Cronaca
La Catanzaro del dopo-covid / "ah, Catanzaro! Palanca..." di Giuseppe Bisantis.
Giornalista sportivo e radiocronista italiano della RAI - Radiotelevisione italiana risponde all’appello lanciato dall’Assessore alla Cultura, Ivan Cardamone, per immaginare la Catanzaro del dopo Covid, attraverso il forum virtuale dedicato a progetti e idee per la città del futuro. La firma è quella di Giuseppe Bisantis.
Chi è Giuseppe Bisantis?
Laureato in Scienze Politiche, giornalista professionista assunto in Rai dove inizia le prime corrispondenze all'interno della trasmissione “Tutto il calcio minuto per minuto”. Ha lavorato presso la redazione sportiva del “Giornale Radio Rai” e nei primi anni viene impiegato come inviato a bordo campo nei campi della Serie A e come radiocronista in quelli della Serie B. Voce ufficiale della Nazionale di calcio dell'Italia Under-21. È stato presente anche ai Mondiali di calcio di Germania nel 2006, Sudafrica 2010 e Brasile 2014, oltre che ai Campionati europei in Austria e Svizzera nel 2008, in Polonia e Ucraina nel 2012 ed in Francia nel 2016. Ha al suo attivo tre edizioni dei Giochi Olimpici.
"Ah, Catanzaro! Palanca..."
"Da circa un mese ho ripreso a viaggiare contestualmente con la ripartenza del campionato di calcio e mi sono accorto che il periodo di chiusura vissuto a Roma è stato ben diverso rispetto a quello delle città del nord colpite maggiormente dal virus. Catanzaro lo è stata ancora di meno grazie alla gestione assennata dell'emergenza soprattutto da parte dei cittadini. Lo stop però ha pesato per tutti e la ripartenza è sempre difficoltosa. L'estate in corso sarà inevitabilmente diversa dalle altre per una minore presenza anche dei cosiddetti turisti di ritorno. Settembre arriverà presto, la soluzione definitiva dell'emergenza Coronavirus arriverà solo con il benedetto vaccino e le autorità civili e sanitarie devono prepararsi per un eventuale e mai auspicabile aumento dei contagi nel prossimo autunno. Catanzaro ha fronteggiato bene il problema con le sue strutture sanitarie che però non sarebbero sufficienti in caso di una maggiore aggressività del virus. Ampliare, rimodernare e potenziare le strutture e soprattutto le terapie intensive è diventato improrogabile al di là del Coronavirus. Poi bisogna evitare di chiudere nuovamente attività industriali, commerciali, scuole, uffici e di tenere le persone a casa. Questa situazione mi ha fatto cambiare idea finanche sul traffico. Ci abbiamo perso giorni di vita imbottigliati in auto ma il traffico è il segno di una comunità che si muove, produce, che spende e guadagna. Le file fuori dai ristoranti (e non per il distanziamento), dai bar, dai negozi sono segno del benessere di una città che vive e non si chiude. Certo, una viabilità migliore, un maggior numero di parcheggi, l'aumento delle zone pedonali sono tutte cose che servono a incrementare la vita di una comunità e non si può prescindere da questo.
Riguardo al tema del lavoro io non sono un grande estimatore dello smart working. Deve essere applicato su base volontaria e su richiesta ma solo da persone che ne hanno realmente bisogno. Restare in casa danneggia le attività commerciali della città. Ristoranti e Bar ne hanno pagato le conseguenze peggiori, ma anche i negozi di abbigliamento o di altro genere hanno subito gravi perdite. La gente deve vivere la propria città ed è sempre la gente che mette in moto tutta la catena produttiva. Il caffé al Bar tra colleghi (nelle pause di lavoro, ovvio) mette in moto tutto il circuito della distribuzione. Casa e lavoro devono essere distinte. Soprattutto per le donne che lavorano che hanno bisogno mentalmente di qualcosa che non sia sempre e solo casa. Il lavoro, lo studio, la consulenza a distanza non potranno mai avere la stessa efficacia del contatto fisico e della presenza. Ridurre le postazioni di lavoro, gli uffici, avrebbe conseguenze anche sul mercato immobiliare e sulla gestione degli edifici pubblici, basti pensare alla sede della Regione a Germaneto.
Infine, il tema che ha più attinenza con la mia professione ma soprattutto con la mia passione. Catanzaro si è sempre immedesimata con la propria squadra di calcio. Ancora oggi, quando le persone vengono a conoscenza di quale sia la mia città di origine, mi dicono: "Ah, Catanzaro! Palanca..." La squadra che ha portato per prima il grande calcio in Calabria è un simbolo. Scrivo all'indomani dell'eliminazione dai play-off comunque senza troppa delusione per come le istituzioni calcistiche hanno gestito questo momento con evidenti forzature specie nelle categorie minori. La società deve essere sostenuta ma soprattutto dal punto di vista delle strutture. Uno stadio più accessibile e confortevole ma anche un prato di gioco regolare. Quello attuale è gibboso ed in alcuni tratti addirittura paludoso. Stesso discorso per il centro tecnico degli allenamenti. Quello di Giovino così come è appare per certi versi inadeguato per una società ambiziosa. Viaggio per il calcio e mi rendo conto di altre realtà che hanno investito sullo sport con grandi ritorni. Catanzaro non può essere da meno".