Fantasticherie del cuore
La demagogia, regina dell'invidia e della gelosia
L’innesto sociale tra invidia e gelosia non risparmia alcun ambiente. Fiorisce in ambito politico, finanziario, religioso, nei luoghi di lavoro, tra gli amici, in famiglia, ecc. Solo una fede matura e un sano equilibrio interiore sono in grado di porre un argine sicuro, permettendo a chiunque di non essere vittima di un abbraccio esteriormente propiziante e accattivante. Dirompente in proposito la nota teologica che segue: “Per chi dovesse abitare nella casa dell’invidia e della gelosia per molti anni è un inferno sulla terra. Non c’è pace. Non c’è serenità. Non c’è gioia. Non c’è vita. Neanche si può compiere bene il proprio lavoro. Tutto viene interpretato, trasformato, letto, compreso a partire da questo male potente che rosicchia il cuore, dilania la mente, fa esplodere l’anima, annienta lo spirito”. [MORE]
Papa Francesco non poteva non avere in proposito accenti molto chiari ed eloquenti: “La gelosia è “una malattia” che torna e porta all’invidia. Cosa brutta è l’invidia! E’ un atteggiamento, è un peccato brutto. E nel cuore la gelosia o l’invidia crescono come cattiva erba: cresce, ma non lascia crescere buon’erba. Tutto quello che gli sembra di fargli ombra, gli fa male. Non è in pace! E’ un cuore tormentato, è un cuore brutto! Ma anche il cuore invidioso porta ad uccidere, alla morte. E la Scrittura lo dice chiaramente: per l’invidia del diavolo è entrata la morte nel mondo”. Parole forti quelle del teologo calabrese e del Santo Padre che ci fanno comprendere come questi due aspetti interiori dell’animo umano possano danneggiare la società odierna. Non avere una cosa oggi spesso non induce l’interessato a cercarsela, ma a desiderare di farla perdere a chi la possiede.
È questa l’anticamera della demagogia che imperversa nelle nostre tv o sui social. Viene facile alla politica parolaia, ad esempio, proiettata al consenso populista, proporre una eguaglianza al ribasso. Si toglie a chi possiede, al di là dei diritti maturati e delle condizioni personali raggiunte, non per dare a chi non ha, ma per illudere i più deboli senza dar loro prospettive concrete. Alimentare l’invidia sociale, in assenza di buoni traguardi per il benessere comune, non è altro oggi che il tentativo di far esplodere una bomba ad orologeria che può investire ogni cosa, compresi i suoi ispiratori. La demagogia, come insegna Nerone, è da sempre la falsa regina della insofferenza generale che trova nutrimento nella rabbia collettiva e nell’insoddisfazione personale. Gesù stesso viene consegnato a Pilato per invidia. Il prefetto di Roma lo capisce, ma la sua pusillanimità gli impedisce di rifiutare la richiesta dei farisei.
Mai consegnare alle chiacchiere da “Bar” o all’invidia sociale, aizzata dai “farisei” di turno, un qualcuno ritenuto più fortunato di noi o una qualunque questione che tenda a cancellare vecchi orizzonti, piuttosto che a ridisegnare nuovi e giusti! Sulla disgrazia altrui non è mai sorta la felicità di alcuno. Finito l’effetto inebriante di una qualsiasi invadente azione pubblica o privata, non mancheranno le “rivalse” che il contrappeso naturale muove nel segno di una ontologia che tutto precede. Invidia e gelosia restano le scorciatoie collaudate che riempiono la “pancia” nell’immediato di chi le sostiene, ma che posticipano il vero progresso e quell’equità sociale di cui ognuno si fa paladino per catturare la benevolenza popolare. Un vero disastro che impedisce la redenzione dell’uomo o quantomeno la ritarda, impoverendo la storia, sebbene le sue meritorie scoperte materiali.
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