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La partita maledetta dell'Heysel

FIRENZE, 29 MAGGIO 2013- «Commenterò in modo più impersonale e asettico possibile». Con queste parole, piene di commozione e risentimento, Bruno Pizzul diede inizio alla telecronaca della partita Juventus-Liverpool, la finale della Coppa dei Campioni in programma allo stadio Heysel di Bruxelles. Era il 29 maggio 1985, una data scolpita nelle tragedie del mondo del calcio. Trentanove persone persero la vita in quella maledetta serata. Una strage inconiugabile con lo sport. Oltre trecento i feriti.

La capitale belga era stata presa d’assalto da entrambe le tifoserie. La Juventus di Platinì voleva finalmente mettere in bacheca la coppa dalle grandi orecchie che mancava tra i tanti successi bianconeri mentre gli inglesi se l’erano aggiudicata l’anno prima contro un’altra Italia, nella finale dell’Olimpico contro la Roma. Due squadre fortissime dovevano contendersi il trofeo a partire dalle 20.15.

 Il colpo d’occhio dello stadio era notevole con il settore nord occupato dai sostenitori del Liverpool e gli spalti del settore sud riservati al tifo organizzato bianconero. I supporters dei “Reds” avevano fama di essere dei facinorosi ma prima delle 19.30 non avevano creato particolari problemi nonostante qualche rissa isolata da attribuire anche ai fumi dell’alcol. Poi tutto cambiò. Nel “neutrale” settore Z attiguo dei tifosi del Liverpool, che ospitava però per la maggior parte tifosi juventini a causa di una pessima organizzazione delle autorità belghe, scoppiarono dei tafferugli. Gli hooligans del Liverpool, dal loro settore, “caricarono” i tifosi italiani che si trovavano dall’altra parte separati da una recinzione fragilissima. Per scampare alla furia una parte della folla si riversò sulla pista d’atletica l’altra si ammassò nell’angolo più lontano e basso del settore Z contro il muro. La struttura muraria crollò sotto la pressione dei tifosi presi dal panico che finirono con calpestarsi a vicenda. Il crollo paradossalmente consentì di scappare ai tifosi intrappolati ma fu inevitabilmente fatale per quelli rimasti schiacciati (Heysel, la partita maledetta- "La Storia siamo noi"). L’interevento della polizia e della gendarmeria fu del tutto inadeguato così come quello dei soccorsi. Un drammatico scenario da battaglia non una cornice da evento sportivo.

Il tam tam delle notizie iniziò ad imperversare. I commentatori sportivi in quei tragici minuti non furono chiamati a riferire di un dribbling o di un calcio di rigore ma dovettero improvvisarsi giornalisti di cronaca nera. Le cifre sui morti e i feriti si susseguirono con un ritmo angosciante. E poi la partita, che si giocò. Ancora oggi dopo ventotto anni abbondano le critiche e le giustificazioni. Vinse la Juventus, con un penalty realizzato da Michel Platini che esultò così come fecero altri calciatori bianconeri alzando la coppa al cielo. In molti hanno più volte dichiarato di non essere a conoscenza della reale entità della strage prima e durante la partita.

Il giro del campo e l’alzata del trofeo dopo il ritorno in Italia in aeroporto (quando ormai i numeri del massacro erano ben noti) furono condannati dall’opinione pubblica. L’indimenticato Candido Cannavò scrisse un articolo sulla Gazzetta dello Sport dal titolo inequivocabile “Juve, abbassa quella coppa”. L’Uefa, su proposta del Governo di Londra e visti altri simili precedenti, decise di escludere le squadre inglesi a tempo indeterminato dalle Coppe europee e il Liverpool per ulteriori tre stagioni (poi ridotta a una). Il provvedimento fu applicato fino al 1990. Furono condannati per la strage un agente della polizia belga e due organizzatori e quattordici tifosi inglesi per omicidio colposo.

Nello stesso anno fu realizzato ad opera di Dante Grassi un monumento in ricordo della strage nella sede societaria in Piazza Crimea, concludiamo il nostro omaggio prendendo in prestito l'epitaffio dello scrittore e giornalista Giovanni Arpino presente sulla scultura:

«Qui ricordiamo
le 39 vittime di Bruxelles
il 29 - 5 - 1985 trucidate
da brutale violenza.
Quando onore, lealtà, rispetto
cedono alla follia,
è tradita
ogni disciplina sportiva.
Alla nostra memoria
il compito
di tenerla viva. »[MORE]

Davide Scaglione