Cronaca
La pandemia ha rivelato il carattere sociale del gioco
Il gioco, più di tutti, è un aspetto caratterizzante della realtà. A differenza della cultura, che va formandosi laddove si creano le condizioni per la vita di comunità tra uomini, il gioco è primigenio, innato, tra gli assi portanti della cultura stessa. In una sola parola esiste prima ancora di essa e molto spesso ne riflette caratteri e contenuti, vizi e virtù. Si tratta tra le altre cose di uno dei pochi elementi che accomunano l’uomo all’animale: l’essere umano gioca fin dalla sua nascita, come se fosse una normale propensione naturale. L’animale anche gioca, per mera istintività, senza precostruire nulla. Ma, nonostante ciò, negli anni il gioco è stato sempre accompagnato da un certo tipo di stereotipi.
Quando i videogiochi e i giochi online hanno fatto irruzione nella vita quotidiana, si sono eretti dei miti sopravvissuti, in alcuni casi, anche fino ai giorni nostri. Il sempreverde è stato uno, ed uno soltanto: un certo tipo di gioco costituisce principio di alienazione, solitudine, isolamento, asocialità. Il tutto tradotto in un termine inglese, spesso letto come dispregiativo: nerd. Niente di più falso, perché la cronaca, soprattutto quella recente, parla del gioco come del più grande fenomeno sociale dell’era social network.
Quest’ultimi, è noto, hanno stravolto la quotidianità di molti, creando delle condizioni che, in era pre-Facebook, erano inimmaginabili. C’è una netta distinzione oggi tra immigrati digitali e nativi digitali. I primi sono quelli nati in epoca pre-internet, quelli che, per intenderci, hanno vissuto l’epoca dei francobolli e delle lettere cartacee. I secondi, invece, sono quelli che di Whatsapp, Facebook, Twitter, Telegram, fanno uso e consumo dal giorno zero. Chiaro che si siano create delle divisioni generazionali sul tema giochi: per i primi un certo tipo di gioco è stato a lungo vissuto come fenomeno di nicchia e per un certo tipo di personaggi; per i secondi, il gioco è compagno quotidiano.
E, ovviamente, fenomeno sociale che permette di interagire e stringere legami. Ci ha pensato poi una pandemia ad assottigliare le differenze di vedute tra due e più generazioni. Durante il lockdown molti hanno cambiato le proprie abitudini e in alcuni casi, soprattutto per quel che riguarda gli under 65, hanno scoperto la piacevolezza del gioco online via smartphone, PC o console. Che ruolo ha giocato, il gioco? Da assoluto protagonista, ovviamente.
Per i più giovani titoli da console come Call of Duty, Fortnite, Apex Legends, hanno rappresentato per due mesi il punto di svago e d’incontro con amici e conoscenti. All’insegna della condivisione e dell’interazione. Giochi online gratuiti che funzionano come social: collegamento a distanza, possibilità di giocare insieme e di condividere. Non si parli, in questo caso, di isolamento: si sarebbe creato un vuoto, senza questi giochi. I più grandi hanno poi rivalutato altri luoghi comuni, altrettanto sbagliati. Come per esempio quelli collegati al gioco d’azzardo online, nella fattispecie al mondo dei casinò. Che si sono rivelati invece vero punto di incontro, divertimento ed intrattenimento, capaci di riunire sia giocatori di vecchia data sia autentici neofiti, grazie anche ai casinò bonus senza deposito. Anche qui tutto all’insegna della condivisione e della interazione. Non si parli più di isolamento, per il gioco.