Estero

Rivoluzione energetica d'Uruguay: produrra' elettricita' solo da fonti rinnovabili

MONTEVIDEO (URUGUAY), 24 GIUGNO 2015 - Spesso si spaccia per impossibile ciò che non trova l’appoggio di una reale intenzione: le rivoluzioni, quasi sempre, sono arrivate accompagnate da una volontà indomabile di cambiamento, estrema ratio per non giungere ad un punto estremo di non ritorno. Così la rivoluzione ambientale assume la formula del rinvio continuo, appuntamento delle agende degli anni a venire: obiettivo futuro di ogni accordo passato che non è riuscito a prendersi cura di una casa che ci è stata regalata e che non ci stiamo creando problemi nel distruggere. La volontà, evidentemente, non è ancora abbastanza, ma il sogno di un globo energeticamente sostenibile ed ecologico è possibile. E l’Uruguay lo sta dimostrando.

[MORE]In questi anni il primo passo, un grande passo, verso la totale sostenibilità ambientale del consumo di energia elettrica è stato compiuto dal piccolo Paese dell’America Latina. Maria Rita D’Orsogna, fisico ed attivista ambientale, sul ilfattoquotidiano.it ha usato l’espressione di Ramon Mendez, direttore nazionale dell’Energia: “l’Uruguay non utilizzerà mai più petrolio per generare energia elettrica”, annuncio di uno Stato di 3.2 milioni di anime che otterrà l’indipendenza energetica. Un trionfo. Mai più combustibili fossili ma energia green, prodotta da fonti rinnovabili: l’obiettivo è a breve, brevissimo, termine visto che nel 2016 il 90% delle fonti energetiche saranno pulite ed ecologiche.

Un piccolo record l’Uruguay l’ha già stabilito, visto che mercoledì 3 giugno 2015 il 50,2% del fabbisogno energetico del Paese era garantito da impianti eolici. Sta, soprattutto, nel vento la forza produttiva su cui il Governo di Montevideo punta: un investimento totale stimato nel biennio 2015/2016 di 2 miliardi di dollari, misto fra Governo ed investitori stranieri, giunti nel Paese attratti dagli incentivi favorevolissimi per chi investe nell’eolico, ed in più in generali nelle rinnovabili. Soldi che vanno ad aggiungersi ai 7 mld investisti negli anni precedenti. Anche Enel Green Power, azienda italianissima, ha investito nel parco eolico uruguayano Melowind: esso sarà in grado di produrre oltre 200 milioni di chilowattora (kWh) all'anno, evitando l'emissione di oltre 62.000 tonnellate di CO2, generando una media di più di 200 posti di lavoro. Da non trascurare infatti, come scrive Elpais.com.uy, che il 25% di tali investimenti rimane nel Paese come indotto, attraverso la logistica, il trasporto, l'installazione e la costruzione. Ecologia e lavoro.

Il grafico, pubblicato qualche settimana fa da eldinamo.cl, riassume i progressi fatti dal dipartimento energetico dell'amministrazione uruguayana:

Eolico che si abbina alla produzione di energia idroelettrica (74% del fabbisogno annuo nel 2014, ma condizionabile dal fattore-siccità), da biomasse e da gas naturali, e nel 2016 quasi sarà indipendenza energetica da energia di derivazione fossile (già calata fino al 7%), fino ad un surplus che potrebbe permettere, a pieno regime produttivo, all’Uruguay di poter esportare ai Paesi vicini energia green. E pensare che lo stesso Uruguay aveva una matrice di approvvigionamento energetico storicamente caratterizzata da una quota tra il 50% e il 60% del totale di energia non rinnovabile (petrolio e derivati). Un decennio di crescita economica ininterrotta ha, inevitabilmente, prodotto una domanda di energia superiore ed in crescita costante con un tasso del 6% annuo. Ciò ha reso inevitabile un attento programma di sostenibilità energetica, che si è tradotto in una sempre più autonomia dai Paesi vicini e non (soprattutto Argentina, Brasile e oro nero iraniano, con innalzamento considerevole dei prezzi) e, di contro, un incentivo alle politiche energetiche di produzione interna, che ha creato notevoli benefici in termini di costi per consumatori ed occupazione. E da una programmazione decennale avviata da Tabare Vasquez e proseguita da Jose Mujica, il risultato è l’impresa di cui sopra, a riprova che la rivoluzione, innanzitutto culturale ma poi anche e soprattutto politica, è fattibile. E non è una questione di numeri, perché seppur molto più grande, di certo, il nostro Paese non lesina di risorse naturali da cui produrre energia green. Ma la strada indicata dal decreto Sblocca Italia è un'altra: la caccia all'oro nero in terra italiota è già partita e le trivelle sono sulle nostre coste, soprattutto quelle meridionali. Questione di scelte politiche. Ai posteri l'ardua sentenza.

Salvatore Remorgida
(Ph: ute.com.uy)