La Dda non ci sta: "Aggravante mafiosa per Bernaudo e Ruffolo"
Cronaca Calabria

La Dda non ci sta: "Aggravante mafiosa per Bernaudo e Ruffolo"

venerdì 11 gennaio, 2013

RENDE (CS), 11 GENNAIO 2013- Secondo il Procuratore aggiunto di Catanzaro, Giuseppe Borrelli, le motivazioni del Gip, Livio Sabatini, sull’esclusione dell’aggravante delle modalità mafiose nei confronti degli ex consiglieri provinciali di Cosenza, Umberto Bernaudo e Pietro Ruffolo, sarebbero insufficienti. Ieri nel corso dell’udienza del tribunale del riesame sul ricorso presentato dalla Direzione distrettuale antimafia contro l’ordinanza del Gip, Borrelli attraverso un intervento di circa un’ora ha chiesto che siano accolte le tesi accusatorie.

La Dda aveva presentato appello contro l’ordinanza del Gip che aveva disposto la custodia cautelare ai domiciliari per corruzione e corruzione elettorale escludendo il concorso esterno in associazione mafiosa e l’aggravante delle modalità mafiose. I difensori dei due esponenti politici hanno invece chiesto che il ricorso presentato dalla Dda venga rigettato. Sulle richieste i giudici del riesame si sono riservati di decidere. Nel corso delle indagini preliminari i due ex amministratori si sono dichiarati estranei alle accuse.

Umberto Bernaudo, sindaco di Rende (Cs) dal 2006 al 2011, e Pietro Ruffolo, secondo l’accusa avrebbero ricevuto l’appoggio elettorale di Michele Di Puppo, ritenuto dagli investigatori un personaggio di spicco della ‘ndrangheta cosentina, in occasione delle elezioni provinciali del 2009. I due politici rendesi in forza al Partito Democratico (dal cui sono stati sospesi) erano stati posti agli arresti domiciliari lo scorso 15 novembre. In seguito alla vicenda la Commissione d’accesso antimafia si è insediata nel Comune di Rende (Cs) per appurare eventuali infiltrazioni o contiguità mafiose. Il 7 dicembre scorso, Bernaudo e Ruffolo, sono tornati in libertà dopo che i giudici del tribunale della libertà hanno annullato l’ordinanza di custodia cautelare. [MORE]

Davide Scaglione


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