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"La migliore offerta" di Giuseppe Tornatore, la perfezione dell'arte è irraggiungibile nella vita
Dopo tre anni dall’uscita di Baarìa, Giuseppe Tornatore ritorna al cinema con un thriller sofisticato, costruito attraverso la suspense che avvince il pubblico, ma capace di approdare ad un terreno più ampio di riflessioni sulla vita, l’arte, l’amore ed essere, come lo ha definito il regista, un “film d’autore per tutti”.
La migliore offerta è un’opera interessante tanto dal punto di vista visivo per la creazione di un favoloso immaginario, realizzato con suggestive ambientazioni classiche e barocche ricostruite nei dettagli, quanto per il suo significato, ottenuto attraverso la “manipolazione” della struttura narrativa stile thriller messa al servizio di una riflessione sull’uomo, sulla sua presunta capacità assoluta di discernere il vero dal falso; diversamente da quanto avviene nell’arte, nella vita reale tale distinzione non è mai così netta e precisa. Paradossalmente, "in ogni falso si nasconde sempre qualcosa di autentico!"
Virgil Oldman è un anziano battitore d’aste molto ricco e molto richiesto, solitario e pieno di ossessioni. Un giorno riceve la telefonata di una ragazza, Claire, che gli chiede di occuparsi personalmente della valutazione dell’antica villa dei suoi genitori appena scomparsi. La ragazza non si presenta inspiegabilmente ad alcuno degli appuntamenti. Questa ambiguità, invece di allontanare il protagonista, lo attrae e lo incuriosisce. Claire, al momento più opportuno, gli rivela di essere affetta da una grave forma di agarofobia e di vivere da 12 anni chiusa nella villa dei suoi genitori. In seguito a questa scoperta Virgil si sente coinvolto in una storia d’amore e salvazione nei confronti di una giovane creatura indifesa. L’unica persona che è a conoscenza della vicenda è Robert, un giovane restauratore di vecchi marchingegni al quale Virgil si affida per la sistemazione di un antichissimo automa trovato all’interno della villa.
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La prima parte del film è interamente fondata sul mistero provocato dalla presenza/assenza di una donna che lo spettatore non conosce, esattamente come il protagonista, se non attraverso una voce telefonica; la curiosità dello spettatore si accresce in maniera proporzionale a quella del protagonista.
Quando Virgil scopre che Claire vive in un’ala della villa, separata da lui solo da una porta dipinta, l’immaginario e la curiosità si sviluppano in un crescendo sempre maggiore per il desiderio di vederla.
Solo nel momento in cui finalmente Claire si svela si crea una separazione tra il protagonista e lo spettatore, sinora ugualmente uniti ed avvinti dalla curiosità.
Nello spettatore si insinua il dubbio, mentre il protagonista si lascia travolgere senza difese dalla passione, considerando la bellezza di Claire e la storia della sua malattia un simbolo di autenticità e di valore.
Nella sua immensa villa Virgil custodisce una straordinaria collezione: centinaia di ritratti di donne - opere di inestimabile valore - che non hanno mai avuto, nella sua grigia vita, una controparte di realtà. E’ sempre stato solo. Claire rappresenta la perfezione della sostanza, oltre che della forma. Virgil scopre un ulteriore senso dell’esistenza, attraverso l’amore e la bellezza nella vita vera, e vi si aggrappa, mai considerando, neppure remota, l’eventualità del “falso”.
Il film è costruito sul binomio impossibile della perfezione arte/vita. La perfezione, possibile nell’arte, è irraggiungibile nella vita, questo perché le categorie di bellezza assoluta del vero nell’arte non sono in alcun modo assimilabili al reale.
Il tema della storia ricorda in modo speculare l’opera teatrale di Luigi Pirandello Diana e La Tuda in cui è rappresentato il dualismo tra la forma/la statua e la vita/la modella.
In questo senso anche il titolo serve a sottolineare con ironia il conflitto, qual è la migliore offerta? L’arte o la vita? Nell’arte esiste una verità riconoscibile fin nel dettaglio più estremo, raggiungibile, esatta. Virgil, infatti, grazie alla sua infallibilità nel distinguere un falso dall’originale, dimostra di possederla totalmente. Nella vita tale verità non è strutturata in forme certe e ripetibili ed un uomo, che apre il proprio cuore alla bellezza di una creatura viva, può ritrovarsi inspiegabilmente incastrato nelle circostanze più pericolose, pugnalato alle spalle, senza che il meccanismo - della realtà - presenti alcun segno di sfaldatura, rimanendo perfettamente coerente all’interno dell’idealizzazione poetica generata dalla sua mente.
Platone affermava che il bello coincide con il bene e conduce ad esso. Tale coincidenza è spesso un’idealizzazione della mente umana. La bellezza è verità assoluta solo nell’arte.
Regia: Giuseppe Tornatore
Interpreti: Geoffrey Rush, Jim Sturgess, Sylvia Hoeks, Donald Sutherland
Distribuzione: Warner Bros.
Durata: 124'
Origine: Italia 2012
(In foto Geoffrey Rush/Virgil Oldman in una scena del film)
Gisella Rotiroti