Cronaca
La cultura è sinonimo di Italia. Intervista ad Alessandro Bertolucci
ROMA, 8 DICEMBRE 2012 - Alcuni giorni fa è stato deciso che le produzioni Rai devono essere esclusivamente girate in Italia, salvo casi eccezionali in cui, per esempio, emerge la necessità di location particolari. È stato deciso così al termine dell’incontro presieduto dal Direttore Generale della Rai Gubitosi, le direzioni Fiction e Risorse Umane, oltre che dalle rappresentative sindacali. Diversi produttori sono un po’ preoccupati di questa decisione, soprattutto se si pensa ai costi di budget molto alti. Questa decisione è stata presa dopo anni di proteste e manifestazioni da parte di lavoratori di Cinecittà per la drastica riduzione del lavoro e la conseguente perdita occupazionale. L’attore Alessandro Bertolucci sostiene che sia possibile valorizzare la cultura italiana, comprando prodotti italiani, rispettando il lavoro e anche riscoprendo la ricchezza della nostra lingua.[MORE]
Le prossime produzioni Rai saranno girate in Italia. Così è stato deciso qualche giorno fa dalla Tv di Stato alla fine del confronto tra il Direttore Generale Gubitosi, le direzioni Fiction e Risorse Umane della Rai, oltre che le rappresentative sindacali. Come giudichi questa decisone aziendale?
La decisione presa è una grande dimostrazione di responsabilità nei confronti di tutti i lavoratori del settore ma anche dei cittadini. Una fiction che non è coprodotta con altri Paesi ha poche ragioni di essere girata all’estero se non quelle del minor costo di realizzazione. Si potrebbero addurre giustificazioni di carattere narrativo e scenografico, ma ritengo che in un periodo di difficoltà economica e occupazionale come quello che il Paese sta attraversando sia necessario uno sforzo comune, un investimento economico e ancora di più artistico sul territorio nazionale.
Molti produttori sono molto preoccupati soprattutto per i costi del lavoro in Italia, assai alti per il budget. Tra questi, Ida Di Benedetto ha dichiarato in tono polemico:« La Rai vuole che le sue fiction siano girate in Italia? Ci metta in condizioni di farlo». Ci sono queste condizioni?
A mio avviso le condizioni ci sono, lo dimostrano i molti produttori che regolarmente producono in Italia, con enorme successo. Bisogna adattare le storie, certo, forse sarà necessario rinunciare a certi tipi di prodotto per un po’, ma il mercato nazionale ne avrà enormi benefici. Forse alcuni produttori dovranno controllare i propri appetiti economici, ma un mercato nazionale vivace dovrebbe essere un incentivo per tutti. Le condizioni per girare in Italia ovviamente non possono essere create solo dalla RAI, le varie film commission devono fare la loro parte, benefici fiscali devono sostenere le produzioni e le categorie di lavoratori devono garantire la qualità del lavoro. La fiction è un prodotto che crea lavoro e denaro, questo non deve essere dimenticato, è una risorsa del Paese e come tale deve essere intesa; ragion per cui vi lavora deve essere qualificato.
Questo “protezionismo” per il made in Italy, così è stato definito, è arrivato dopo anni di proteste e manifestazioni da lavoratori di Cinecittà per la crescente riduzione del lavoro e perdita occupazionale per produzioni che “emigravano” in altri Paesi visto gli eccessivi prezzi di manodopera. Perché è dovuto passare tutto questo tempo?
Non credo che si possa valutare la tempistica della scelta. La questione è complessa. Le rimostranze di alcune categorie di lavoratori hanno dato i loro frutti dopo anni di lotta solitaria. Negli ultimi anni qualcosa forse è cambiato o sta cambiando. Registi, attori, sceneggiatori, autori, tutte categorie storicamente molto individualiste, hanno cominciato a muoversi e fatto sentire la propria voce. C’è bisogno di collaborazione, ci deve essere, e mi pare che i presupposti ci siano tutti, la volontà di fare crescere e prosperare il mercato dell’audiovisivo Italia. Non parlerei di protezionismo, parlerei metaforicamente di una D.O.P. : abbiamo una tradizione cinematografica e televisiva invidiabile, perché disperdere la conoscenza? Perché rinunciare alla ricchezza dell’esperienza accumulata?
Dal giugno 2011 ad oggi il Teatro Valle di Roma è stato occupato. Gli occupanti sono lavoratori e operatori dello spettacolo di cinema, teatro, danza e televisione, dagli stabili ai precari. Questa occupazione è il modo di dire no ai continui attacchi all’arte e al sapere. Come giudichi questa “iniziativa”?
Ciò che è stato fatto al Valle è una operazione coraggiosa e vincente. Non sono sicuro della replicabilità della cosa, ma l’unicità del Valle è anche la sua forza dirompente. Ammirevole in particolar modo è l’attaccamento e la dedizione di tante persone al proprio lavoro, la passione che le muove. Questo per me è il messaggio migliore che si possa dare.
È arrivato il momento di riconoscere la cultura come un bene comune. Permettere a chiunque l’accesso al sapere, alla conoscenza, alla ricerca e alla creazione. È un diritto fondamentale all’esercizio di cittadinanza. Cos’è per te la cultura e come dovrebbe essere valorizzata?
La Cultura per me italiano è l’aria che respiro ogni giorno, è dove si posa l’occhio ogni volta che mi guardo intorno. In Italia la parola “cultura” ha un sinonimo che pochi conoscono e apprezzano: “Italia”. Valorizzare la cultura nel nostro Paese è un’impresa ardua, tale è il patrimonio artistico e culturale che ci circonda, per questo è fondamentale che ogni cittadino, partendo dal rispetto per il nostro territorio, si applichi per la sua valorizzazione e preservazione. Può sembrare retorico e utopico, ma siamo il Paese con la più alta concentrazione di cultura e monumenti al mondo, dovremmo e potremmo vivere solo di questo. È fondamentale prendersi cura di questa nostra ricchezza innanzitutto attraverso l’insegnamento e il rispetto. Senza aspettare interventi dall’alto, si può valorizzare la nostra cultura comprando italiano, rispettando il lavoro italiano o riscoprendo la ricchezza della nostra lingua, per esempio.
Giulia Farneti