Cultura e Spettacolo
La crisi del teatro nello spettacolo "Gran Cafè Chantant" in scena al "Grandinetti" di Lamezia
LAMENZIA TERME (CZ) 13 GENNAIO - Il dramma degli attori di teatro all’inizio del ‘900, determinato dall’avvento del Cafè chantant soppiantato, a sua volta, dal cinema è la tematica fondante dello spettacolo “ Gran Cafè Chantant” di Tato Russo andato in scena al Teatro Grandinetti di Lamezia Terme nell’ambito del cartellone del Teatro di Prosa ideato da Ama Calabria. Ancora una volta si è registrato il sold out per questo spettacolo nel quale tutta la scenografia, costruita su teloni di scena girati, bauli chiusi, costumi, arredi, luci, gesti, ha richiamato la metamorfosi del teatro classico costretto a mettersi in discussione. [MORE]
Protagonisti i quattro attori, Felice, Peppino, Bettina e Carmela, costretti ad abbandonare le scene nonostante la loro riluttanza ad arrendersi alla nuova realtà e i morsi della fame che li tormenta da giorni. Gran Cafè Chantant di Tato Russo, un vaudeville in due atti, è la riscrittura dell’opera di Eduardo Scarpetta ambientata nel cuore della belle èpoque e volta a raccontare lo spirito del tempo e lo stato d’animo dei grandi maestri di prosa indotti a reinventarsi travolti dai rapidi cambiamenti del tempo. Tato Russo, nei panni di Felice Sciosciammocca, ha dominato il palcoscenico affiancato da attori riottosi, talvolta improvvisati, attrici, vere o presunte, attratte dalle luci del varietà e dal desiderio di diventare famose soubrettres: tutti, espressione di un teatro che si arrangia proponendo un nuovo repertorio intriso di malinconia, comicità ed umorismo, si sono destreggiati in macchiette, canzoni, caricature ed iperbolici percorsi di teatro, talvolta superflui, sempre accompagnati dalla musica eseguita dall’Orchestra Gran Cafè Chantant. Tato Russo ha presentato tutta la vicenda in un giorno solo anche se riferita all’intero periodo, che detiene la nascita, lo splendore e la miseria del cafè chantant e sembra coincidere con i nostri giorni in cui si assiste al declino del teatro e ad un appiattamento dello spirito critico.
Da qui l’esigenza di smuovere le coscienze assopite affinché si possa recuperare un’arte di inestimabile valore qual è il teatro autentico. Emozionante la chiusura dello spettacolo contrassegnata dalla fusione del cinema con la scena teatrale con palese allusione all’avvento del cinema che avrebbe segnato la crisi del vilipeso teatro. Nella prima parte dello spettacolo, un po’ spoglia e triste, i dialoghi tra gli attori scivolano veloci, con ritmi incalzanti in quanto gli interpreti sono ancora confortati dai valori su cui imperniano le loro vite, mentre nella seconda parte la malinconia della chiusura dei teatri lascia spazio alle luci luccicanti del cafè, ai disagi, alle nevrosi esternate nei vari numeri dei protagonisti. Incantevole il numero di magia che sembra funzionare mentre termina la falsa magia dei lustrini e delle paillettes. Tutto viene meno con la guerra che chiama al dovere e che non lascia tempo per sognare in una sala di teatro che sia quella del teatro di prosa o del cafè chantant: il cinema rende tutto diverso e gli attori si trasformano in burattini dell’industria cinematografica. Sul palco gli attori: Clelia Rondinella, Mario Brancaccio, Carmen Pommella, Katia Terlizzi, Letizia Netti, Renato De Rienzo, Salvatore Esposito, Dodo Gagliarde, Antonio Romano, Francesco Ruotolo, Caterina Scalaprice, Massimo Sorrentino, Vittorio Ciorcato, Elisabetta D’Acunzio
Lina Latelli Nucifero