.
Invero, sembra ancora lungo il cammino per liberarsi dalle ombre della dittatura comunista.

 


(Immagine: Piazza Tienanmen a Pechino da ladiscussione.org)[MORE]


Domenico Carelli