Cronaca
La Giustizia europea condanna l’Italia per non aver adottato misure idonee contro la xylella
BRUXELLES, 5 SETTEMBRE - La Giustizia europea ha dato ragione oggi giovedì 5 settembre al ricorso della Commissione Europea, che ritiene che l'Italia, non abbia attuato le misure obbligatorie dettate dall’UE (che prevedevano la rimozione degli alberi infetti e di quelli situati nel raggio di 100 metri di distanza da quelli contagiati), per prevenire la diffusione del batterio della xylella, che può portare alla morte diverse specie di piante tra le quali gli ulivi.
All’Italia è ora richiesto di conformarsi alla sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea (CGUE) "il più presto possibile", in questa procedura di infrazione aperta nel 2015 è richiesto il “solo” pagamento delle spese processuali. Non ottemprando alla pretesa della Commissione, Bruxelles, potrebbe proporre un nuovo ricorso per chiedere sanzioni pecuniarie. "Le autorità del paese non adottano le misure appropriate per sradicare la peste xylella fastidiosa nella regione Puglia e non riescono a fermarne la progressione", aveva osservato l'esecutivo europeo quando ha presentato ricorso nel 2018.
La Commissione Europea, considera che dall'ottobre 2013, quando è stato notificato il primo focolaio, l'Italia "non si è completamente conformata" alla normativa comunitaria sulla quarantena e alla lotta anti-diffusione del batterio. "Queste misure comprendono la rimozione immediata delle piante infette", nonché i provvedimenti di monitoraggio a campionamento. La Corte di giustizia ha constatato nella sua sentenza che l'Italia non ha "rispettato due dei suoi obblighi ai sensi della decisione della Commissione".
Il batterio della Xylella è considerato tra ipiù pericolosi per le piante in tutto il mondo. Provoca varie malattie per le piante infette, portandole alla morte. Attacca principalmente ulivi, vigneti e frutteti. I mezzi di controllo raccomandati sono lo sradicamento e la distruzione, la delimitazione delle zone cuscinetto e la disinfezione. Il batterio è stato finora rilevato in quattro paesi europei (Italia, Francia, Spagna e Germania), con effetti diversi a seconda delle piante e delle condizioni climatiche.
Il batterio prima d'ora, non era mai stato rilevato in Europa fino al 2013, quando ne fu evidenziata la presenza in Puglia. I ricercatori se ne avvidero nel riscontrare un abnorme “disseccamento rapido dell’ulivo” che portava le piante a non produrre più frutto e a morire in poco tempo. La causa fu identificata nella Xylella, batterio per il quale non esiste cura, fu consigliata all’uopo la distruzione di tutti gli ulivi malati per evitare pericolose contaminazioni.
Nel 2015 ci furono numerose proteste e manifestazioni, da parte di coltivatori e associazioni olivicole, contrarie alla eradicazione e distruzione di piante di ulivo, spesso secolari. La magistratura, aprì anche un’inchiesta ipotizzando tra l’altro che fossero stati gli stessi ricercatori a diffondere il batterio. Questa ipotesi fu poi giudicata del tutto infondata ed esclusa con l’archiviazione dell’inchiesta.
Il presidente di Coldiretti Puglia, Savino Muraglia, afferma che “Continua a mancare una strategia condivisa e univoca tra enti regionali, nazionali e comunitari per fermare la Xylella e ridare speranza di futuro ai territori che hanno perso l'intero patrimonio olivicolo e paesaggistico”.
"Gli errori, le incertezze e gli scaricabarile che hanno favorito l'avanzare del contagio hanno provocato 21 milioni di ulivi infetti e danni per 1,2 miliardi di euro" - riferisce l’associazione Coldiretti - "Sotto accusa, però ci sono anche le responsabilità comunitarie, a partire dal sistema di controllo dell'Unione europea con frontiere colabrodo che hanno lasciato passare materiale vegetale infetto". "L'avanzata della malattia - conclude Coldiretti Puglia - "ha lasciato milioni di ulivi secchi dietro di sé, con conseguenze economiche, produttive e sociali: cinquemila posti di lavoro persi nella filiera dell'olio extravergine di oliva, con i frantoi svenduti a pezzi in Grecia, Marocco e Tunisia".
Luigi Palumbo