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La geografia serve a fare la guerra?
TREVISO, 19 GENNAIO 2017 – Gli spazi di Palazzo Bomben di Treviso dialogano con mappe, toponimi, atlanti del passato e opere contemporanee ispirate al tema della mostra anticipato già dall’interrogativo provocatorio del titolo, La geografia serve a fare la guerra? – prorogata fino al 12 marzo 2017.[MORE]
Un punto di vista privilegiato per riflettere e indagare sulle trasformazioni geopolitiche generate da guerre e rivoluzioni, una narrazione costante del territorio che muta, dall’antichità fino ai nostri giorni, con focus sull’arco temporale compreso tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. Tra mutamenti socio-demografici, barriere biologiche e culturali, l’osservazione di nuovi ambiti semantici si snoda attraverso tre sezioni strettamente collegate, rispettivamente Rocce e acque, Segni umani, Carte da guerra, lungo un percorso espositivo concepito come un “viaggio esperienziale”.
L’allestimento e il progetto grafico sono firmati da Fabrica, partnership dell’esposizione proposta dalla Fondazione Benetton Studi Ricerche e curata dal geografo storico Massimo Rossi, anche autore della monografia dedicata all’evento, in cui continua la ricerca sul lavoro del geografo, pervaso indubbiamente dallo Zeitgeist, lo “spirito del tempo”. L’influenza del pensiero dominante, come si legge nella presentazione del testo, ha reso le carte geografiche dei «veri e propri manifesti di propaganda per trasmettere concetti (il confine naturale, la nazione) e rivendicare la sovranità storica, culturale e linguistica su territori sottoposti ad altre entità politiche. Ma una carta geografica è anche l’esito di una sottrazione – la terza dimensione – al globo terrestre, e può moltiplicare le proprie potenzialità non appena un artista decide di dialogare con essa».
In mostra planisferi, plastici, tappeti geografici, tavole dell’Istituto Geografico Militare Italiano, carte tecniche regionali, cartografie catastali, creazioni di artisti come Marco Ferreri (Terracotta), Latifa Echakhch (Globus), Pietro Ruffo (The colours of cultural maps, opera realizzata per il progetto Imago Mundi di Luciano Benetton) e anche la celebre The Blue Marble, la foto del pianeta Terra scattata dall’equipaggio dell’Apollo 17.
Tra arte e guerra, orizzonti aperti e confini mobili, capacità visionarie e codici scientifici differenti accolgono la sfida lanciata dalla rassegna, ridisegnando lo spazio del politicamente possibile, con un nuovo segno o un nuovo sogno.
Domenico Carelli
(Foto: courtesy Studio Esseci)