La preziosa cultura al servizio della comunità. Intervista al prof Enzo Bubbo
Cultura e Spettacolo Calabria Catanzaro

La preziosa cultura al servizio della comunità. Intervista al prof Enzo Bubbo

mercoledì 2 ottobre, 2024

Quando la cultura e la dedizione si pongono al servizio della comunità, fornendo un apporto enorme al vivere sociale e civile attraverso le proprie capacità e competenze, si espleta al meglio il senso di impegno culturale e civico, di cui regioni come la Calabria hanno sempre bisogno. Tra le tante menti della regione, non si può che annoverare il professore, già  giornalista pubblicista,  Enzo Bubbo. Docente di lettere presso l’Istituto comprensivo Corrado Alvaro di Petronà, in provincia di Catanzaro, ha la passione per il giornalismo, avendo scritto oltre 8mila articoli. Al suo attivo sono da annoverare anche alcune pubblicazioni, tra cui “Semi di legalità”, che ha riscosso grande successo in tutto il territorio e oltre, sin da quando è stato pubblicato, nonché il prestigioso Premio Ulivo d’Oro per l’incessante attività nel e per il territorio da anni.

Ma andiamo a parlare direttamente con lui, che ci onora della sua presenza per questa esclusiva intervista.

-Professore, la Sua brillante attività coniuga da tempo la passione per la scrittura e la propensione per il sociale, dimostrando come siano interconnesse e consentano alla comunità di crescere arricchendosi nel costante confronto produttivo e costruttivo. Nel Suo ruolo di docente, giornalista e scrittore, in quale modo mette in pratica ciò, specialmente rapportandosi con le generazioni più giovani?

Mi occupo di comunicazione da 25 anni e cerco sempre di rammentare, a me stesso e agli altri, che la comunicazione è un dono: postula tempo e cura. Più coltiviamo l’utilità, più abbattiamo muri e costruiamo ponti.

Non sono stato un predestinato. Scrivere è soprattutto riscrivere e io ho cancellato spesso prima di maturare qualche competenza. La scuola è viatico insostituibile nel suo duplice ruolo: diffondere conoscenze ed educare le nuove generazioni al rispetto delle regole.

Anche il giornalismo non è da trascurare nel rapporto con le nuove generazioni. Basta un articolo di giornale per far capire a un ragazzo o una ragazza il fascino di una professione utile come una strada o un ponte. Non a caso si parla di giornalismo come quarto potere. Senza il giornalismo viene meno un pilastro della democrazia.

Anche il libro è strumento potentissimo per interagire  con i giovani, ma serve tanta ispirazione e autenticità. Non è vero che le nuove generazioni sono disimpegnate, davanti a cose concrete e credibili rispondono con grande entusiasmo.

-La Sua opera dal titolo “Semi di legalità” ha riscosso un grande successo sin dagli albori della sua uscita. Con questo saggio Lei mette insieme storie che ispirano, storie di legalità, per sottolineare anche l’importanza di determinate figure e istituzioni contro la piaga secolare della mafia. Di che cosa parla il libro nello specifico e che impatto ha avuto anch’esso sui giovani? Crede che di tematiche di questo tipo si debba parlare ancor di più nelle scuole?

Il libro “Semi di legalità”, pubblicato da Officine editoriali da Cleto nel dicembre del 2023, mi ha cambiato la vita. E’ un saggio. Non riesco a concepire un’opera se non è utile, come diceva Niccolò Machiavelli. “Semi di legalità” ha un’ispirazione che porta a una destinazione. Il destino non è la sorte, il destino è determinato dalle scelte che facciamo. “Semi di legalità”  racconta di disastri e desideri. Due parole dall’etimologia straordinaria: un disastro è la criminalità organizzata, i desideri sono biografie edificanti che indicano l’arte della vita. I semi tendono verso l’alto: ci insegnano che la vita non ha senso se vissuta in modo orizzontale nel ripetersi di errori e abitudini.

Non basta nascere, come dice Pablo Neruda, per essere felici bisogna rinascere ogni giorno, associando idee a ideali.  “Semi di legalità” racconta di un incontro meraviglioso che ho avuto il 10 agosto 2003 in quel di Cropani superiore, sotto la collegiata dell’Assunta, il Duomo del paese jonico. Lì ho conosciuto un magistrato preparato e coraggioso: Emilio Ledonne. E’ di Zagarise. E’ stato un incontro meraviglioso. Ho constatato di persona che ciò che dice Aristotele, il lettore, il polimathes, sulla meraviglia corrisponde al  vero. Non è nulla di rassicurante, è una sfida al rischio, è una richiesta di incarnazione. La meraviglia mette insieme sensazioni tra loro molto contrastanti come ammirazione e paura. E’ ciò che ho provato conoscendo Emilio Ledonne, morto purtroppo  nel luglio del 2023. Il giudice zagaritano mi  ha insegnato che la lotta alla criminalità organizzata non va delegata solo alle forze dell’ordine. Ognuno può e deve fare la sua parte. Mi ha insegnato che il rapporto mafia- società civile in Calabria è patologico: quasi un cittadino calabrese ha la criminalità organizzata vicino e fa finta di non vederla. Quell’ora di lezione, come sostiene sempre lo psicoanalista Massimo Recalcati, mi ha cambiato la vita.  Il problema delle mafie è fuori dalle mafie.

Sono tutti concetti che veicolo sempre quando parlo di “Semi di legalità”, libro arrivato alla terza ristampa, presentato già 18 volte nelle piazze e nelle scuole e volume scelto dagli organizzatori della prestigiosa rassegna di lettura Gutenberg 2024, curata dal liceo classico Galluppi di Catanzaro. Solo nella Città di Sersale l’ho presentato cinque volte, anche alla manifestazione conosciuta come  Un tempo in un borgo: antichi mestieri.

La presentazione di “Semi di legalità” è dinamica, fuori dagli schemi perché non si basa solo sul linguaggio verbale, ma utilizza teatro, canzoni, fumetti, immagine e altro ancora alla voce approccio multisensoriale. Un reading che curo con tanta meticolosità. Ecco perché si adatta molto per le scuole.

“Semi di legalità” è stato recensito anche da Stefano Rossi, psicopedagogista e conferenziere che ha fatto formazione in più di 800 scuole, un conferenziere conosciuto in tutta Italia.

-Uno degli insegnamenti che emerge dal Suo libro è che la lotta alla criminalità organizzata non possa essere soltanto pertinente alle forze dell’ordine, ma alla società intera. Che cosa vuole intendere con ciò e quanto pensa ci sia ancora da lavorare per far sentire la società impegnata in prima linea contro la malavita?

Sempre il mio mentore Emilio Ledonne mi ha reso edotto sul fatto che nella lotta di contrasto alla criminalità organizzata non basta solo la repressione, serve anche la prevenzione.

La cultura è uno strumento insostituibile per dire alle nuove generazioni che la criminalità organizzata non è un buon affare, non è bella una  vita spesa a evitare manette e pallottole con il rischio di una morte anticipata. E poi paradosso: tutto si ritorce contro chi commette queste nefandezze.

Prevenzione non è solo cultura, ma anche attacco ai patrimoni delle organizzazioni criminali.

-Da pochi anni ha ricevuto il prestigioso premio Ulivo d'Oro, ma non è l’unico nel suo ricco palmarès e tra l’altro di recente ha preso parte, in Svizzera, al premio Swizerland Literary Prize. Ce ne vuole parlare? Di che cosa si è trattato?

Ho ricevuto l’anno scorso il premio Ulivo d’oro. Grazie ancora al Comune di Sellia e al suo ex primo cittadino Davide Zicchinella per l’importante encomio. La motivazione è stata: “Per l’incessante narrazione del territorio nella diffusione della cultura e della legalità”. Scrivo da 25 anni per i paesi di Petronà, Cerva, Andali, Sersale e altri ancora.

Organizzo, insieme a Comuni, associazioni e  alla mia scuola Istituto comprensivo Corrado Alvaro di Petronà, convegni sull’educazione alla legalità. Ogni anno uno, senza improvvisare, senza retorica.

La sociologia dice che ogni persona viene ricordata al massimo per tre cose. A me piace essere accostato alla parola legalità e qualcosa ho fatto nella Presila catanzarese. “Semi di legalità” parla di dodici stelle, una più luminosa dell’altra, che io non ho trovato su un motore di ricerca. Le ho ammirate da vicino e poi presentate nel mio contesto sociale dove c’è in atto un indottrinamento mafioso. Sono: Emilio Ledonne, Nicola Gratteri, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, don Giacomo Panizza, don Luigi Ciotti, i ragazzi di Locri, Roberto Di Bella, Dodò Gabriele, Annamaria Frustaci, Renato Cortese e Peppino Impastato. 12 come gli apostoli, 12 come i mesi, 12 come gli dèi dell’Olimpo: 12 è numero magico per l’umanità.

Pochi giorni fa,  28 settembre 2024, ho ricevuto in Svizzera  il premio speciale della giuria del concorso  letterario internazionale Swizerland Literary Prize. I partecipanti al bando erano più di mille, scrittori provenienti da  diversi paesi d’Europa. Essere stato indicato tra i pochi vincitori è per me motivo di gioia, anche perché ho avuto la possibilità di dire a Lugano che la Calabria non è terra in preda all’immobilismo e al fatalismo. E ancora: ho detto che in Svizzera vivono e lavorano tantissimi emigrati onesti e laboriosi.

-Nella sua incessante attività coniugata mirabilmente in più campi, quali progetti ha per il futuro?

La cultura, se non è azione, è solo erudizione, pertanto ogni strumento è utile per valorizzare le virtù civiche di cui non difetta la Calabria. A breve pubblicherò un altro libro, sempre con Officine editoriali da Cleto, ben rappresentate dal responsabile Marco Marchese, per me un mecenate che sa fare editoria. Stavolta mi occupo della lingua italiana. Adoro la grammatica italiana che insegno dal lontano 2002. Noi siamo la lingua che parliamo.

Non trascurerò insegnamento e giornalismo. Sono passioni che coltivo con dedizione senza improvvisare.

Mi occuperò sempre di legalità nelle scuole: una precondizione. Senza legalità, non c’è libertà e giustizia.


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