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La periferia, il viaggio e le lotte per i diritti civili: intervista ai Thomas Doc

SOVERATO, 19 OTTOBRE 2015 – Vi presentiamo i Thomas Doc, un power trio da Catania con sonorità stoner. Da poco hanno pubblicato il loro primo EP composto da quattro tracce e noi abbiamo colto l'occasione per farci togliere qualche curiosità.
Buona lettura!

 

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Introduceteci la band e diteci qualcosa in più riguardo il vostro "legame" con il Dottor Tomas.
Siamo un classico power trio, batteria (Dario Trigilia), basso (Andrea Quattrocchi) e voce e chitarra (Marco Mezzatesta). Ma non è stato così dall’inizio. Verso la fine del 2014 mettiamo su un trio acustico, con chitarra slide e dodici corde, basso acustico e set minimo di percussioni. Provavamo in campagna dal batterista e dopo le prove trascorrevamo serate con litri di birra e commedie italiane. Tra i tanti, il film “Vieni avanti cretino”, con la scena simbolo del Dottor Tomas e dell’aspirante perito elettronico, ci ha sempre colpito per il riflesso che ha sulla realtà lavorativa attuale, così ipertecnologica, alienante e disumanizzante. Oltre ovviamente a farci scassare dalle risate!

Il vostro primo ed omonimo EP mette subito in chiaro la potente attitudine stoner ed una particolare ricerca musicale, ma per voi cosa vogliono dire questi quattro pezzi?
Marco: Dopo qualche settimana di cover in acustico, decido di portare in sala una chitarra elettrica accordata in open C e due riff. Avvertiamo subito che dovevamo cambiare rotta. La settimana dopo lasciamo la campagna e ci spostiamo in una sala al centro di Catania. I suoni iniziano a ingrossarsi, basso e chitarra si caricano di effetti e distorsioni, la batteria aggiunge sempre più componenti. Blues, Stoner, Classic Rock, riusciamo a trovare ciò che si ama definire “sound”. I pezzi vengono composti uno dietro l’altro e ne scegliamo quattro per pubblicare l’EP. Questi brani non sono altro che il passaggio tra ciò che pensavamo di poter fare a ciò che effettivamente abbiamo realizzato.

Ci spiegate la scelta delle riprese esterne durante i lavori di registrazione?
Volevamo innanzitutto riproporre un suono estremamente naturale, facendo riferimento anche ai blues dei campi di cotone. Elementi come cori, percussioni e chitarre acustiche sono infatti ripresi in ambienti esterni. Capannoni industriali, casolari abbandonati, campagne desolate; si tratta di luoghi dismessi della nostra periferia, esplorati e riutilizzati per donare loro anche un nuovo significato, attraverso la musica, attraverso l’arte. Il documentario che accompagna il nostro EP si ricollega a questo tema, attraverso la figura del visionario artista outsider Emery Blagdon e della sua Healing Machine.

Cosa ispira la scrittura dei vostri testi e perché la scelta linguistica è ricaduta sull'inglese?
Marco: Principalmente i testi sono ispirati da viaggi, scoperte, vagabondaggi, ma anche storie di lotte per i diritti civili, per il lavoro, l’uguaglianza. In questo periodo è così. Abbiamo pensato da subito che la nostra musica, per le sue radici e le sue influenze, si potesse adattare meglio alla lingua inglese.

Cosa ci dite riguardo scena musicale catanese ed italiana?
A Catania c’è sempre fermento per quanto riguarda la musica underground. Il duo Basse Frequenze, gli Hellettrik, i None of Us. Con diverse band di livello abbiamo condiviso il palco e a breve inizieremo a girare per l’Italia. Tra i gruppi italiani a noi piacciono molto gli Octopuss, i Verdena, ma anche Calibro35 e Teatro degli Orrori, dei quali attendiamo l’album in uscita.

Dopo questo debutto cosa ci dobbiamo aspettare dai Thomas Doc?
Stiamo lavorando al nostro primo album, già completo per quanto riguarda la composizione, e al parallelo tour di concerti. Siamo alla ricerca di un’etichetta per promuoverci.

Volete salutare i lettori di GrooveOn con tre – anche più – album che sentite in dovere di consigliare?
Them Crooked Vultures – 2009
Earth Rocker – Clutch – 2013
Songs for the Deaf – Queens of the Stone Age – 2002

 

 

Federico Laratta

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