Fantasticherie del cuore
La bisaccia dell'uomo tra vizi propri e peccati altrui
L’uomo ama denigrare l’altro probabilmente con l’idea di rafforzare se stesso. Un gioco al massacro che non porta a nessuna conclusione positiva. Nonostante la verità del vangelo, si continua a pensare che “l’eliminazione” dell’altro crei più spazi personali. Il risultato è che ogni società diventa sempre di più meno inclusiva e quando apre all’esterno non è convinta della sua azione collettiva, ma lo fa, almeno in alcuni momenti, per cogliere magari un’opportunità socio-politica. Il concetto di fratellanza perde quota. Ognuno difende il suo avere, cosa di certo non sbagliata, ma che non dovrebbe spingere a rivolgersi al prossimo con la denigrazione e l’esaltazione del proprio modo di essere. In uno scritto di Mons. Di Bruno, viene citato, in proposito, un semplice racconto molto significativo: [MORE]
“Nella favolistica popolare antica, si narra che il Creatore, subito dopo aver fatto l’uomo, mise sulle sue spalle una bisaccia. Nella sacca anteriore, quella che cade sotto gli occhi, mise i vizi e i peccati degli altri. Nella sacca posteriore, quella che si vede solo se viene guardata con volontà, sono stati posti gli innumerevoli vizi e peccati della persona che porta la bisaccia”. La interessante narrazione fa emergere un tratto classico della saggezza popolare, spiegando attraverso dei simboli ben comprensibili, perché l’uomo parli sempre male degli altri e sempre bene di se stesso. “I suoi occhi sono sempre rivolti ad osservare la pagliuzza che è nell’occhio dei suoi fratelli e mai portati a vedere e misurare lo spessore della trave che è nei suoi occhi”. Siamo pronti ad ignorare le cose anche più gravi che noi facciamo, mentre siamo vigili nel mettere in evidenza, forse anche falsandoli, i futili errori di chi ci sta di fronte.
La nostra vita è sempre impeccabile, straordinaria, bianca come la neve, senza macchia, pura, immacolata. Anche se dovessimo riconoscere nel nostro cuore di non essere sempre integerrimi o se fossimo adulteri, pigri, svogliati, magari disonesti, superstiziosi, superbi, avari, ecc., noi continueremmo a giudicare pesantemente gli altri. Basta guardarsi intorno è sempre l’altro da deridere; è l’altro da riconsiderare. Il valore altrui disturba, ferisce, punge, infastidisce. Un vero capitombolo per una società che si dice avanti nel tempo e fiera della libertà conquistata. Ma non si arretra assieme, quando viene intaccata gratuitamente la dignità di chi ci sta accanto? Non si ferma la corsa sapienziale dell’uomo, per dare posto ad una scenografia esistenziale miserevole e priva di prospettive redenti?
L’uomo vero, credente, timoroso di Dio è tutta un’altra cosa, qualsiasi sia il suo lavoro, il suo impegno nella comunità, il proprio grado sociale. I suoi occhi non sono immersi nella gelosia, nell’invidia e nella diffidenza, ma sono espressione viva di misericordia, compassione. Tutto perdona, tutto scusa, tutto cerca di salvare per il bene comune e non certo per una parte di esso. Bisogna quindi invertire la bisaccia. I guasti degli altri vanno messi nella sacca posteriore e i nostri guasti spirituali e sociali nella sacca anteriore. Solo così prima di guardare gli errori altrui, saremo obbligati a prendere coscienza dei nostri peccati e delle nostre inesattezze. Nell’anno della misericordia che volge alla fine ci è stato raccomandato di aprire il nostro cuore anche a colui che ha commesso la trasgressione più terribile, perché ognuno si possa redimere, se ritornato a Cristo o avendolo appena incontrato.
Il cristiano è obbligato ad essere lampada di misericordia, riconciliazione, perdono, accoglienza e non c’è bisaccia che tenga!
Egidio Chiarella
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