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La “Fonderia Oxford”: un capitale di idee italiane dall'estero
OXFORD, 30 APRILE 2013 - Esistono parole che se associate formulano ossimori più o meno reali. In Italia, al giorno d’oggi, abbinare la parola “giovani” a quella di “lavoratori” delinea, nell’immediato, un quadro triste e stridente. I dati Istat si susseguono oramai impietosi nel segnalare un tasso di disoccupazione giovanile che tende sempre ad aumentare (ben del 28% rispetto al 2011 con l’aggiunta nel 2012 di circa 200.000 disoccupati tra i laureati under 35).[MORE]
Ma nel tentativo di muovere verso nuovi e più rosei orizzonti è forse utile e necessario porre una domanda: chi sono i giovani? Se nella lingua inglese si utilizza la parola teenagers per indicare una categoria netta e distinta, quale quella adolescenziale, oggi, quando si pensa o si parla dei giovani italiani, quale profilo generazionale si ha in mente?
La concezione più adeguata sembra configurare una forbice d’età in continua espansione. È come se la parola “giovani” fosse divenuta un contenitore semantico indefinito all’interno del quale è possibile collocare, e disperdere, un sovrappiù sociale che, in senso stretto, non ha riferimenti anagrafici ben chiari: studenti medi e universitari, ricercatori, disoccupati, precari, lavoratori occasionali, centralinisti dei call center o trentenni laureati che, in attesa di occupazione, si riparano nell’unico ammortizzatore sociale rimasto, ovvero la famiglia. Ebbene tutti questi soggetti risultano essere accomunati dal loro dimenarsi in un mondo del lavoro dove la tanto decantata parola “flessibilità” non è sinonimo di un impiego interscambiabile, bensì di assoluta incertezza.
Conseguenza di questa realtà tanto avversa è l’affermazione, da parecchi anni, di quel fenomeno di emigrazione giovanile riconosciuto con l’espressione di “cervelli in fuga”. Con tale formula, difatti, viene inteso quell’enorme capitale umano che, non trovando sbocchi occupazionali in Italia, decide di investire il proprio impegno, e le proprie capacità, in un’altra nazione e per un’altra nazione. Tuttavia la lontananza dal proprio paese natio non comporta l’esclusivo disinteresse per le sue sorti, anzi da essa ne può scaturire l’effetto contrario.
Accade così che, nel panorama appena delineato, degli ambiziosi quanto preparati giovani ricercatori italiani, pur lavorando da anni presso una delle più prestigiose università britanniche, quale quella di Oxford, decidono di mettere al servizio del Belpaese le loro idee e le loro competenze. Nasce con queste premesse “Fonderia Oxford” che, per l’appunto, si definisce come «un laboratorio politico che aspira ad affrontare i problemi che hanno fatto dell’Italia uno stato economicamente debole, socialmente ingiusto e assolutamente immobile».
Per realizzare tutto ciò, alla base della Fonderia, vi è un’importante ed imprescindibile studio di analisi sulla drammatica crisi politica ed economica che affligge da troppo tempo l’amato Stivale. Ma attenzione a non scambiare tale studio come una pratica asettica e distaccata di chi, vivendo oramai all’estero, è esente da qualunque coinvolgimento ed interresse. Piuttosto, i giovani componenti della Fonderia Oxford vivono in rapporto all’Italia alla stessa stregua di Ulisse con la sua perduta Itaca. Il loro, infatti, è un legame viscerale ed intenso verso un paese dove magari poter tornare se «più giusto, libero ed eguale».
È questo stesso desiderio che li spinge, da quasi tre anni, ad associarsi con l’intento di contribuire attivamente alla crescita dell’Italia. Un proposito, quest’ultimo, che non sarebbe possibile senza strutturare un filo diretto con le istituzioni italiane. Un confronto serrato con la politica, quello concepito dalla Fonderia, il cui nucleo essenziale non mira a parlare di “chi” governa, ma al “come” e al “cosa”, sempre mediante un dialogo sì critico ma avente come unico obiettivo la formulazione di proposte concrete.
Sono, dunque, i contenuti e le forme di attuazione alla base di ogni dire e soprattutto di ogni fare della Fonderia Oxford. Entrare nel mondo di questi zelanti giovani (per chi volesse farlo il sito www.fonderia.org è un ottimo mezzo) significa accedere ad una metodologia di lavoro dove nulla viene lasciato al caso, poiché tutto viene dedotto soltanto dopo aver messo a frutto le specifiche conoscenze accademiche anche attraverso seminari e dibattiti. Ed è così che vengono stilati con perizia nuove misure economiche e disegnati per ogni ambito d’interesse progetti non utopici ma del tutto realizzabili. Una programmazione a 360 gradi che muove seguendo macro-temi precisi: crescita e innovazione, energia, legge elettorale, macroeconomia e finanza, politiche industriali, sociali e del lavoro, senza infine tralasciare il crimine organizzato.
La Fonderia Oxford, attraverso le competenze dei suoi componenti, rilancia sul tavolo da gioco della politica italiana temi irrimandabili e di importanza capitale. E lo fa con una visione che, proprio perché ideata da giovani, cerca di corrispondere nella maniera più efficiente possibile alle esigenze e alle istanze che provengono dal mondo giovanile stesso. Ne è prova, l’ulteriore voce inserita tra gli ambiti di studio: utopie possibili. Qui vengono nella fattispecie analizzate nuove misure collettive volte ad arginare quei processi di diseguaglianza economica che colpiscono, principalmente, i giovani e i lavoratori precari. Secondo la Fonderia, infatti, non è possibile supportare tali individui senza offrire loro un reddito minimo di cittadinanza utile a garantire quelle condizioni indispensabili per una dipendenza economica e sociale. Tale progetto, per l’appunto, non è utopico come vorrebbero far pensare i dinosauri dei palazzi di potere, ma di reale attuazione se si vanno a colpire quei privilegi acquisiti all’interno di un sistema di welfare mal funzionante e che non tutela i soggetti più disagiati.
Nuovi spazi d’ordine e di azione quelli proposti dalla Fonderia Oxford finalizzati a stimolare e rinnovare, come farebbe un impertinente tafano, «il panorama di partecipazione attiva alla vita democratica italiana». Un laboratorio politico che pur essendo nato all’estero utilizza «la distanza per adottare un approccio più sistematico e meno fazioso». D’altronde, a volte, sono proprio gli occhi dello straniero, ovvero di colui che guarda le cose dal di fuori, ad essere utili per attuare un’analisi lucida ed attenta. Sono gli occhi di chi, come Ulisse, «molto dovette andar vagando» prima di compiere il proprio desiderato nostos.
(Immagine da radio24.ilsole24ore.com)
Giovanni Maria Elia