La passione, l'impegno e il coraggio delle "Regine della scienza", intervista a Serena Manfrè
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MESSINA, 17 MARZO 2015 - Nascere uomo o donna non è mai, in nessuna società, una qualificazione neutra, un dato biologico senza conseguenze nella determinazione dell’individuo che appartiene ad una o all’altra categoria. La storia, più che la sociologia o l’antropologia, insegna che il genere è una classificazione imposta, non naturale e che è la società stessa a definirlo culturalmente assegnando ai sessi biologicamente qualificati un determinato ruolo. Ecco che quindi le connotazioni attribuite a uomini e donne sono sempre state definite non in base alle loro qualità innate ma, in virtù di queste, costruite da un sistema ideologico dominante.[MORE]
In ogni tempo, tuttavia, sono esistite donne che hanno sovvertito tale schema andando contro ogni imposizione sociale e mostrando come sia possibile rompere credenze e stereotipi capaci di influenzare non solo il modo di guardare alla realtà ma anche di pensarla. Di fatto, quindi, la storia delle donne si è costruita sui destini di eroine uniche nel loro genere e negli ambiti in cui hanno operato. Ogni epoca ha avuto la sua rappresentante rivoluzionaria come se ogni nuova generazione avesse nutrito il bisogno di ricreare se stessa sulla base di rivendicazioni femminili sempre nuove nell’esteriorità, ma sostanzialmente uguali nella necessità di affermarsi.
Le biografie di donne, quindi, assolvono all’importante compito di documentare le tappe di un processo storico di emancipazione contro le costrizioni imposte in ogni tempo da un mondo declinato al maschile. Regine della scienza di Serena Manfrè, edito da Anicia, rientra in questo filone di esplorazione dei territori femminili mettendo in evidenza il coraggio e lo spirito di abnegazione delle cinque protagoniste del libro che hanno dedicato la loro vita al Sapere e alla Conoscenza. Ma essendo di fatto storie romanzate, pur partendo da un dato storico, l’autrice ha voluto porre l’accento anche sulla passione, l’umiltà, l’amore e la costanza che hanno animato queste donne e che hanno permesso loro di trasformare caratteristiche comunemente intese come elementi di debolezza del genere femminile, in punti di forza e sprone per il perseguimento della propria missione di vita. Le protagoniste sono la pedagogista Maria Montessori, la ricercatrice e medico Rita Levi Montalcini, l’astronoma Caroline Herschel, l’astronoma e matematico Ipazia d’Alessandria e Suor Celeste, figlia di Galileo Galilei. Il libro, arricchito dalle illustrazioni di Amalia Caratozzolo, è rivolto ad un pubblico giovane ma si lascia leggere con piacevolezza anche da uomini e donne di ogni età poiché il messaggio che racchiude è per tutti.
Serena Manfrè, perché la volontà di raccontare il mondo delle donne e la difficoltà del loro percorso di affermazione sociale e soprattutto professionale a ragazzi di questa età?
"Il mondo delle donne, il mio, il tuo e quello dell’illustratrice Amalia Caratozzolo, è un serbatoio di forze indubbiamente peculiari di cui a tutt’oggi, nel XXI secolo, è necessario parlare affinché alcune cose possano cambiare. E quando bisogna cambiare le cose si può farlo solo partendo dall’educazione delle nuove generazioni. A scuola tanti insegnanti riconoscono la necessità, con alunni di appena dodici e tredici anni, di sottolineare loro la ricchezza che viene dalla diversità: culturale, religiosa, politica e sessuale. Dalla diversità attingiamo per apprendere cose nuove, ma purtroppo, non siamo ancora, nel profondo, educati al rispetto di chi è diverso da noi"
Che tipo di risposta hanno suscitato nel tuo giovanissimo pubblico tali argomenti? Esiste consapevolezza su queste tematiche o l’emancipazione femminile è una questione ormai superata per i ragazzi di questa generazione?
"Regine della scienza ha avuto la fortuna di approdare al vaglio di tanti giovanissimi alunni delle scuole medie e la risposta è stata sempre positiva in termini di comprensione delle tematiche e anche di gradimento. Riguardo concretamente al precipuo discorso sulla diversità fra i sessi, credo che l’emancipazione femminile in termini di femminismo nudo e crudo si possa dire superata per queste generazioni, ma ciò non significa, come ho accennato prima, che sia però superato il problema dell’uguaglianza fra i sessi. Come diceva Rita Levi Montalcini, abbiamo ancora tanta strada da fare".
Ritieni che le cinque donne protagoniste del libro, nonostante siano vissute in epoche diverse, incarnino uno stereotipo della dimensione femminile senza tempo?
"Credo proprio di sì. E anche questo fa parte del filo conduttore del testo. Queste protagoniste, così lontane in termini spazio-temporali, si ritrovano insieme in questo libro non solo nell’intenzione di fare una specie di mini excursus storico della donna professionista nel mondo scientifico, ma soprattutto in quanto rappresentanti a pieno diritto di eserciti di donne la cui forza ha permesso loro di saltare la staccionata dei limiti imposti dalla società e di realizzarsi nella vita".
A quale storia di vita delle donne che hai raccontato ti sei appassionata maggiormente e perché?
"Se parliamo di passioni, Ipazia d’Alessandria è l’eroina del libro perché la sua storia è di per sé eroica. Ipazia, morta martire per difendere i suoi ideali, è pura passione e, scusa il gioco di parole, appassiona. Però io sono davvero affezionata all’astronoma Caroline Herschel, la cui costanza giornaliera nel perseguire il suo sogno mi ha lasciato sbigottita. Non che la professoressa Montalcini o Ipazia ne fossero prive, né mancasse la determinazione a Maria Montessori né la pazienza a Suor Celeste, ma Caroline è casalinga e astronoma, la qual cosa la accomuna forse più delle altre a quella tipologia di donna moderna che lavora, instancabile, dentro e fuori dalle pareti domestiche. E in questo mi somiglia abbastanza".
Maria Portovenero