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La crisi del mondo lavorativo colpisce anche i giornalisti
Quella che sta vivendo l’Italia è certamente una delle fasi più problematiche dal secondo dopoguerra. Come insigni intellettuali avevano sostenuto diverso tempo fa, dietro il cosiddetto “sviluppo” di una società sempre più industrializzata che andava acquisendo nel tempo una facciata più umana e democratica, si celava la mortificazione dei lavoratori sempre più “appendici” delle macchine con le quali lavoravano. Affermazioni che risalgono a trenta o addirittura quarant’anni fa ma che si sono rivelate straordinariamente profetiche nel tempo soprattutto se assistiamo a quello che sta succedendo nel mondo lavorativo, spesso colpito da provvedimenti che, come risultato, portano in piazza persone appartenenti alle categorie lavorative e sociali più disparate e sempre più determinate a salvaguardare i propri diritti più elementari. [MORE]
La crisi del mondo lavorativo sta colpendo in primo luogo le fasce più giovani: basti pensare a tutti quei neolaureati spesso (quasi sempre?) costretti ad emigrare o ad accontentarsi di lavori che rischiano di farne dei precari a vita. Ma in questo articolo entreremo più nel particolare e ci concentreremo su una categoria della quale nell’ultimo periodo si parla con grande insistenza per varie ragioni: quella dei giornalisti.
Non di rado negli ultimi tempi sono giunte segnalazioni da parte di giornalisti che non hanno percepito lo stipendio mensile che gli spetterebbe per contratto oppure lo hanno ricevuto in ritardo sebbene vi siano delle norme ben precise in materia.
A regolare il diritto alla retribuzione del lavoratore è l’articolo 36 della nostra Costituzione. Esso stabilisce che il pagamento dello stipendio deve essere proporzionale alla quantità ed alla qualità del lavoro svolto. È comunque fondamentale che esso sia in grado di assicurare una vita dignitosa allo stipendiato e alla sua famiglia. Chi lavora ha anche diritto al riposo settimanale e a delle ferie annuali regolarmente retribuite.
Inoltre, l’articolo 2099 del Codice civile precisa che la retribuzione può essere stabilita a tempo o a cottimo. Qualora le due parti non dovessero trovare un accordo, la decisione spetterà ad un giudice del lavoro, considerando eventualmente anche il parere delle associazioni professionali.
Se il lavoratore dipendente percepisce il proprio stipendio in ritardo rispetto alla data stabilita dagli accordi e dal contratto collettivo nazionale del lavoro, avrà diritto a degli interessi che saranno calcolati sul credito reale. Inoltre, una mancata retribuzione o un eventuale ritardo della stessa possono provocare al soggetto disagi di vario tipo (relativi, ad esempio, al pagamento di affitto o bollette). In questo caso ci sarebbero gli estremi per intraprendere ulteriori azioni legali contro l’editore.