L'esperto risponde
La giustizia civile verso la privatizzazione?
18 LUGLIO 2013 - Il governo Berlusconi, quello Monti e quello Letta - pur nella loro diversità - hanno in realtà una caratteristica comune. Un “trait d’union” che risalta con evidenza agli occhi degli operatori della giustizia, ma che non dovrebbe sfuggire anche al cittadino non addetto ai lavori.
I vari occupanti del Ministero di via Arenula si sono a ben vedere tutti vantati di interventi normativi risolutori nel settore della giustizia civile. Termini come “svolta epocale” o “rivoluzione copernicana” si sono sprecati, nei discorsi dei politici di turno, quando si parlava della forma di giustizia che più di tutte interessa al comune cittadino.
Per lo più si è trattato invece di puri interventi legislativi “spot”, più fumo negli occhi che arrosto. In realtà, si è provveduto a ridurre progressivamente l’accessibilità dei cittadini alla giustizia più “spiccia”, quella che appare di poco conto dal punto di vista oggettivo ma non lo è da quello soggettivo. Aumenti spropositati dei costi delle cause , fantasiose condizioni di procedibilità per iniziare azioni anche semplici e lineari, riduzioni del personale degli uffici giudiziari, smantellamento di sedi di tribunale e giudici di pace ritenute periferiche.
Se si guarda a tutto ciò con occhio appena un po’ malizioso, non appare fantasioso immaginare quale potrebbe essere la finalità velata di tutto ciò: indirizzarsi verso una privatizzazione della giustizia. Proprio la giustizia che richiederebbe imparzialità ed equidistanza dalle parti, è invece destinata a diventare “di parte”. Il contenzioso civile sembra irrimediabilmente destinato a divenire un business di punta, una merce di scambio per far risollevare un po’ l’economia agonizzante del nostro Paese. A questo punto, il p.i.l. ne trarrà forse giovamento e farà passi in avanti. La tutela dei piccoli diritti quotidiani del cittadino, quella no. Il rischio per essa è di finire irrimediabilmente “in rosso”.[MORE]
Raffaele Basile